Monza e il Teatro Arciducale

 

 


All’architetto Piermarini dobbiamo la costruzione della residenza estiva della corte arciducale a Monza, con la Villa e il Teatro Arciducale eretto nel 1777 nell’allora Piazza dei Mercanti. Detto comunemente «di Monza» dopo l’arrivo di Napoleone, bruciò nel gennaio 1802. Fu ricostruito nell’ottobre 1810 nello stesso luogo (ora Piazza Napoleone) e denominato Teatro Sociale. Fu demolito nel 1927;

Questo teatro, all’italiana con tre ordini di palchi, doveva servire, nelle intenzioni dei proprietari (la Società Cavalieri del Teatro di Monza, di cui facevano parte le famiglie degli Isimbardi, dei Durini, dei Ghirlanda, dei Greppi, dei Dugnani, dei Confalonieri), all’intrattenimento musicale degli arciduchi e dei loro ospiti, oltre che per il pubblico svago della cittadinanza, e rappresentare una sorta di versione italiana della francese reggia di Versailles. Il Teatro Arciducale sembra essere la prima testimonianza di un’attività teatrale stabile a Monza e la scelta di erigerlo nella Piazza del Mercato, sede delle attività commerciali della città, sembra suggerire la volontà di assumerlo a simbolo del legame esistente tra il governo e il potere economico locale.

Com’era consuetudine per molti teatri italiani dell’epoca, le rappresentazioni del Teatro Arciducale si svolgevano nelle stagioni d’opera d’autunno e d’estate (nel caso particolare di Monza, per la festa di San Giovanni patrono della città). L’organizzazione delle stagioni teatrali era affidata ai Cavalieri Associati, un gruppo di nobili esponenti delle più ricche famiglie monzesi e milanesi che fungevano da impresari; ma, come si ricava dalle dediche nei libretti, l’arciduca manteneva una certa influenza nella scelta dei titoli da mettere in scena. Un repertorio la cui scelta era legata alla tipologia e al compito del Teatro Arciducale, destinato, secondo le intenzioni degli arciduchi, allo svago della corte e dei suoi ospiti nei periodi di villeggiatura nella villa monzese. Il repertorio scelto per le rappresentazioni monzesi rifletteva appunto questa esigenza,  i generi maggiormente rappresentati erano il dramma giocoso (o commedia per musica) di tradizione napoletana, e gli opéras-comiques di produzione francese. Questi ultimi erano quasi sempre rappresentati mantenendo la musica originale con il testo tradotto in italiano da Giuseppe Carpani.

LE RAPPRESENTAZIONI DEL TEATRO ARCIDUCALE DI MONZA DAL 1778 AL 1795

1778 Il curioso indiscreto Pasquale Anfossi Giovanni Bertati

1779 Le vendemmie Giuseppe Cazzaniga Giovanni Bertati Giuseppe Petrosellini - La scuola de’ gelosi Antonio Salieri Caterino Mazzolà - Il matrimonio per inganno Pasquale Anfossi Giovanni Bertati

1780 La forza delle donne Pasquale Anfossi Giovanni Bertati - L’italiana a Londra Domenico Cimarosa Giuseppe Petrosellini - La figlia ubbidiente Carlo Bosi

1781 L’albergatrice vivace Luigi Caruso - Le due contesse Giovanni Paisiello Giuseppe Petrosellini - La partenza inaspettata Antono Salieri Giuseppe Petrosellini  - I contrattempi Giuseppe Sarti Nunziato Porta

1782 Il convito Domenico Cimarosa Filippo Livigni - Il finto pazzo per amore Antonio Sacchini Tommaso Mariani - Le sorelle rivali Giovanni Valentini Giovanni Bertati

1784 Il raggiratore di poca fortuna Alessandro Guglielmi Giuseppe Palomba

1784 Le gelosie Villane Giuseppe Sarti Tommaso Grandi -I filosofi immaginari Giovanni Paisiello Giovanni Bertati -Il geloso in cimento Pasquale Anfossi Giovanni Bertati

1785 La finta principessa Felice Alessandri Filippo Livigni - I due baroni di Rocca Azzurra Domenico Cimarosa Giuseppe Palomba - Il barbiere di Siviglia Giovanni Paisiello Giuseppe Petrosellini 1786  -Giannina e Bernardone Domenico Cimarosa Filippo Livigni -I castellani burlati Vincenzo Fabrizi Filippo Livigni

1787 Una cosa rara Vincente Martín y Soler Lorenzo da Ponte - Il barbiere di Siviglia Giovanni Paisiello - Le nozze di Figaro Wolfgang Amadeus Mozart-Angelo Tarchi Lorenzo da Ponte - Riccardo Cor di leone André-Ernest Modeste Grétry Giuseppe Carpani

1788 La grotta di Trofonio Giovanni Paisiello Giuseppe Palomba - I castellani burlati Vincenzo Fabrizi Filippo Livigni - Le due gemelle Pietro Alessandro Guglielmi Giuseppe Palomba - Nina ossia la pazza per amore Nicolas-Marie Dalayrac Giuseppe Carpani - Il credulo Domenico Cimarosa Giuseppe Palomba

1789 La cuffiara Giovanni Paisiello Giovanni Battista Lorenzi - Il marito disperato Domenico Cimarosa Giovanni Battista Lorenzi - La molinara ossia l’amor contrastato Giovanni Paisiello Giuseppe Palomba - La dote Nicolas-Marie Dalayrac Giuseppe Carpani - Rinaldo d’Aste Nicolas-Marie Dalayrac Giuseppe Carpani

1790 A Rinaldo d’Aste Nicolas-Marie Dalayrac Giuseppe Carpani - La maga Circe Pasquale Anfossi- Lo spazzacamino principe Angelo Tarchi Giuseppe Carpani

1791 Cajo Mario Giuseppe Giordani Gaetano Roccaforte - Le due rivali Domenico Cimarosa Giuseppe Petrosellini - I due ragazzi savojardi Nicolas-Marie Dalayrac Giuseppe Carpani A Raollo Signore di Crequì Nicolas-Marie Dalayrac Giuseppe Carpani

1792 A Le confusioni per la somiglianza Luigi Crippa Francesco Marconi - Il matrimonio segreto Domenico Cimarosa Giovanni Bertati

e 1810 nello stesso luogo (ora Piazza Napoleone) e denominato Teatro Sociale. Fu demolito nel 1927;

7 Il Teatro Arciducale, da non confondere con il teatrino della Villa Reale, fu eretto nel 1777 nell’allora Piazza dei Mercanti. Detto comunemente «di Monza» dopo l’arrivo di Napoleone, bruciò nel gennaio 1802. Fu ricostruito nell’ottobre 1810 nello stesso luogo (ora Piazza Napoleone) e denominato Teatro Sociale. Fu demolito nel 1927;

1793 L’impresario in rovina Giuseppe Valenti - Il convitato di pietra Giuseppe Gazzaniga Giovanni Bertati - Il Conte brillante Marcello Bernardini e Carlo Uboldi - Giannina e Bernardone Domenico Cimarosa Filippo Livigni - Raollo Signore di Crequì Nicolas-Marie Dalayrac Giuseppe Carpani - Lodoiska Rodolphe Kreutzer (col finale di Luigi Cherubini) Giuseppe Carpani

1794 Le astuzie amorose Ferdinando Paër Antonio Brambilla - La confusione della somiglianza ossia Li due gobbi Marcos António Portugal - Il divorzio senza matrimonio ossia La donna che non parla Giuseppe Gazzaniga Getano Sentor - Camilla ossia Il sotterraneo Nicolas-Marie Dalayrac Giuseppe Carpani

1795 Gl’innamorati Sebastiano Nasolini Giuseppe Maria Foppa - Venere e Amore [cantata] Giovanni Battista Chiari - Belisa ossia La fedeltà riconosciuta Pietro Winter Alessandro Pepoli - La carovana del Cairo André-Ernest Modeste Grétry Giuseppe Carpani


Dai titoli rappresentati a Monza possiamo affermare che quasi tutti i lavori conobbero una grande diffusione sia prima sia dopo le rappresentazioni monzesi: in particolare va sottolineato l’alto livello qualitativo delle rappresentazioni. Molte delle opere comiche messe in scena nelle stagioni di inizio estate (Fiera di San Giovanni) e di autunno fossero le stesse che venivano messe in scena, spesso nella stagione seguente, nei teatri della Canobbiana e alla Scala di Milano.

Il Teatro Arciducale monzese era un luogo di sperimentazione e audizione per un pubblico più informato delle opere e degli artisti che avrebbero poi calcato i palcoscenici milanesi. Le stagioni monzesi avessero in sé anche la peculiarità di rappresentare titoli nuovi, offrendo agli esclusivi ospiti della corte arciducale la possibilità di assistere a quelle che per l’ambito milanese erano vere e proprie premières.

Il Teatro Arciducale di Monza si viene a configurare come un laboratorio in cui ad un affermato repertorio legato alla tradizione dell’opera buffa si affianca un progetto di sperimentazione. L’esistenza del consistente nucleo di traduzioni e adattamenti di opéras-comiques, all’interno del repertorio monzese, è motivata nella Dedica nel libretto della prima messinscena tradotta per quel teatro, il Riccardo Cor di Leone, che così riferisce: Il genere non usitato in Italia, la musica forestiera, il dialogo in prosa senza note musicali sono tutte cose alle quali non sono assuefatti i nostri attori, né accostumate le orecchie degli spettatori, e che per ciò potrebbero offendere il particolar gusto della nazione. Ciò non ostante non s’è voluto lasciare un tentativo, che potrebbe formar epoca sul teatro italiano, ed arricchirlo di grandissima quantità di composizioni di genere nuovo, ed altronde belle.

Il progetto di Carpani: un tentativo di accostamento, se non addirittura di mediazione, tra opéra-comique e opera buffa. Probabilmente solo a Monza si sarebbe potuto operare una simile sperimentazione. Le ragioni di ciò sono molteplici, ma una sembra essere la principale: il teatro monzese, per la sua gestione privata e la posizione defilata rispetto ai teatri milanesi del Ducale e della Canobbiana, permetteva al responsabile effettivo delle rappresentazioni, Giuseppe Carpani, di sperimentare nuovi modelli e soluzioni per una riforma italiana del teatro d’opera senza preoccuparsi troppo delle reazioni del pubblico. Sperimentazioni che erano inoltre sostenute e incoraggiate dallo stesso arciduca, se non è errata l’interpretazione del passo della Dedica: un simile tentativo, che semplicemente come tale si espone, dovrebbe al certo riuscire di soddisfazione al pubblico, […] e non dispiacerà alle ALTEZZE VOSTRE REALI d’onde ne procede l’idea […].

Dalle dediche dei libretti monzesi si evince che l’arciduca interveniva direttamente nella scelta delle opere da rappresentarsi; ed è probabile che l’arciduca mostrasse una particolare predilezione verso un genere, quello del opéra-comique, che conosceva molto bene, venendo questo utilizzato a scopo educativo presso la corte di Vienna a partire dal 1755. Nel 1755 l’opéra-comique diventò parte integrante del repertorio, e così come i libretti dell’opera seria erano studiati per formare ed istruire i membri della famiglia imperiale, così i testi del opéra-comique furono modificati al fine di essere portatori di lezioni morali.



Giuseppe Carpani, poeta della corte arciducale milanese, aveva ricevuto l’incarico di responsabile del teatro monzese dall’arciduca Ferdinando, come risulta da una sua lettera a Saverio Bettinelli del 10 dicembre 1788: […] la clemenza di S.A.R. pare mi abbia destinato a correr questa via. Con quali forze poi non oso dirlo. L’impegno è grande, grande la voglia di far bene, ma l’ingegno troppo addietro e inoltre i pochi miei studi furono mai sempre a tutt’altro diretti.

Sia Carpani sia gli impresari del teatro, i Cavalieri Associati, condividevano la necessità di seguire un nuovo modello per la rinascita e il rinnovamento del gusto italiano.

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