Tullio De Mauro e Zygmunt Bauman
Il nuovo anno ci
accoglie impreparati alla notizia della scomparsa di due grandi uomini che
hanno lasciato un’impronta indelebile nel nostro secolo.
Erano intellettuali, pensatori, uomini illuminati.
Erano intellettuali, pensatori, uomini illuminati.
All’età di 84 anni, il 5 gennaio, muore
a Roma il linguista Tullio De Mauro. Docente universitario, già ministro della
Pubblica Istruzione e presidente della Fondazione Bellonci. Era nato a
Torre Annunziata (Napoli) il 31 marzo 1932. Oscar, suo padre, era un chimico e
apparteneva ad una famiglia di medici e farmacisti, stabilitasi a Foggia,
mentre sua madre Clementina Rispoli era un’insegnante di matematica, di
famiglia napoletana. Sulla scomparsa di suo fratello Mauro De
Mauro, giornalista del quotidiano L’Ora di Palermo, rapito il 16 settembre del
1970, in un’intervista ha affermato: “Di lui mi manca tutto. Nacqui molto tempo dopo i fratelli
grandi. Io gli fui quasi affidato. Mi portava in giro per Napoli. Ricordo come
fosse ora il suo passo svelto, rapido, lo rincorrevo. Sono sempre stato per lui
il fratello piccolo. Elaborare una morte senza una tomba, un luogo, è pressoché
impossibile.
Non ho mai smesso di pensare a lui. Mauro stava lavorando al materiale per il film di Franco
Rosi su Mattei, commise un errore frutto della sua ingenuità. Disse a noi familiari
e a molti, forse troppi amici, che aveva una notizia bomba, qualcosa di grande,
enorme. Fu un clamoroso sbaglio, soprattutto in una città come Palermo.
Leonardo Sciascia sintetizzò così: aveva detto le cose giuste alle persone
sbagliate. Ma Mauro era un entusiasta. Un carattere molto aperto. Molto...
napoletano».
Era convinto che: “l’abuso di male
parole da parte dei politici risaliva almeno agli anni novanta”. Spesso si
ritrovava a commentare sulle loro pessime abitudini “Il sospetto è che questi fenomeni
eccessivi servano a coprire una scarsa capacità di usare le risorse più
appropriate della lingua. Le parolacce in Parlamento non sono la causa ma
l’effetto di una tendenza generale del Paese. E sulla stampa sono più presenti
che nel parlato comune. I giornalisti si compiacciono nell’usarle. La lingua di
Dante però è molto più complicata e non si lascia sconvolgere tanto facilmente,
neanche dalle cattive abitudini e dalle parolacce dei politici.” Grande
ricercatore e intellettuale, De Mauro è
stato soprattutto un grande divulgatore.
A distanza di una manciata di giorni
muore il 9 gennaio anche Zygmunt Bauman. Si spegne, all'età di 91 anni, circondato dalla
sua famiglia, nella città di Leeds, in Inghilterra, dove viveva e insegnava da
tempo. Era uno dei più importanti e prolifici sociologi europei del secondo
Novecento. Con la sua morte se ne va uno dei massimi intellettuali
contemporanei. Noto in tutto il mondo per essere il teorico della postmodernità
e della cosiddetta "società liquida". Per Bauman il tessuto della
società contemporanea, sociale e politico, era "liquido",
inafferrabile, sfuggente. Il motivo lo
attribuiva alla globalizzazione, al consumismo, al crollo delle ideologie che
sono diventate la causa dello spaesamento dell'individuo, dei suoi cambiamenti,
delle violenze della società contemporanea. Bauman è stato soprattutto un grande osservatore. Un
uomo capace di fotografare il mondo come quello che ha descritto sul fenomeno
dell’immigrazione con Stranieri alle porte, dove descrive i migranti
come bersagli facili su cui scaricare le insicurezze profonde di una
politica fatta di muri che si alzano per
paura dell’altro.
Negli ultimi tempi ha parlato spesso, con ammirazione, di
papa Francesco, affermando che dovremmo studiare e applicare la sua analisi per
affrontare il problema delle immigrazioni: “Penso che Francesco – ha
dichiarato- sia il regalo più prezioso che la Chiesa cristiana abbia offerto al
nostro mondo travagliato, perso nelle sue vie, confuso, mancante di una bussola
e ormai alla deriva. Ha ridato vigore alla speranza, ormai appassita, di un
mondo alternativo e migliore, fatto a misura dei bisogni e dei sogni dell’uomo.
Credo sia la sola figura pubblica sulla scena mossa da questo desiderio e in
grado di perseguirlo. La sua voce va molto oltre il circolo incestuoso delle
élites politiche, raggiunge le masse che i gestori degli altoparlanti non
riescono o non si preoccupano di raggiungere, quelle lasciate da sole a trovare
una via d’uscita dalla loro incertezza.
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