Mater madre

 

 

La donna è lenta, torna alla sua casa

                                        fedele

in quel grumo di calore che si respira intorno al focolare

alimenta il fuoco, versa latte nelle nostre tazze

ci fissa a lungo, il suo sguardo è fiero, la voce bassa

                                                     ci sorride

i suoi passi nella stanza sono caldi

le tendiamo le braccia e la guardiamo 

il suo viso raggia tenerezza, scioglie il nodo filiale

                                                doloroso

il volto si rialluma, ci viene incontro da ogni ramo di madre.

 

Veglia su di noi madre e prosegui il tuo viaggio

perchè non sia l’ultima luna 

su questa nostra terra gravida di ulivi e di vigneti

 

il ricordo di te mi viene incontro mentre siedi nel vicolo  

la tua mano che cuce, nell’angolo, al riparo dal vento

la testa reclina sul ventre che si fa collina

nell'attesa della venuta di un tuo figlio che ritorna

 

nel vicolo i passi distratti

di qualcuno che passa e accenna un saluto.

 

Vivo lontana dal paese delle rondini che portano al castello

e mi indicano la strada che porta alla nostra vecchia casa

verso quelle tue braccia aperte che si tendevano sull'uscio

 

mani che si aprivano a coppa

nel miracolo del nido che hai generato

mani febbricitanti che sapevano di amore e di pasta fatta in casa.

 

Quante parole non ti ho detto, madre!

 

Quanta nostalgia per quella nostra casa dolce che sapeva di zucchero

di cose buone da mangiare, di infanzia e di ginocchia sbucciate

del tuo infinito bene.

 

Madre, la morte sprigiona la potenza dell’amore.

Rientra al tuo nido, adesso

perché il freddo per te non sia più freddo.


Antonetta Carrabs

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