Madre, nessuna lingua sarà necessaria per riconoscerti














Madre, nessuna lingua sarà necessaria per riconoscerti

come il sole fa con il cielo sgombro dai suoi vascelli di nuvole

la primavera con il mandorlo e il profumo di ogni sua corolla

e i prati d'oleandro, di loto e di euforbie che non temono il cielo


ti vedo in ogni mattino che si tende alle prime luci

nel culmine dell'aria inazzurrata 

della tua terra gravida di ulivi e di vigneti

mentre siedi nel vicolo che porta alla tua vecchia casa 



la tua mano cuce nel solito angolo al riparo dal vento

hai la testa reclina sui passi distratti di qualcuno che va e accenna un saluto

il ventre che si fa collina come l'albero con il suo frutto acerbo

nell'attesa di una venuta, di un tuo figlio che ritorna


sei nel paese delle rondini che portano al castello quando l'aria è tiepida

dove quell'unico grande albero della "piazzetta" 

mi indica ancora la strada della mia vecchia casa

verso quelle tue braccia aperte che si tendono sull'uscio, oltre ogni giorno e ogni sera


sono mani che si aprono a coppa nel miracolo del nido

che hai generato nel transito della tua vita

sono mani febbricitanti che sanno di caldo e di pasta fatta in casa.


Quante parole non ti ho detto, madre!

Quanta nostalgia sulle mie spalle 

per quella nostra casa dolce che sa di zucchero

di cose buone da mangiare, di infanzia e dei mei tanti sogni!


Come va veloce il tempo che mi porta a te e all'infinito bene!

Ritorno da te domani

al sorgere di altre nuove primavere

per incipriarti dei baci che non ti ho ancora dato.


( A. Carrabs - 2 dicembre 2019) 

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