
LE MISTICHE la rassegna è a cura di Antonetta Carrabs e Iride Enza Funari Musei Civici Casa degli Umiliati di Monza. E' dedicata alle mistiche e scrittrici, donne illuminate del Medioevo, portatrici di una visione diversa da quella della società che le accoglieva. Gli ingressi sono liberi con prenotazione obbligatoria: info@museicivicimonza.it
I testi sono tratti da: "Le poetesse mistiche pazze per Dio La
via femminile al Romanticismo nel Medioevo" a cura di Antonetta Carrabs e Iride Enza Funar i- NemaPress edizioni.
Programma:
19 GIUGNO ILDEGARDA DI BINGEN: la mistica più originale e affascinante del medioevo centrale europeo è senza dubbio Ildegarda di Bingen, tedesca, scrittrice, teologa, profetessa e musicista, (probabilmente la prima donna musicista della storia cristiana). Aristocratica e confidente di papa e imperatori, fiera sostenitrice della vicinanza al popolo. Il suo nome significa "guerriera che protegge". Donna di potere, visionaria, filosofa e donna di medicina, scienziata e poetessa, umile e famosa in tutta Europa; anticonformista, e instancabile organizzatrice. Fondò il monastero benedettino di Rupertsberg.
18 SETTEMBRE CATERINA BENINCASA: nella sua breve vita ebbe un ruolo centrale nella politica del suo tempo e nella storia della Chiesa. Si preoccupò di lavorare per la pace in un periodo di guerre e lotte e riuscì a convincere il Papa a fare ritorno a Roma, dopo il lungo periodo ad Avignone. La sua battaglia politica fece di lei un personaggio pubblico, una donna autorevole e di potere, una donna capace di sovvertire le gerarchie e di sfidare apertamente il mondo degli uomini.
30OTTOBREMARGHERITAPOTERE:una delle punte di diamante, fra le mistiche, fu la francese Donna di altissima cultura. Accusata di aver scritto un libro di alto valore teologico ma eretico ‘Le miroir des simples ames’, ‘lo specchio delle anime semplici’, morì sul rogo. Dopo la sua morte il clima favorevole intorno alle beghine cam- biò. La Chiesa incominciò a vederle con malanimo e si preoccupò per la loro crescente diffusione, temendo a causa della loro indi- pendenza, l’allontanamento del popolo dall’obbedienza al prete
13 NOVEMBRE HADEWIJCH di ANVERSA: ha vissuto nella prima metà del Duecento. È solo attraverso la sua opera, che si presenta voluminosa, che possiamo dedurre alcuni elementi sulla sua persona e sul mondo delle mulieres religiosae a cui apparteneva. Ed è questo percorso che vogliamo seguire, descrivendo per grandi linee il contesto nel quale ha vissuto, la sua vita, il tema centrale dei suoi scritti, le sue opere che ci sono state tramandate.

Era il periodo delle Crociate e le città e i villaggi erano pieni di donne
sole che sostenevano i poveri e i mendicanti. All’inizio del XIII secolo
incominciarono a formarsi veri e propri gruppi comunitari, chiamati beghinaggi.
Le beghine mendicanti si spostavano, predicando da un posto all’altro. Non
erano né monache, né religiose in senso stretto, né laiche ferventi e ispirate,
spesso erano estatiche. Votate interamente a Cristo, mistiche e talvolta
eretiche. Erano mulieres religiosae, mulieres pacis, religiosae viventes,
pauperes virgines con l’unica fonte di ispirazione per le Scritture. Le beghine
non hanno mai chiesto di essere riconosciute come ordine religioso e questo
aveva portato a una forte reazione da parte della Chiesa con accuse di eresia e
persecuzioni. Nell’Europa del tardo Medioevo, in un’epoca attraversata da un grande
fervore religioso e dalla ricerca di una nuova forma di spiritualità, furono
tante le donne pie; erano canoniche, suore di ordini antichi e nuovi,
terziarie, claustrali, recluse, catare, valdesi, pellegrine. Erano visionarie e
profetesse, consigliere e perfino fustigatrici di papi, di re, di principi e di
prelati. Si sentivano chiamate da Dio e, per molte di loro, l’alternativa era
scrivere o morire. Si rivolgevano a Dio con un linguaggio erotico, come
rivolgersi all’amato. La mistica femminile, in quel periodo, fu di fondamentale importanza in
Germania e nei Paesi Bassi e più tardi in Italia e in Francia. Nonostante la
persecuzione della Chiesa, le mistiche godevano del rispetto e del
riconoscimento dei contemporanei ed esercitavano su di loro una notevole
autorità spirituale. Riuscirono a rompere la tradizione secondo cui solo gli
uomini potevano occuparsi dei temi spirituali e lo fecero abbandonando il
latino, scegliendo le lingue volgari e presentando il frutto della loro ricerca
personale: una religiosità libera da intermediari in contatto diretto con Dio.
Le loro giornate erano scandite da preghiere e lavoro, ma con la missione di
un’avventura interiore, di una fiera
cavalcata alla ricerca dell’Amato. Erano dischiuse al sentire, a vibrare,
ad accogliere quella completezza con l’Infinito che coinvolgeva tutto il loro
essere, la loro anima e il loro corpo, in una beatitudine completa. Furono
antesignane e impegnate a rivendicare un proprio ruolo nella società,
soprattutto all’interno della chiesa, attraverso un vero miracolo di fede, di
ascesi e di poesia. Si procuravano dolore tramite pratiche
religiose, erano più propense degli uomini a infiggersi danni fisici,
ricorrendo a flagelli, spine, pietre o ortiche. Il desiderio del dolore era
mirato ad eliminare la fisicità al fine di farsi puro Spirito. Il digiuno era
un tentativo per punire la carne, per distruggere o negare le pulsioni, per
reprimere la sessualità. La gola era vista come causa dei peccati più gravi: i
suoi figli erano la fornicazione, la durezza del cuore, il sonno agitato dai
pensieri impuri. Caterina Benincasa (da Siena) e Maria d’Ognies vissero intensi
periodi di incapacità di assumere cibo, a partire dall’adolescenza. Mangiavano
e vomitavano fino a procurarsi danni alla gola e all’apparato digerente. Al
pari delle moderne anoressiche, molte di loro persero il concetto o la
percezione del corpo. Si nutrivano di eucarestia, ebbero visioni e segni
sovrannaturali che conferivano loro un determinato potere. Nelle loro visioni
eucaristiche non solo ricevevano Dio come cibo sacro, ma talora rivendicavano,
almeno metaforicamente, sia la vicinanza a Dio, sia il ruolo sacerdotale di
mediazione tra l’umano e il divino. L’ostia era per loro
bramata, profumata, dal dolce sapore; per alcune di loro era unico nutrimento. E Dio diventava un pensiero soffocato prima di
nascere, una precipitazione di gioia nella tenera carne.
Una delle punte di diamante, fra
le mistiche, fu la francese Margherita Porete. Donna di altissima cultura.
Accusata di aver scritto un libro di alto valore teologico ma eretico ‘Le miroir des simples ames’, ‘lo
specchio delle anime semplici’, morì sul rogo. Dopo la sua morte il clima
favorevole intorno alle beghine cambiò. La Chiesa incominciò a vederle con
malanimo e si preoccupò per la loro crescente diffusione, temendo a causa della
loro indipendenza, l’allontanamento del popolo dall’obbedienza al prete.
L’Inquisizione incominciò ad interessarsi a loro. Bastava che la beghina
rifiutasse di ritirarsi in clausura, in un ordine religioso, perché venisse
processata come eretica. Se abiura, poteva avere salva la vita e condannata
alla reclusione perenne nella cella di un convento, altrimenti consegnata alla
giustizia secolare che la metteva al rogo. La tradizione feudale attribuiva
molta importanza alle donne di alta prosapia; ricordiamo Teodolinda,
Angelberga, Matilde di Canossa, Matilde d’Inghilterra, Eleonora d’Aquitania,
Melisenda di Gerusalemme, grandi principesse ed esperte politiche. Il centro
della mistica femminile fu il monastero cistercense di Helfta fondato nel 1129
presso Eisleben, in Sassonia. Fu lì che Matilde di Magdeburgo redasse in
volgare bassotedesco il trattato di mistica, La luce fluente della divinità,
uno dei capolavori della letteratura volgare del medioevo europeo.Ma la mistica più
affascinante e sconvolgente del medioevo centrale europeo, il protomodello
delle ‘sante vive’ fu certamente Ildegarda di Bingen. Incredibilmente
sovversiva, sfidò le gerarchie e ne denunciò la corruzione. Nel suo Libro
delle sottigliezze delle creature divine, fu tra le prime a perorare la “causa” delle donne, dimostrando che
potevano difendere la propria categoria
e non abbracciare acriticamente la misoginia ecclesiastica, pur rimanendo
devote. Ildegarda non venne mai punita poiché legata al re Federico I, ma la
Chiesa la ammonì in varie circostanze, ricordandole che il dono della profezia
non la dispensava dall’obbedienza, e si vendicò di lei dopo la morte. I suoi
scritti vennero censurati e il suo processo di canonizzazione si protrasse per
secoli. Se consideriamo almeno qualcuna di queste figure femminili, dovremmo
escludere l’idea di ‘antifemminismo’ o di ‘misoginia’ nella cultura cattolica. Ad alcune di loro vennero confiscati i loro scritti,
altre vennero definite “folli”, rinchiuse nei chiostri, qualcuna venne
bruciata. Il sottile filo rosso che ha segnato i loro percorsi spirituali
è senza dubbio quello dell’amore: questa parola chiave ci ha permesso di
entrare nella loro vita, nella loro scrittura di donne apparentemente fragili,
ma capaci di grandi provocazioni con al centro il rapporto d’amore con Dio. Un
amore intenso, diretto e privilegiato. L’amore e l’attenzione verso il prossimo
hanno rappresentato per loro un impegno sociale forte che andava dalla cura
degli emarginati e dei più poveri ai diretti e concreti interventi nella
politica e nella storia della Chiesa. Hanno saputo comunicare attraverso la
parola e i gesti una visione del mondo diversa da quella maschile, vedendo
oltre la soglia della percezione comune ed esprimendo “l’ineffabile”. Il
Medioevo, e in particolare il Basso Medioevo, ha rappresentato un periodo di
grandi innovazioni, di grandi fermenti, un periodo in cui hanno trovato spazio
donne che, nelle loro scelte, hanno anticipato di molti secoli la “modernità”.
Donne che hanno gettano le basi per future e radicali trasformazioni
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