Vincenzo Zitello ricorda Franco Battiato

Il compositore concertista, arpista italiano più noto e amato è senza dubbio Vincenzo Zitello. Con le sue arpe riesce a toccare quelle alternanze di grandezze, di declini, di “harmonia”, coltivando ed esasperando tutti quei fantasmi che si associano all’arpa da cinque millenni, a cominciare dall’eterno “femmineo”. Questa antica melodia che si elevava nei saloni delle regine e delle nobili dame ha custodito nel tempo, inalterati,  mistero e fascino.

D. Maestro, qual è la sua ultima creazione?

Z. Sono da sempre alla ricerca della verità. Ogni mia composizione volge verso quel sentiero che continua ad essere la mia meta, il viaggio di ogni mia giornata. Ho appena terminato il mio ultimo CD “Mostri e Prodigi”: otto brani che racchiudono figure della mitologia antica come la Sirena, il Basilisco, l’Unicorno, la Fenice, la Chimera, il Grifone, il Centauro e il Drago. Per la voce della Sirena ho utilizzato una lama armonica, un suono che si colloca a metà fra l’umano e il divino. La parte grafica dell’album è stata realizzata da Federico Gasparotti, il dipinto della copertina è di Mariano Bottoli, una reinterpretazione dell’opera di Edward Burne-Jones: Una ninfa di mare - sirena (1881).

D. So che è stato molto legato a Franco Battiato. Quando l’ha conosciuto? Quale ricordo ha di questo straordinario e irripetibile musicista?

Z. L’ho incontrato a 18 anni, ero un giovane musicista in erba. Suonavo flauto traverso e viola. Era il 1974. Con Battiato entrai a far parte del gruppo Telaio Magnetico come violista. Battiato faceva già musica sperimentale, la sua arte comunicava una grande cultura di linguaggio. Ho capito, fin da quel nostro primo incontro, che quella era la mia strada. La sua musica e la poesia erano una cosa sola, la ricerca raffinatissima delle melodie era mista a delle profondità di senso che conducevano a significati altri. Capii che volevo fare musica, ma quel tipo di musica, per comprendere quale fosse la mia essenza. Battiato riusciva a comunicare la sua sconfinata spiritualità attraverso l’arte, nulla aveva a che fare con la Religione: era studio, ricerca raffinata e non appagamento del proprio ego. 

D. Nel 1985 lei forma il duo “Asciara” con Saro Cosentino e registra un 45 giri prodotto da Franco Battiato edito dalla EMI, elaborando un brano tradizionale irlandese, cantato in gaelico, vincendo così la Vela D’Argento a Riva Del Garda. I suoi successi e le sue collaborazioni con i musicisti più importanti sono innumerevoli.  L’arpa, anzi le sue arpe sono gli strumenti che l’accompagnano sempre nei suoi concerti.

Z. Avevo 20 anni quando decisi di dedicarmi allo studio dell’arpa, nel frattempo suonavo la viola. L’unione con le arpe è indissolubile: la musica mi accompagna nella ricerca della conoscenza e del mondo spirituale. Rivolgo sempre uno sguardo al passato dove ritrovo le antiche figure che reinterpreto musicalmente, cercando di comprendere gli aspetti prodigiosi del mondo del soprannaturale e del magico. Questo mio sentire si alimenta di una continua ricerca della verità, della Bellezza, dell’amore, della magia.


D. Quale consiglio le ha dato Battiato? Quale messaggio ha tratto dai suoi insegnamenti?

Z. Battiato mi ha sempre detto che l’ascolto di se stessi, il riconoscimento delle proprie attitudini, delle proprie passioni conducono ad una conoscenza che porta ad una dimensione spirituale e paranormale. Bisogna seguire le proprie vocazioni anche attraverso la ricerca dell’amore terreno; Battiato era alla ricerca dell’amore mistico, non carnale, la vera sublimazione si otteneva da questa scoperta. E’ stato per me una grande fortuna averlo conosciuto, ho capito che ognuno di noi ha una sua missione, un suo compito. E’ attraverso il percorso di ricerca individuale che si giunge ad acquisire la consapevolezza dei propri limiti e della propria essenza. Battiato è stato un artista poliedrico, di sicuro non è un artista imitabile perché nella sua musica, nelle sue parole, nel suo mondo ricorrono sempre messaggi “alti”, frutto delle sue tante ricerche. Forse è davvero nella sua musica, nelle sue parole che possiamo trovare quella chiave che apre alla comprensione e alla conoscenza della moltitudine di messaggi che ci ha lasciato.

D. Quali sono i suoi programmi? I suoi concerti futuri?

Z. Sono già 22 i concerti in programma. Molti in Italia e anche all’estero. Dopo ogni concerto le persone mi vengono a trovare e mi ringraziano, dicono che la mia musica sia resiliente, che trovano conforto e serenità nell’ascolto. Naturalmente questo mi rende felice. Sapere di essere di aiuto a qualcuno mi conforta e mi ricarica. E così continuo la mia ricerca delle cose, dei significati, dei linguaggi. Chi cerca trova. E’ proprio così. A me accade di trovare sempre un sentiero nuovo, un segnale, un richiamo altrettanto nuovo. L’arte aiuta lo spirito così come la poesia. La religione purtroppo ha perso molto, è troppo dogmatica, non fa parte più di questo nostro tempo. Battiato, negli ultimi anni si era molto legato al Buddismo, incontrava e si intratteneva con monaci tibetani alla ricerca del Bardo, quello stato intermedio di transizione tra la morte e la rinascita. Sapeva che stava morendo, si preparava al trapasso.

D. Può raccontare l’atmosfera che si respirava durante le tournée con Battiato?  Cosa succedeva dopo?

Z. Durante le tournée il suo pubblico era in delirio, per sfuggire alla folla uscivamo dagli stadi, chiusi nei furgoncini di quelli che vendevano le bibite. Il giorno dopo avevamo sempre la stessa meta: si raggiungeva tutti insieme un monastero vicino o un convento. Battiato si intratteneva con i monaci a parlare. Cercava la verità, si informava sull’esistenza di Dio, voleva sapere, voleva conoscere.

D. Qualche episodio divertente?

Z. Ricordo che una volta un famoso manager, per fargli firmare un contratto, gli portò dello champagne e del cibo a base di pesce e carne insieme a due avvenenti escorts. Battiato andò semplicemente via.

D. Cosa avrebbe voluto dirgli prima della sua dipartita?

Z. Non tanto tempo fa, una mia amica regista era a casa sua e ricordo che me lo passò al telefono. Le uniche parole che riuscii a dirgli furono: - Ti voglio bene Franco, ti porto nel mio cuore. -  Si  emozionò. Oggi che non c’è più mi manca. Mi manca non poter condividere più nulla con lui, ma so che la sua musica e la sua voce mi condurranno sempre alla sua anima.

 La mia intervista al musicista Vincenzo Zitello pubblicata sul magazine VOI - giugno 2021

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