Renato Guttuso e Marta Marzotto
Sei
il mio miele, il mio sangue, il mio respiro, il mio amore, la mia dolce
libellula d’oro - le scriveva Renato Guttuso - il mio pensiero non ti lascia perché io vivo del pensiero di te, sono avvolto
in una dolce nuvola d’oro che si chiama Marta e fuori da questa nuvola mi sento
solo e sperduto”
Lui
taciturno, misterioso, onirico, un romantico siciliano con lo sguardo
profondo. Gran conversatore e seduttore. Senatore
della Repubblica dal 1976 al 1979, amico di Pasolini, Moravia, Picasso, De
Chirico, Petrassi, Nono. Editorialista dell’Unità, del Corriere della Sera e di
Repubblica come pittore e critico, polemista, teorico e analista politico. Lei,
bellissima. Si è sempre definita una donna libera. Da mondina a modella, a stilista.
Una vita piena di arte, moda, amori, famiglia e passioni. Da giovanissima
inizia a lavorare nelle risaie: mi
fasciavo le gambe con le pezze per proteggermi dalle foglie taglienti del riso
e dalle punture di zanzare. Le bisce d'acqua e i topi mi sgusciavano tra i
piedi nudi affondati nella melma, ero terrorizzata. Diventa poi apprendista
sarta. E agli inizi degli anni ’50 conosce il conte Umberto Marzotto che poi
sposerà due anni dopo. Vivrà in seguito la sua grande storia d’amore con il
pittore in un sogno: son passata dalle
risaie agli affreschi. Che altro sognare?.
Guttuso le manda
lunghe lettere; le scrive “Ti amo” venti volte al giorno. Un amour fou, incandescente
e dirompente. Trascorrono nella casa di lui, in Piazza di Spagna, lunghi
pomeriggi d’amore tra mille sensi di colpa per i tradimenti e la consapevolezza
dell’impossibilità di vivere l’uno senza l’altro. Si erano incontrati nel 1967, pochi mesi dopo la nascita di
Vittorio, il primo figlio della contessa, sfiorandosi a una festa. “Sono una
sua grande ammiratrice” le dice Marta e lui le risponde: “Dal prossimo minuto diventerò suo grande
ammiratore anch’io”. Guttuso sarà per
Marta il suo secondo amore, quello che in un’intervista a Cesare Lanza lei definì «di un
erotismo al limite della pornografia».
Innumerevoli le lettere d’amore che
l’artista le scrive, dedicandole anche una filastrocca: Marta Martina/ notte e
mattina/ giunco e regina/ Marta mondina/arma marina/Marta di spuma/l’onda ti
consuma/Marta bambina/nube e regina/ Marta ragazza/saggia e pazza/Marta acqua
bionda/pena profonda/Marta lontana/pena inumana/Marta divisa/certa e
indecisa/Marta ha due amori/uno dentro, uno fuori/Marta assediata/nel sonno
svegliata/Marta stupita/pernice ferita/Marta in soffitta/spada trafitta/Marta
sorriso/cuore diviso/Marta ridente/per tanta gente/Marta alle mani/coi
pescecani/Marta adorata/pensata amata/Marta cometa/l’uomo si disseta/Marta
impossibile/vita terribile/Marta pensiero/del prigioniero. Nell’ultima
lacerante lettera che consegna di nascosto, prima di morire, al portiere Aldo
Torrioni si legge tutto il dolore e la disperazione dell’artista per l’assenza
della sua Martina: “Perché non vieni, amata
mia?.. libellula d’oro
dove sei?” La contessa viene esclusa
dal letto di morte del pittore. Si aprono qui pagine di un giallo e di una
guerra tra le due famiglie durata anni.
“Carissima Martina. Io
sto molto male vorrei averti vicino e non capisco perché non torni ancora.I corvi mi attorniano
e i miei momenti di lucidità sono sempre più rari. Non mi fanno telefonare. Fabio mi ha parlato di
adozione e temo mi faccia firmare carte compromettenti in un momento di mio
ribasso. Mi dispiace dirti
queste cose, ma se tu mi fossi
vicino sarei capace anche di guarire. Sono sempre in attesa di vederti entrare, perché non vieni, amata mia?”
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