Dalla redazione Oltre i confini del carcere di Monza - Come un orologio rotto


E' uscito giovedì 10 giugno 2021 il IX numero del giornale Oltre i confini che dirigo da due anni nel carcere Sanquirico di Monza e che Il Cittadino di Monza e Brianza pubblica con un inserto di 8 pagine all'interno del proprio giornale. "Come un orologio rotto" è l'articolo scritto da M.V. 

”noi siamo fermi in mezzo alla galassia come un sole senza onore ne colore“

Da giovane vivevo a ridosso della chiesa del paese, pertanto la mia infanzia è stata scandita dal suono delle campane. Ogni tanto capitava che un fulmine colpisse il  puntale posizionato in cima al campanile. Il mancato funzionamento dell'orologio e la conseguente assenza di rintocchi, mi causava una sorta di smarrimento. Sembrava che il tempo avesse avuto una battuta d'arresto. Poi l'orologio veniva posizionato sull'ora corretta e tutto sembrava ripartire. Da quando sono stato arrestato, rivivo lo stesso senso di smarrimento. La mia vita si è bloccata da qualche mese e nessuno, per ora, sembra farla ripartire, come capitava all'orologio del mio campanile. Quando verro' scarcerato la mia vita ripartirà, purtroppo, dal punto nel quale è stata interrotta. Niente e nessuno mi potrà mai restituire il tempo trascorso e perduto. La similitudine con l'orologio è calzante. Se noi lasciamo un orologio chiuso nel cassetto è vero che secondo il noto adagio “Due volte al giorno segnerà l'ora esatta” (a riprova  che la vita reale e carceraria solo occasionalmente si sovrappongono), ma non vivrà lo scorrere del tempo. Dopo cinque anni basterà ricaricarlo, posizionare il corretto orario e, al nostro polso svolgerà in eterno la propria funzione. Il carcere purtroppo ti priva della libertà personale e del conseguente fluire del tempo. In pochi mesi di carcerazione mi sono già “perso” tante cose importanti della mia vita e della mia famiglia. Nessun bravo orologiaio potrà mai riportarli in vita. Come avrete capito una delle mie passioni è la riparazione di orologi. Avere un hobby non è solo divertente e rilassante ma, nel mio caso, anche terapeutico. L'orologeria richiede l'utilizzo delle mani occhi e mente, oltre che sviluppare la concentrazione. Insegna ad essere più pazienti, aumenta la coordinazione occhio – mano, persino a migliorare la memoria. Purtroppo la frenesia della vita moderna ci insegna ad essere  sempre di fretta, a non  accontentarsi di ciò che abbiamo nel presente, essendo costantemente del traguardo successivo. L'orologeria, quasi una sorta di mindfullness, ti insegna a lavorare con calma e caparbietà, sempre facendo un solo passo alla vota, che deve essere meticolosamente controllato prima di poter passare al successivo passo. In carcere, ovviamente, manca la possibilità di coltivare i propri interessi; conseguentemente, per poter sopravvivere, devi creartene di nuovi. Io ho trovato la mia nuova dimensione in biblioteca. La prima volta che ho provato ad “utilizzarla” è stato per curiosità. Mi ero immaginato un locale preso d'assalto, vista la possibilità non solo di consultare libri ma anche di ascoltare musica. Mi immaginavo persone che pur di rompere la normale monotonia delle settimane “fotocopia” che la detenzione offre e pur di uscire dalla singola sezione, facessero a gomitate per passare 2 ore diverse, quasi una meta di pellegrinaggi di massa. E invece no. Il quasi deserto. Poi però scopri un mondo parallelo a quello carcerario (da me definito “il terzo cielo“) frequentato da persone fuori dal comune .Un gruppo ristretto di umanità, quasi una strana specie di detenuti, che nulla hanno a che invidiare ai famosi “quattro amici al bar “. Ho la fortuna di avere al mio fianco in questo nefasto percorso 2 persone speciali (mia moglie e mia figlia) che quotidianamente mi supportano (e talora mi sopportano) spronandomi a non mollare. Loro sono il mio quotidiano antidoto al vortice della vita carceraria che tende a prevaricarti. Però loro non sono qui con me, perciò ho anche bisogno di confrontarmi con altri detenuti. Quindi ci solo loro “i ragazzi“ della biblioteca che poi sono diventati gli “amici“ della redazione (sotto la valente guida di capitan Antonietta) ove confrontare i nostri pensieri e, perché no,  le nostre paure. Come ho già detto per le mie superdonne e per tutti quelli “fuori“ il tempo continua a scorrere regolare. Per noi detenuti no. Abbiamo in comune questa privazione che solo noi possiamo comprendere a fondo. Per cercare di spiegare quello che proviamo mi viene in mente una frase scritta da uno dei “quattro amici“ che mi è rimasta impressa e che faccio mia: ”noi siamo fermi in mezzo alla galassia come un sole senza onore ne colore“.

M.V.

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