Luigi Tenco, Dalida e la misteriosa Valeria
Era bello, dotato di un fascino tenebroso, inquieto e
maledetto. Era un poeta. Luigi Tenco nasce il 21 marzo 1938 a Cassine, in
provincia di Alessandria. Scrive canzoni bellissime. Testi e brani inquieti e
tormentati, di una malinconia disperata e di un’ironia graffiante.
Muore la
notte tra il 26 e il 27 gennaio del 1967 nella stanza 219 dell’Hotel Savoy di
Sanremo, durante il Festival. Lascia questo biglietto: “Io ho voluto bene al
pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita.
Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di
protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e ad una commissione
che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno.
Ciao. Luigi”. A 80 anni dalla sua nascita resta ancora oggi un’icona della
canzone italiana d’autore. Nel marzo 1967 la madre Teresa, due mesi dopo la sua scomparsa, dichiara
alla stampa: "Mio figlio e Dalida erano buoni amici. Nient'altro. Luigi
non si è ucciso per amor suo. E Dalida non voleva morire, perché senza di lui
non si sentiva più di vivere. Fra loro non c'erano amori segreti o impossibili.
Queste sono tutte storie inventate, ignobili speculazioni che vengono fatte con
il nome del mio ragazzo.
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“Amore mio, Adriana ha promesso di farti avere
questa lettera: ti prego, leggila, mi è costato scriverla, ammettere la mia
stupidità, la mia presunzione, le mie debolezze, la mia ingenuità. Sono solo un
uomo, e non tra i migliori, se mi sono lasciato trascinare in questa situazione
assurda e non ho la forza e la volontà di uscirne, perché se lo tentassi ne
sarei distrutto, comunque. Io ho sbagliato tutto nella mia vita, l'unica cosa
giusta, pulita sei stata tu e a te non voglio e non posso rinunciare. Ti ho detto mille volte ti amo, ma non ti ho mai detto scusami (è una parola
che non vuoi sentire!) per i miei tanti difetti, per non aver la forza di
uscire da questo ambiente ipocrita, falso, spietato in cui domina il
compromesso. Perchè sono una nullità. Mi hanno promesso il
"paradiso": mi sento sull'orlo di un baratro. Come ho potuto
arrivarci! Accidenti a te, perchè non hai avuto fiducia in me, perché non mi
hai detto di sì. È tutta colpa mia: io ho permesso a quella donna di costruire
tutta questa storia, mi sono prestato al suo gioco, perché da idiota io lo
credevo solo un gioco. Tenco e Dalida, la coppia vincente del prossimo
festival.
Che notizia golosa per i giornalisti! Io ho permesso agli altri di
ricamarci sopra (ma se mi conoscessero veramente, come potrebbero crederci?). E
poi, poi, quando tu te ne sei andata ho pensato di poter fare l'amore con lei,
per punirti, per ferirti come tu stai ferendo me. No! Non ha funzionato. Ho
tentato in tutti i modi, ho passato delle notti intere (aspetta un attimo!) a
bere, a cercare di farle capire chi sono, cosa voglio, e poi... ho finito col
parlarle di te, di quanto ti amo. Che gran casino, vero! Certo, lei si è
dimostrata molto "comprensiva", ma mi ha detto che ormai dovevamo
portare avanti questa "assurda" faccenda agli occhi degli altri. È
una donna viziata, nevrotica, ignorante, che rifiuta l'idea di una sconfitta,
professionale o sentimentale che sia. E ora non so più come uscirne. Tesoro
mio, qualunque cosa tu possa sentire o leggere, credimi, abbi fiducia in me. Ti
prego, ora basta: torna, ho bisogno di te: non ti chiederò nulla, non voglio
sapere nulla. Ti amo tanto e ti voglio disperatamente. “ Luigi
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Que lindíssima carta de amor!
RispondiEliminaGrazie infinite. A
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