SALVADOR DALI E GALA


 
“Amo Gala più di mia madre, più di mio padre, più di Picasso e perfino più del denaro”, ripeteva Salvador Dalì e l’amò per tutta la vita, mettendola al centro del suo universo spirituale e creativo, continuando a dipingerla con un’enfasi assoluta. Ne fu figlio, amico, servo, compagno.  

Gala, Elena Ivanovna Diakonova, non era particolarmente bella, ma era affascinante, con un fuoco che ardeva. Possessiva, austera, una grande manipolatrice, con quel sottile magnetismo che diventava, per certi uomini, indomabile. Una condottiera, donna emancipata e dal forte temperamento.  Fu la musa, la sposa e l’ossessione per Salvador Dalì. Incarnava, per lui, l’eros, il fuoco sacro. La conobbe nel 1929 e ne rimase subito colpito. L’artista si trovava a Parigi per presentare Un chien andalou, girato a quattro mani insieme a Luis Buñuel. In quell’occasione invitò tutti a trascorrere l’estate nella sua casa di Cadaqués, in Spagna: Camille insieme a un suo amico, Buñuel, René Magritte con la moglie e Paul Eluard, con la sua consorte, Gala e la figlioletta Cécile. Durante quella vacanza fra Gala e Dalì scatta un’irrefrenabile passione e nasce una vera e propria relazione. Gala non è nuova a rapporti extraconiugali. Era unita a Eluard che aveva sposato nel 1917: il loro fu un amore appassionato ma inquieto. Qualche anno dopo, nel 1922, intrattenne con il grande pittore Max Ernst una relazione, mai nascosta al marito. L’incontro con Dalì fu per lei fatale. Lasciò Eluard e visse con l’artista tutti gli anni a seguire che trascorsero fra New York, Parigi e la Spagna.
 
Così lei mi levò l’abitudine a delinquere e guarì la mia follia. Grazie! Voglio amarti! Volevo sposarla. I miei sintomi isterici scomparvero uno dopo l’altro come per magia. Fui nuovamente padrone della mia risata, del mio sorriso, della mia mimica. Al centro del mio spirito crebbe una nuova forma di salute, fresca come un bocciolo di rosa.”
Nonostante i tradimenti di lei e la follia di lui, la loro unione rimase in piedi per uno strano equilibrio. Gala ebbe un ruolo centrale nell’arte di Dalì. L’alchimia che si era generata fra di loro tracciò, come un incantesimo, il destino dell’uomo e del genio. Grazie Gala! E’ per merito tuo che sono un pittore. Senza di te non avrei creduto ai miei doni.”  Nel 1958 si sposarono nella Cattedrale di Girona. “Gala è stata prima moglie del poeta, il mio amico Paul Eluard. E ho dovuto aspettare che lui morisse per potermi sposare in una chiesa“ dirà Dalì. Nel 1965, nel locale parigino Le Castel, Salvador Dalì conosce l’aristocratico inglese Tara Browne e la sua fidanzata, Amanda Lear. E’ il secondo colpo di fulmine, non riesce a toglierle gli occhi di dosso e le chiede di posare per lui. Tra i due nasce un’affinità mentale molto intens.  Amanda Lear diventa la protagonista di alcune opere di Dalí, come Venus to the Furs e Vogué. La loro unione rimarrà sempre spirituale: Dalì non tradirà mai Gala, anzi sua moglie diventerà col tempo la migliore amica di Amanda. Nel ‘68 acquistò per lei un castello a Púbol dove venne sepolta dopo la sua morte, nel 1982. Dalì la raggiunse sette anni dopo divorato dalla depressione.
 
“Poteva essere la mia Gradiva (colei che avanza), la mia vittoria, la mia donna. Ma perché questo fosse possibile, bisognava che mi guarisse. Lei mi guarì, grazie alla potenza indomabile e insondabile del suo amore: la profondità di pensiero e la destrezza pratica di questo amore surclassarono i più ambiziosi metodi psicanalitici…Se Gala diventasse piccola come un’oliva, io vorrei mangiarla. L’unica maniera di conoscere l’oggetto è quella di mangiarlo. È per questo che la religione cattolica è la più perfetta che sia mai esistita, poiché pratica la cerimonia liturgica del mangiare Dio, vivo…Io non ho mai fatto l’amore con nessun’altra a parte Gala. Sono molto cattolico e credo che si debba fare l’amore con la compagna legittima. Nella mia vita ciò che amo di più sono la liturgia e il sacro”.
 
 

 

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