Gianni Maria Versace e la suprema bellezza della sua arte.
"Quando nasci in un posto come la Calabria, e
tutto intorno c’è la bellezza delle terme romane e dei monumenti greci, non
puoi fare a meno di essere influenzato dalla classicità". Sono stati quindi i maestosi templi della Magna Grecia
ad aver influito sul gusto creativo di Gianni Maria Versace, fino a condurlo
alla scelta della testa di Medusa come simbolo della sua maison. L’effige della Medusa venne scelta perché da bambino giocava in
un luogo dove c’era un antico mosaico con il volto di Persefone. “Quando le persone
guarderanno a Versace” – dirà in seguito - “dovranno sentirsi atterrite,
pietrificate, proprio come quando si guarda negli occhi la Medusa (colei che domina)”.
Nel volto di Medusa
infatti si fondono la suprema bellezza e il più spaventoso orrore. Lo
scopo è di incutere timore, tanto che il simbolo fu esteso sui tetti dei templi
greci ed etruschi in modo da proteggere gli edifici sacri da presenze
indesiderate. Il marchio dello stilista, con le sue celebri decorazioni
ispirate al mondo greco, seducono e affascinano il mondo della moda. Versace
ricorda il potere seduttivo di Medusa: non una giovane inerme di fronte al
potere di una dea, ma una donna forte e indipendente, capace di sedurre con il
solo sguardo. Fin da bambino Gianni Maria Versace ha vissuto nel
laboratorio di sartoria di sua madre Franca Olandese, al civico 13 di via Tommaso Gulli, nei pressi del Duomo, dove
tutt’oggi si trova una boutique Versace. Un bambino che trascorre i pomeriggi tra
pizzi, merletti e cartamodelli, in un viavai di signore della buona borghesia
reggina dalle scollature generose, dalle forme sensuali e circondato
dalle giovani lavoranti/apprendiste di provincia. Passava
ore a guardare sua madre stendere la stoffa sul tavolo, prendere le forbici
immense dal cestone e tagliare il modello: «Lei si faceva il segno della croce
e si buttava. Era l’unica sarta che ho incontrato nella mia vita che tagliava
senza patron, senza cartone» - dirà di lei. Quella sarta, la più brava di Reggio Calabria, è orgogliosa della passione
del figlio. Capirà il suo talento quando la maestra la chiama a scuola per
farle vedere i suoi quaderni: interi fogli con disegni che ritraggono le più
grandi dive del cinema italiano in tutta la loro sensualità. Il piccolo Gianni
Versace dirà di aver usato: "quattro quadretti di quaderno per il seno
della Lollo, cinque per quello della Loren e sei per la Mangano". La mamma
Francesca rassicurerà l’insegnante e, sorridendo, le dirà che non c’era nulla da
preoccuparsi: "mio figlio è interessato alla moda". E sarà in quel luogo creativo
che getterà le basi, dopo aver imparato
a tagliare e cucire un abito, per quel suo universo
femminile fatto di donne sexy e glamour, intelligenti e
spudorate.
Dalle finestre della sua casa di Reggio Calabria si
vedeva il mare e le tante palme con la cattedrale. «Tutti i ricordi mi portano
in questa città di mare, dove le estati, terribilmente afose, spesso sono
invase dalla cenere portata dal vento che spira dalla Sicilia». Era ancora
molto piccolo quando un giorno il padre
Antonio lo portò al teatro Cilea per assistere a Un ballo in maschera. Gianni
rimase affascinato da quell’ambiente fatto di poltrone rosse, signore eleganti,
costumi colorati e maestosi. Tornato a casa, raccolse ritagli di tessuto e
realizzò dei burattini. Quel ricordo sarà per lui, in futuro, fonte di grandi
ispirazioni. Nel 1982 accetterà di disegnare i costumi per Josephslegende
di Richard Strauss, con la scenografia curata da Luigi Veronesi per la stagione
di balletto del Teatro alla Scala di Milano. L’anno dopo creerà gli abiti di
scena per il Lieb und Leid di Gustav Mahler. Nel 1984 presterà la sua
creatività al Don Pasquale di Gaetano Donizetti e al Dyonisos
diretto da Maurice Béjart al Piccolo Teatro di Milano. Le collaborazioni si susseguiranno
numerose, tanto che nel 1987 venne presentato il libro Versace Teatro
pubblicato da Franco Maria Ricci. Nel 1988 presentò a Bruxelles i costumi per
un balletto ispirato alla storia di Evita Peron. La giuria del premio Cutty
Sark lo nominerà "Stilista più innovativo e creativo".
Gianni Versace arrivò
a Milano all’età di venticinque anni. Diventò direttore creativo di una serie
di maison. È il 1972 quando inizia a collaborare con tantissime aziende:
disegna una collezione per la ditta di maglieria toscana Florentine Flowers, poi lavorerà con
il marchio Callaghan e con Complice e Genny. Con Arnaldo e Donatella Girombelli scriverà la storia del
prêt-à-porter. E sarà nell’anno 1978
a fondare la Gianni Versace che
debutterà con la prima collezione femminile il 28 marzo. Dalla sartoria reggina della madre ai
red carpet degli Oscar, a Los Angeles: la sua strada è stata sempre in salita.
La storia dello stilista è uno dei capitoli più luminosi e importanti del Made
in Italy e, più in generale, della storia della moda. Versace fu un grande creativo,
uno dei più grandi stilisti del Novecento, con uno stile unico nel suo genere,
con quei richiami al barocco, alle stampe colorate, con quel modo di intendere la vita e
l'amore estremo tra lacci, spille da balia e richiami al bondage. Anche le
sue case: il Palazzo di via Gesù nel cuore di Milano, Villa Fontanelle a
Moltrasio sul Lago di Como, fino alla dimora più famosa e simbolica di tutte,
Casa Casuarina a Miami, custodivano quell’estetica originale. Erano dimore,
templi del suo culto, coi divani di camoscio blu nello studio, la
scrivania e il caminetto del Settecento, i quadri di Pistoletto e Cucchi, i bozzetti
teatrali di Bob Wilson, il disegno di Karl Lagerfeld e migliaia volumi d’arte.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEginC8SNfbngDNCoJl1jbcnvNzEPZyyjnGXGbI9wgPjbTKYNLsszMktNFPb-8klmGTIP1P2LNFOoFJuQsvlQrAo6ouoT10lzl6seSEey60vGyPj7HDsAFjWCjk4Dm_Ikjcz03k7UfrcmJ4/s320/Gianni-Versace-1030x615.jpg)
Commenti
Posta un commento