Antonia Pozzi, per lei i miei versi in uno scrigno



Restano nelle rughe della pelle come in uno scrigno
le nostre sofferenze di tutta un'esistenza

il cielo del tramonto oggi è terso
laggiù un fitto reticolato di rami
si allunga nell'immensità sconfinata del mio sguardo

il lago di canne sussulta silenzioso
dai miei occhi si scorge un sentimento strano
la mia anima palpita e io soffro
di tutta questa esistenza presente.

Note!
Afferro le note di un preludio wagneriano.
La musica! Dio quanto è bella la musica!

I rintocchi di un campanile mi martellano il cuore
mentre io mendico la mia anima lungo il lago.

Ogni cosa per me è una ferita
un pianto, lo sconfinare illecito dove il dolore è solo mio.

Appendo alla parete i mei versi
per il piacere di leggerli ora che mi sento rotta.

Nel rimpianto di un prato io libera sotto le stelle
ma nel momento in cui il rimpianto padroneggia le mie tempeste
mi levo a commozione e ho pietà di me.

Adesso torna a scrivere poesie - mi dico-
per essere più vicina alla mia tiepida carne e sentire il mio fiato in pace.

Dai veli di pioggia guardo il profilo immobile della montagna
e stringo i pugni
nel dolore altissimo di questa mia vita.

Dicono che il dolore nasca da uno sbaglio
ma quando si rincorre il diritto di esistere
è già troppo tardi.


Ho messo le scarpe più vecchie
chiudo le imposte e afferro le foglie di pizzo
delle tendine rosa della mia stanza.
Per tutte le sere della mia vita
tenterò di radunare le grida di me stessa
quando il cuore batterà all’unisono.

Sono muta davanti a lui
per poterlo riavere per me al di là dell’amore
così che io possa padroneggiare
nel canto la mia tempesta.

Forse non mi ritroverò
perduta in questa notte bianca che mi schiaccia
bacio la terra premendo le labbra
poi mi rialzo come da un sonno, leggera.

Io non so come sia
ma ad un certo punto ho incominciato a sentire gli angeli.

 
Comincia l’affanno verso sera
mi avvicino alla finestra aperta
guardo il cortile con i suoi porticati e le colonne.
 
le parole dei passanti rimbombano nella viuzza, sempre le stesse
nell’angolo della via resta seduta la vecchia fioraia che guarda inquieta
il suo sguardo è duro come il marmo
 
c’è un uomo che cammina rasente il muro
ha le punte scolorite dei baffi, il viso scialbo e sudato
porta un basco azzurro, sembra trasandato.
 
scorgo la striscia dei prati ma penso ai boschi e al loro silenzio sicuro.
Sento come non mai che laggiù c’è la pace.




Ogni cosa per me è una ferita, il grido del mio domani ucciso.

Oh quella piccola finestra bassa!
Se potessi dormire per non perdere un solo attimo del silenzio!
 
Nel sonno buio non so e non capisco l’affanno di questi miei anni di vita.
Mi è caro vegliare tranquilla
il papà suona il grammofono, è un vero piacere poter ascoltare.
 
Ho vagato con la mente nello spazio costellato di pianeti
il mio sguardo al limite dell’orizzonte
dove rivedo la Madonnina del Duomo.
 
Dietro un sottile e fitto dolore, forse i rami dei faggi
dei boschi di Pasturo possono ascoltare
questo doloroso e violento passaggio della mia vita.
 
Benvenuta anima bianca.
Oggi è stata una giornata indimenticabile
pare impossibile che questo avvenga.
 
Tutto era sole, incanto e primavera
nelle nubi e nelle gocce d’acqua
di una vita che si insinua ad insaputa del mondo.
 
E’ l’ora in cui si accendono le lampade.
Sono intimamente conchiusa in me
non sento più le mani e per la prima volta capisco che non mi avrebbe mai amata.
 
Resto sul mio cuore esiliato
e mi separo dal mio fermaglio appuntato fra i capelli
stringo i pugni sul petto che incominciano a dolermi le ossa.
 
Non sono degna di essere più guardata dalle stelle
la mia lieve follia
è avvolta nelle brume misteriose della notte.
 
La mente e il mio cuore, tremuli, nel mio disordine mentale.
Sono ai piedi del mio corpo tanto inutile e perduto
in questa notte piena di echi e di ombre nere sul muro.



Finchè alla tua debolezza

lascerai lo strazio illecito e inutile del tuo smarrimento dalle cose e dal mondo
l’attesa sarà ammenda e nota confusa fra gli astri

ti sporgi al margine della terra dalle ultime staccionate
sei sopra uno schermo bianco esiliata dalla tua ombra
che mette un vuoto in questa ultima notte

un’altra valle fra i monti malgrado il tempestoso tumulto di questa tua tensione
sei in un destino, leggera d’esser poeta
e scivoli come divinità, lasciando traccia breve del tuo passato.



Fino all'ultimo battito del mio cuore.

Avverto un'energia misteriosa e travolgente
mi sento in un destino ma non rinuncio alla poesia così meravigliosa e fragilissima
unica e umana in un mondo disumanizzato

mi muovo tra passato e presente con una forte partecipazione emotiva
ricordo le mie letture giovanili sull'induismo
e la filosofia di Piero Martinetti.

Apro gli occhi sul mondo
sta nascendo in me una nuova coscienza politica
grazie al rapporto con gli amici Paolo e Pietro Treves, socialisti ed ebrei
e con Dino Formaggio, sempre più insofferente al regime.

Negli ultimi anni della mia vita ho scattato molte fotografie nella campagna di Bereguardo
ho ritratto il mondo operaio dei miei sobborghi milanesi a me cari
vivo come una colpa il fatto di appartenere ad un mondo di ricchi
e soffro per tutti coloro che sono nell'inferno dei vivi
nel degrado economico e igienico di intere famiglie con malati di tubercolosi.

Vivo come una colpa questa profonda desolazione che apre in me antiche ferite
cerco la pace vicino al mio Piazzale Corvetto
nelle mie campagne di Chiaravalle.
Quante volte l'ho percorsa in bicicletta. Quante volte!

Quante volte sono uscita al tramonto prima che si spegnesse
leggera, nell'aria libera di primavere
alla ricerca della striscia scura dei prati tra le palizzate delle case.

Nel mio tempo breve ho cercato il silenzio al margine della terra
scandendo a fior di labbra il mio destino
fino all'ultimo battito del mio cuore.





Commenti

  1. continuerò a scrivere per Antonia e di Antonia, continuerò a raccontare il suo dolore e la sua anima bella e struggente.

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