Il Natale nei ricordi di un detenuto

 Dalla redazione Oltre i confini della Casa Circondariale di Monza



"Molti sono i Natali scolpiti nel mio cuore, soprattutto quelli dell'infanzia. Tra queste mura è bello aprire il cassetto della memoria e vedere le immagini di un abete dentro un grande vaso di cemento posto nel centro della piazza del paese. Un albero senza le luci ad intermittenza, addobbato solo con i nastri colorati e i batuffolini di cotone sparsi sui rami, era la neve che non avevo mai visto; il presepe nella chiesa che apparteneva a tutto il paese, soprattutto alle famiglie povere come la mia che non potevano permetterselo. Ricordo che mi soffermavo ad ammirare i volti delle statue della Madonna, di S. Giuseppe colmi di gioia fissi sulla piccola mangiatoia con dentro il bambino Gesù, sorridente, con le braccia tese come se volesse abbracciarmi e avvolgermi nella sua povertà ricca di gioie e colore.

Ricordo mia madre e le zie intente a preparare il pranzo di Natale che inondava la casa di odori, aromi e profumi di pietanze che mi facevano pregustare un‘opulenta scorpacciata. A casa, per l’occasione, c‘erano due tavole apparecchiate: noi bambini in una e i grandi nell'altra, mentre le madri ci riempivano i piatti e ci accarezzavano, ci baciavano sulla testa, felici di vederci mangiare con gusto quel cibo che avevano preparato con amore. Alla fine del pranzo i nostri padri, ad uno ad uno, ci facevano salire sulla tavola per farci recitare la filastrocca dedicata a Gesù bambino; subito dopo ci aiutavano a calzare le scarpe nuove di un paio di numeri più grandi perchè dovevano durarci fino al Natale prossimo; ci dicevano che dovevamo ringraziare la nascita di Gesù se in quel bellissimo giorno avevamo goduto e avuto tutto quel benessere. 

Sono trascorsi moltissimi anni da allora eppure i Natali che sono rimasti scolpiti nella memoria e nel cuore sono quelli dell'infanzia. Penso che succeda ad ogni cristiano, ed è per questo che cerchiamo di tramandare quel calore colmo di gioia ai nostri figli ricchi o poveri che siano. Le braccia tese di Gesù bambino tendono ad avvolgere il cuore dell'umano, un cuore che porta a stringere la mano del nemico e dell'amico e, nel mio caso, del mio carceriere perchè anche loro hanno un cuore, una famiglia, dei figli e sanno quanto soffriamo ed è per questo che ci lasciano tranquilli a festeggiare nella nostra silenziosa tristezza il Natale con i compagni cristiani e non. 

La multietnicità che ospita queste mura, con la nascita di quel bambino famoso in tutto il mondo, ci fa stringere le mani augurandoci buon Natale. Questo Natale è il terzo che passo lontano dalle persone a me care. Anche quest'anno cercheremo di organizzarci. Prepareremo il pranzo con i pacchi che le nostre famiglie ci invieranno, speriamo di poterlo fare perchè la situazione del momento, a causa del Covid, non è facile. Dovete sapere che le celle non sono grandi ma, se ci stringiamo un pò, possiamo arrivare a mangiare insieme anche in otto persone. Faremo in modo che ognuno di noi chiuda la sua tristezza nella parte più profonda del cuore, cercheremo di raccontarci eventi allegri brindando con la fanta e la coca cola. Seduti a tavola, ognuno di noi viaggerà con il pensiero verso casa sua, non ci saranno mura o chilometri che ci potranno separare dai nostri cari. Gesù ci tende le sue piccole braccia e in ognuno di noi infonderà quella piccola gioia che accompagna la certezza di essere presenti nei pensieri delle persone che amiamo. Auguro a tutti voi un sereno Natale."

G. Z.

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