MARILYN MONROE
Nel 2007, dopo 45 anni, Anna la giovane vedova di Lee Strasberg,
fondatore dell’Actors studio, scopre in soffitta due scatoloni che aveva
ereditato dal marito morto nell’82. Dentro quelle casse si sentono le Muse avrebbe detto Truman Capote. In
quelle casse c’era tutta la vita di una stella: foto, lettere, appunti su carta
d’albergo, taccuini, agende, il diario segreto dell’icona più famosa del mondo.
Lei è Marilyn Monroe, vero nome Norma Jean Mortensen, battezzata con il
nome di Norma Jean Baker.
Da piccola viene
affidata ad una serie di famiglie,
“coppie impoverite dalla depressione e felicissime di assicurarsi in tal
modo i venticinque dollari che l’assistenza pubblica pagava per il mantenimento
della piccola”. Ha dovuto sopportare enormi sofferenze. Non ha mai
conosciuto il padre, ha avuto una madre assente e affetta da gravi disturbi
psichici. Ha affrontato la povertà, il susseguirsi degli affidi, l’orfanotrofio
e addirittura uno stupro. Tra le varie relazioni sentimentali è famosa quella
con Robert Kennedy, che sta alla
base, tra l’altro, di diverse congetture in merito alla scomparsa prematura
dell’attrice, avvenuta nel 1962 a causa dell’assunzione di un’overdose di barbiturici. Alla sua morte sono stati rinvenuti in casa
svariati farmaci e psicofarmaci, in enormi quantità. Si è dedotto che l’attrice
assumesse delle dosi enormi di medicine e tranquillanti, assuefacendosi e aumentandone via via le
dosi, fino a credere di non poter dormire né vivere senza una totale e
irrevocabile dipendenza da essi.
Era sola, Marilyn. Nei suoi diari scrive: Sola! Sono sola sono sempre sola comunque sia. L’unica cosa di cui
aver paura è la paura. Diari che custodiscono anche versi: oh Dio come vorrei essere morta/
assolutamente inesistente/scomparsa da qui/ da ogni posto. Nel febbraio
del ’61 viene ricoverata, contro la sua volontà, nell’ospedale psichiatrico
Payne Whitney. Della sua reclusione terrà un diario: Finirò di certo per diventare matta anch’io se resto in questo posto da
incubo… sono sul piano dei pazienti pericolosi! Mi hanno rinchiuso qui con una
menzogna, la porta era chiusa a chiave, così io ho rotto il vetro ma a parte
quello non mi sono rifiutata di cooperare…mi hanno chiesto perché non ero
contenta, c’erano sbarre dappertutto su lampade, cassetti, bagni, ripostigli,
finestre. Le porte hanno le feritoie, così i pazienti sono sempre visibili, e
poi la violenza e i segni sugli altri pazienti che restano nelle pareti… poi le
grida delle donne nelle loro celle. In momenti come quelli avrebbe dovuto
essere disponibile uno psichiatra, per alleviare la loro pena… la sofferenza di
un essere umano potrebbe insegnargli qualcosa… ho la sensazione che invece si
preoccupino solo di mantenere la disciplina… quattro energumeni mi hanno
prelevato di peso e portata al settimo piano… faccia il bagno, mi ha intimato
una energumena… lei è malata, molto malata, da tanto, tantissimo tempo, mi
hanno detto...
Due giorni prima di morire annota degli appunti per un’intervista e scrive:
“Pres. e Robert Kennedy sono il simbolo della gioventù in America, del suo
vigore, della sua umanità”. Il 5 agosto 1962 si uccide. Lettera di Marilyn al suo psichiatra
californiano, Ralph Greenson. Le sue ultime parole dall'inferno.
1marzo 1961
Ho appena guardato fuori dalla finestra
dell'ospedale e ormai, laddove la neve aveva ricoperto tutto, tutto è un po'
verde: l'erba e i piccoli germogli, quelli che non perdono mai le foglie (anche
se gli alberi non sono ancora molto incoraggianti), i rami nudi e lugubri
annunciano forse la primavera e sono forse segno di speranza. Lei ha visto Gli
Spostati? In una delle scene, potrà vedere fino a che punto un albero possa
apparirmi strano e nudo. Non so se si vede distintamente nello schermo... Non
amo la maniera in cui certe scene sono state montate. Da quando ho cominciato a
scrivere questa lettera, ho pianto quattro lacrime silenziose. Non so veramente
perché. La notte scorsa sono rimasta di nuovo sveglia tutta la notte. A volte
mi domando a cosa serva il tempo notturno. Per me praticamente non esiste, e
tutto mi sembra come un lungo e spaventoso giorno senza fine. Ed ho anche
provato ad approfittare della mia insonnia in modo costruttivo e ho cominciato
a leggere la corrispondenza di Sigmund Freud. Aprendo il libro per la prima
volta, ho visto la fotografia di Freud e sono scoppiata in singhiozzi: aveva
l'aria molto depressa (quella foto deve essere stata scattata poco prima della
sua morte), come se fosse morto da uomo disilluso... Ma il Dottor Kris mi ha
detto che soffriva molto fisicamente, cosa che avevo già letto nel libro di
Jones. Ma penso anche di avere ragione, mi fido della mia intuizione perché
percepisco un triste tedio sul suo viso. Il libro prova (anche se non sono
sicura che si dovrebbero pubblicare le lettere d'amore di qualcuno) che era ben
lontano dall'essere impacciato! Mi piace il suo senso umoristico dolce e un po'
triste, il suo spirito combattivo che non l'ha mai lasciato. Non sono ancora
andata troppo avanti nella lettura perché sto leggendo allo stesso tempo
l'autobiografia di Sean O'Casey (le ho già detto che un giorno mi ha inviato
una sua poesia?). Questo libro mi sconvolge molto, nella misura in cui si può
rimanere sconvolti da questo genere di cose.
Commenti
Posta un commento