Ripercorriamo le tappe manzoniane partendo da
Monza che lo scrittore descrive come: “un borgo nobile e antico, al quale di città non mancava che il nome;
altrove parla del Lambro che vi scorre: altrove ancora dice che v’era un
arciprete: con queste indicazioni non v’ha in Europa uomo che sappia leggere e
scrivere, il quale tosto non esclami: Monza” con una sosta all’osteria del Baraccone, in cui
Renzo, Lucia e Agnese soggiornano, il convento
dei Cappuccini, le rovine del
“castellaccio” visconteo e il
monastero di Suor Virginia De Leyva, la monaca di Monza, “a sei anni
Gertrude fu collocala, per educazione e ancor più per istradamento alla
vocazione impostale, nel monastero dove l’abbiamo veduta: e la scelta del luogo
non fu senza disegno. Il buon conduttore delle due donne ha detto che il padre
della signora era il primo in Monza e accozzando questa qualsisia testimonianza
con alcune altre indicazioni che l’anonimo lascia scappare sbadatamente qua e
là, noi potremmo di leggieri asserire che egli fosse il feudatario di quel
paese.”
Proseguiamo in
direzione Lecco, percorrendo una
tortuosa strada a chiocciola, fino al promontorio dello Zucco, dove troviamo una
piccola fortezza squadrata edificata nel XVI secolo per opera dei nobili
Arrigoni di Introbio che lo
scrittore descriverà come il Palazzotto di Don Rodrigo “ …il palazzotto di don Rodrigo, con la sua
torre piatta, elevato sopra le casucce ammucchiate alla falda del promontorio,
pareva un feroce che, ritto nelle tenebre, in mezzo a una compagnia
d’addormentati, vegliasse, meditando un delitto…. (…) sorgeva isolato, a somiglianza d’una bicocca, sulla cima d’uno de’
poggi ond’è sparsa e rilevata quella costiera. A questa indicazione l’anonimo
aggiunge che il luogo (avrebbe fatto meglio a scriverne alla buona il nome) era
più in su del paesello degli sposi, discosto da questo forse tre miglia, e
quattro dal convento. Appiè del poggio, dalla parte che guarda a mezzogiorno, e
verso il lago, giaceva un mucchietto di casupole, abitate da contadini di don
Rodrigo; ed era come la piccola capitale del suo piccol regno. Bastava
passarvi, per esser chiarito della condizione e de’ costumi del paese. Dando
un’occhiata nelle stanze terrene, dove qualche uscio fosse aperto, si vedevano attaccati al muro schioppi, tromboni, zappe,
rastrelli, cappelli di paglia, reticelle e fiaschetti da polvere, alla rinfusa.
Continuiamo il nostro viaggio verso il ramo
lecchese de lago di Como e il
piccolo lago di Garlate per fare una sosta a
Pescarenico, Pescarenech, il piccolo
centro a sud del ponte di Lecco sulla riva sinistra dell'Adda, là, nel punto in cui il lago di Como si restringe.
All'epoca della vicenda del romanzo era un minuscolo villaggio di pescatori,
oggi è un sobborgo industriale, l’unico luogo di Lecco citato esplicitamente dal Manzoni nei Promessi Sposi “ è
Pescarenico una terricciola, sulla riva sinistra dell’Adda, o vogliam dire del
lago, poco discosto dal ponte: un gruppetto di case, abitate la più parte da
pescatori, e addobbate qua e là di tramagli e di reti tese ad asciugare. (…) Il
cielo era tutto sereno: di mano in mano che il sole s’alzava dietro il monte,
si vedeva la sua luce, dalle sommità de’ monti opposti, scendere, come
spiegandosi rapidamente, giù per i pendii, e nella valle. Un venticello
d’autunno, staccando da’ rami le foglie appassite del gelso, le portava a
cadere, qualche passo distante dall’albero. A destra e a sinistra, nelle vigne,
sui tralci ancor tesi, brillavan le foglie rosseggianti a varie tinte; e la
terra lavorata di fresco, spiccava bruna e distinta ne’ campi di stoppie
biancastre e luccicanti dalla guazza. La scena era lieta.” E sarà da
Pescarenico che il pesciaiolo porterà ad Agnese e Lucia notizie del loro paese natale, nel periodo
in cui erano rifugiate a Monza, con il suo convento dei Cappuccini “ il convento era situato al di fuori, e in
faccia all'entrata della terra, con di mezzo la strada che da Lecco conduce a
Bergamo” dove vivevano fra Cristoforo e fra Galdino e da dove si
allontanerà in barca Lucia per fuggire
dalle mire di don Rodrigo .
Tutti questi luoghi, impreziositi dal profilo
delle montagne che si riversano sul lago, hanno animato e ispirato i racconti
del Manzoni; quelli visitabili non
sono molti perché tanti edifici sono di proprietà privata, ma è possibile ripercorrere
le tracce dell’antica storia, diventandone protagonisti; un passo indietro nel
tempo lungo un romanzo
che non conosce tempo.
Dalla rubrica Oltre il Confine di Antonetta Carrabs per Il Cittadino di Monza e Brianza (27 luglio 2022)
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