Don Puglisi e il fiore del dolore

 

Da Il fiore del dolore di Mario Luzi. Ho riarrangiato e letto questo testo per l’iniziativa “I giorni si fanno storia” a cura di Ettore Radice. Don Puglisi, il prete del sorriso, martire della violenza, è stato ricordato nel XXX anniversario del suo martirio (15 settembre 1993 – 15 settembre 2023) a Monza.


Cos’è una vita
una vita nella vita
immensa incommensurabile.
La mia ha preso senso
dal non esser più, dall’essermi
stata tolta ma non era mia,
era del mondo, era della vita.
Signore, la mia vita
in te, presso di te è misteriosamente
tua e mia.
Pure tra gli uomini,
i poveri, i reietti
tra i quali sono stato
a faticare, questo almeno resti:
gli uomini d’onore non sono neanche uomini,
sono meno che uomini, si degradano da soli
al rango di animali
aiutali a liberarsi dall’indegnità
ma aiuta prima di tutto le loro vittime.
Aiuta, ti prego, coloro che li aiutano.
 



Era solo e mangiava spaghetti quando entrarono ad arrestarlo. La morte violenta ci sta di casa dalle nostre parti e non le nostre solamente. La politica della mafia si nasconde tra i grandi capitali finanziari. La vecchia onorata società era più esplicita nel suo linguaggio criminale, ora si cela sotto le grandi manovre finanziarie. Ma la regia non è d’affari solamente, c’entra molto la predica, il discorso e la loro corrispondenza. Questo affronto brutale contro don Puglisi, che orrore! Di lui, del suo martirio è detto a voce e per iscritto in molti luoghi e sedi. Tra moltissimi ammazzati a padre Giuseppe fu concesso che la sua morte fosse eletta alla gloria del martirio. L’essere qui raccolti in nome suo lo conferma nel suo carisma cristicamente. Credo che in noi riuniti nel suo nome così come in lui, traverso lui, si avveri qualcosa di ciò che lui credeva e anche noi, grazie a lui, crediamo. In questo stato siamo la più parte. Del martirio non sappiamo niente. Molti cadono per amore, per la causa, per il servizio. Chi è martire? Non pareva che padre Puglisi si fermasse su queste sovrannaturali dignità. E’ stato un omicidio inconsueto, la cultura siciliana l’ha sentito differente, per questo l’agitazione e l’impazienza dei pubblici poteri, lo sgomento di molti sinceri cittadini. L’errore è nostro che ci adattiamo al mondo, troppo, fino a perdere la nostra cristiana prospettiva. Guardiamo all’accaduto con occhi troppo gravemente secolari. Troppi di noi proseguono la logica medesima dei codici e di coloro che li interpretano ed è giusto e onesto, ma la nostra ha richiami, segnali, avvertimenti più copiosi e con essi ci parla da altitudini e profondità segrete con una specialissima eloquenza. L’assassinio di don Puglisi non è solo un assassinio. Non possiamo limitarci ad intenderlo nel suo brutale aspetto di assassinio. Sarebbero trascorsi allora millenni per una troppo misera sapienza. Non può l’’esemplare, il penoso, il vigoroso avviamento al suo sacrificio essere senza significato. Parimenti la sua morte. Ah Sicilia, Sicilia perché nel cuore ti tramonti? Cosa si può fare perché il fatto non sia accaduto? C’è il dolore che si agita ronzando sopra il grumo di quel sangue, il suo sorriso di fronte al braccio alzato contro la sua persona. La sua uccisione ha dato una scossa alla triste assuefazione della città e dell’isola. La carità lo legava ai parrocchiani, naturalmente, intensamente, un senso civile di umana redenzione era altrettanto forte riguardo a tutti gli uomini. Non l’hanno risparmiato. Doveva quella voce ammutolirsi, doveva quel lavorio umile e accorto essere troncato. La meccanica del fatto sembra chiara, il colpevole si è perfino trovato uno squallido mandante. Sembra quasi una lite di quartiere. Il profumo di quel fiore non c’è neppure nei nostri giardini siciliani un aroma come quello, l’aroma del fiore del dolore è troppo acuto e fa struggere, stordisce. Ma io devo dolere, essere io il dolore dolente, non ebriarmi del profumo di quel fiore.


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