L'Agorà di Antonetta Carrabs
Oggi inizia un ciclo di riflessioni sui temi che mi stanno più a cuore. Vi aspetto nella mia Agorà, nella mia piazza pubblica o piazza del mercato, come meglio desiderate. Vi accoglierò in questo luogo popolare ampio, spazioso, per una sosta di pensiero e di verbo. Il primo tema mi viene suggerito dal direttore della rivista Vorrei che, qualche tempo fa, ha invitato i monzesi che si occupano di cultura ad un serio confronto.
La Cultura di un Paese è la sua storia
Cos’è la Cultura? Con questo titolo la Repubblica,
qualche anno fa, aprì un dibattito sull’iniziativa piuttosto vistosa
dell’artista cileno Alfredo Jaar, che aveva disseminato sui muri e nella
metropolitana di Milano una serie di poster e cartelloni che invitavano a
riflettere sul significato della parola. Qestions, questions! Un’iniziativa che
ricordava il problema della cultura e la responsabilità di farla. Questo
termine che ha perso da tempo la sua aura
sacrale, è divenuto una sigla d’obbligo e forse incolore nelle pagine serie dei quotidiani. Mi chiedo: cos’è la
cultura? Piuttosto che inseguire una
precisa definizione, vista la quantità di spazi che il termine dovrebbe
coprire, potrebbe essere interessante scoprire se indica un’origine ed una
meta: per esempio quella ricerca di una verità o un bene assoluto.
Una
cosa è sicura: la cultura è la storia. E’ la disposizione dei
membri di una società ad affrontare la realtà attraverso conoscenze, credenze,
valori. Li orienta nelle diverse situazioni che si presentano nella vita. Ogni
individuo si realizza attraverso la cultura nel rispetto delle differenze
individuali che devono essere uguali per le differenze culturali. Non esistono
tecniche scientifiche che provano che una cultura sia migliore di un’altra: i
costumi e i valori sono relativi alla cultura a cui appartengono. Sono cultura
dunque l’economia, la politica, il galateo e la strategia militare, per non
dire la religione, la scienza e la filosofia…..
Cosa non è
cultura?Tutto ciò
che non è Bellezza, tutto ciò che non contribuisce alla convivenza sociale e
civile di un territorio. Tutto quello che non conferisce un senso, un significato profondo, una
direzione alle cose, allo sviluppo in generale, all’adeguamento, ai valori che
rendono sensato, ossia pieno di buonsenso, ciò che si realizza in una
dimensione di valori, spiritualità, legami sociali…
Qual è la funzione del patrimonio culturale? Viviamo in un Paese che ha il privilegio di detenere
un patrimonio culturale e artistico unico al mondo. La funzione del nostro
patrimonio culturale? Sicuramente è quella
di segnare le tappe della nostra Storia. Le opere d’arte, i monumenti, i beni e
gli edifici ci ricordano quotidianamente
come siamo arrivati ad oggi e perché. Il nostro patrimonio culturale
rappresenta un’enorme risorsa, un tesoro inestimabile: è la nostra memoria, la nostra identità. Ed è soprattutto per
questi motivi che deve essere costantemente tutelato e salvaguardato. La sua
salvaguardia è la salvaguardia del nostro passato e del nostro futuro.
Cosa vuol dire, per lei, valorizzare il
patrimonio culturale? Investire, salvaguardare, tutelare,
difendere…Bisogna
creare l’integrazione con gli altri segmenti della società che consenta lo
sviluppo e l’interazione con il privato oltre che con il pubblico. Ci ha
pensato la crisi economica a decretare il definitivo fallimento di questa
impostazione. Noi siamo convinti che sulla cultura non solo è necessario ma
persino strategico investire. E sappiamo che la tutela del nostro patrimonio
artistico, delle nostre eccellenze nel campo dell'arte, della musica, del
teatro… rappresentano elementi imprescindibili dell’identità del nostro
territorio sui quali puntare. Tutto ciò costituisce parte di una rivoluzione
liberale conservatrice che deve essere anche, prima di tutto, una rivoluzione
culturale. Non è più né auspicabile né sostenibile che le risorse per
realizzarla provengano solo dal finanziamento pubblico. È necessario che i
privati siano messi in condizione di entrare (e di restare), con i loro capitali,
nel mondo della cultura attraverso la elezione dei progetti; non più fondi
erogati a pioggia ma una nuova strategia di razionalizzazione e promozione
degli investimenti, pubblici e privati. Bisogna sì contribuire alla manutenzione,
alla promozione e all'accesso al patrimonio storico e artistico del nostro
Paese ma soprattutto bisogna valorizzare e favorire l'espressione
artistica, per non inaridire le sorgenti creative, promuovendo anche iniziative per i giovani artisti.
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