Modigliani et ses femmes



“Il tuo unico dovere è salvare i tuoi sogni” - A. Modigliani

Bellissimo, lo chiamano il “Principe di Gerusalemme“ in omaggio alla sua elegante bellezza ebrea. Molto curato e raffinato anche se completamente squattrinato. Amedeo Modigliani, il Modì o il Dedo, l’artista maledetto per la sua burrascosa esistenza bohémien, era un uomo sensuale, affascinante e geniale, con una grande passione per le donne che dipingeva coi colli di cigno. Erano donne protagoniste di storie avvincenti, muse, amiche o amanti, donne vissute alla sua ombra e diventate, poi, personaggi chiave nella sua vita; donne di una sera, compagne di sbronze, semplici modelle o conviventi turbolente che l’artista ha reso immortali sulle sue tele. Arriva a Parigi nel 1906, ha ventidue anni e si ritrova in una città completamente diversa dalla sua Livorno. Parigi è il punto d’incontro di tutte le avanguardie di arte e di letteratura, dove tra i tavolini dei bistrot tra Montmartre e Montparnasse, ci si ritrova fra assenzio e droga e si discute sulla libertà e sull’arte. Si respira una nuova aria di rinnovamento e di libertà anche sessuale che Kiki di Montparnasse descriverà così: “Si scrive si dipinge […] si reinventa l’amore esattamente come le dottrine estetiche ed i modi di dipingere […] Non si viveva bene che qui. Liberamente! Ecco la parola chiave […] L’amore libero, l’arte libera“.  


In quel clima Modigliani condurrà una vita da bohemien, fuori dalle mode e dalle correnti, una vita sregolata e in difficoltà economiche, dedito al bere, agli stupefacenti. Resistere al suo fascino era difficile. Molte locandiere gli offrirono appoggio e anche il loro corpo come fece Rosalie: “Povero Amedeo!  - disse alla sua morte - Qui era come a casa sua. Quando lo trovavano addormentato sotto un albergo o in un rigagnolo, lo portavano da me. Allora lo stendevamo sopra un sacco nel retrobottega fino a che la sbornia non gli fosse passata. E come era bello, sa? Santa Vergine! Tutte le donne gli correvano dietro!” Ma il grande amore di Modigliani fu Jeanne Hebuterne, giovane studentessa d'arte, promettente allieva dell'Accadamie Colarossi, pittrice sensibilissima e di eccezionale talento. Aveva diciannove anni quando, nell'aprile del 1917, conobbe il suo 'maudit'; Jeanne era bella, con due grandi occhi azzurri, i capelli lunghi, rosso-castani, labbra piene, era riservata e dolce, forse un po’ malinconica, tanto da affascinare Modigliani che si innamorò di lei perdutamente. Gli artisti di Montparnasse la soprannominarono Noix de coco, noce di cocco, per il forte contrasto del suo colore castano- cioccolato dei capelli e il pallore del viso.  Jeanne divenne ben presto la musa dell’artista che la ritrasse molte volte nelle sue tele. Florent Fels, giornalista e scrittore d’arte, a proposito di questo amore scrive – “Lui ha trovato nella sua donna, magra, dagli occhi perduti, dai gesti lenti, una madonna degna del suo pennello. La fissa con i colori più freschi, con vestiti diversi, con l’ovale puro del suo viso, la tenera linea delle sue spalle svestite, allungata o seduta, nuda e adorabilmente pura, nell’aranceto delle sue carni, su un fondo azzurro d’un blu ideale”. Il loro legame fu burrascoso, con maltrattamenti e numerosi tradimenti come fu il suo precedente legame con la poetessa Beatrice Hastings. Jeanne rimase al suo fianco fino alla sua morte quando il 24 gennaio del 1920 morirà di polmonite fra le sue braccia. Sopraffatta dal dolore, incinta di nove mesi, due giorni dopo si suiciderà lanciandosi dalla finestra. Oggi riposa al cimitero del Pre-Lachaise accanto all'amato “maudit”. Il suo epitaffio recita: "Devota compagna sino all'estremo sacrificio".

Il primo incontro, breve ma intenso, con la poetessa russa Anna Achmatova avvenne nel 1910. Così Anna Achmatova ricorda l'artista: Credo molto a coloro che lo descrivono diverso da come l'ho conosciuto. Ed ecco perché. In primo luogo, ho potuto conoscere solo una certa parte della sua (splendente) vita: perché ero un'estranea, semplicemente; ero, a mia volta, una donna di vent'anni che non capiva molto, una straniera. In secondo luogo, io stessa notai in lui un grande cambiamento, quando ci incontrammo nel 1911. In un qualche modo, era tutto incupito, dimagrito. Nel 1910 lo vidi pochissimo, non più che alcune volte. Nondimeno egli mi scrisse durante tutto l'inverno. Non mi disse che scriveva versi [...]. Il respiro dell'arte non aveva ancora bruciato, trasformato queste due esistenze: e quella doveva essere l'ora lieve e luminosa che precede l'aurora. [...] E tutto il divino scintillava in Modigliani solo attraverso una tenebra. Era diverso, del tutto diverso da chiunque al mondo. La sua voce mi rimase in qualche modo per sempre nella memoria. Lo conobbi che era povero, non si sapeva come facesse a vivere; come artista non era riconosciuto da nessuno. Abitava allora (nel 1911) nell'Impasse Falguière. Era povero, così che al giardino del Lussemburgo sedevamo sempre sulle panchine, e non sulle sedie che venivano noleggiate. Egli non si lamentava per niente, né della sua reale miseria, né del fatto che non fosse riconosciuto. [...] Non l'ho visto mai ubriaco, da lui non veniva odore di vino. Evidentemente si mise a bere in seguito, ma l'hashish in qualche modo figurava già nei suoi racconti. [...] Quando c'era la pioggia (a Parigi piove spesso) Modigliani camminava con un enorme ombrello nero molto vecchio. Talvolta sedevamo sotto questo ombrello su una panchina del giardino del Lussemburgo, pioveva, una calda pioggia estiva, vicino sonnecchiava le vieux palais à l'italienne, e noi a due voci recitavamo Verlaine, che conoscevamo bene a memoria, ed eravamo felici di ricordare le stesse poesie. Aveva 30 anni quando Modigliani conobbe Beatrice Hastings, lei ne aveva 35. La gente del quartiere la chiamava “la Lady”  o “Lady Virago” per il suo “caratterino” Era bella, ricca, eccentrica. Girava con immensi cappelli coi fiori. Faceva la corrispondente per un giornale socialista inglese, il New Age, era una donna di talento: scriveva poesie, dipingeva, suonava e cantava. Non sapevo chi fosse. Lo trovai brutto, feroce e ingordo – dirà di Modigliani – un giorno lo vidi al Café La Rotonde, si sedeva al tavolino di sconosciuti senza chiedere il permesso e si presentava: Modigliani, pittore ed ebreo. Faceva loro il ritratto, lo firmava e lo regalava in cambio di un bicchiere di vino. Beatrice e Amedeo ebbero un’intensa storia d’amore. Nei primi tempi sembrava che questo nuovo amore l’avesse strappato alle sue abitudini, aveva smesso di bere e si era trasferito nell’appartamento di Beatrice. Poi, purtroppo, le cose peggiorarono; quando era ubriaco diventava molto aggressivo, tanto che l’uso di hashish e oppio, abbinati al vino, finirono col debilitare quel suo fisico già provato dalla tubercolosi. Anche Beatrice iniziò a bere, spesso tra i due scoppiavano liti violente fino a portarli a duellare per ore, a colpi di scopa, per le scale. Modigliani era molto geloso di Beatrice, le loro scenate nei locali pubblici si ripetevano di frequente fino a concludersi con le suppliche di Modigliani disperato per la paura di perderla. Elvira detta la “Quique” era la figlia di una prostituita. Modigliani la incontrò in un caffè e venne subito attratto da lei: è “una donna fatta per l’amore” dirà. Ne scaturì un’intensa relazione, di natura esclusivamente sessuale. Si racconta che sarebbero stati visti ballare nudi nel giardinetto di Amedeo. Simone Thiroux era solita accompagnarlo a casa o offrirgli la sua protezione. Si innamorò di lui e gli diede un figlio che non volle riconoscere. In una lettera di addio Simone arrivò ad elemosinare il suo amore: “Vorrei semplicemente un po’ meno odio da parte vostra. Abbiate per me, ve ne supplico, uno sguardo buono. Consolatemi un poco, sono tanto sventurata e domando solo un po’ d’affetto che mi farebbe tanto bene”. Simone morì di tubercolosi e lasciò il figlio illegittimo, Serge Gerard, che verrà dato in adozione. Dalle sue numerose amanti Modigliani ebbe due figli, entrambi non riconosciuti. La donna della sua vita resterà per sempre Jeanne Hébuterne.

- di Antonetta Carrabs  LEISTYLE giugno 2021

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