Angela, la mia leonessa gentile

Il Covid 19 si è portato via la mia mamma all'imbrunire di un maledetto venerdì di dicembre. Non poterle stare accanto e accompagnarla nel suo lungo viaggio è stato ed è tuttora un dolore lancinante che non si stempera, non si acqueta. Non si può morire così. Non si può. Ho cercato in questi miei versi, di fissare nella memoria e nel tempo questo incommensurabile dolore e sono vicina a tutti coloro che hanno vissuto la nostra drammatica esperienza. La morte fa parte della vita, certo, ma nessuno aveva messo in conto che dovesse arrivare per portarla via, lontana dai propri cari. Che la terra ti sia lieve mia adorata leonessa gentile. 

La tua anima si è involata 

all’imbrunire

nel silenzio bianco di una stanza 

hanno detto di te che eri una donna gentile

so che hai lottato fino alla fine

perché la vita potesse riportarti a casa

 ma questo assassino ha deciso per tutti

è lui che accompagna le anime alla soglia

le allenta il respiro perché non abbiano più voce


le stringe in un assedio di travaglio inchiodandole nella profondità del dolore 

che si fa croce per l’assenza di un abbraccio

della stretta di una mano

di una semplice carezza

 da quelle maschere con boccaglio

dove tutto è ventoso e rumoroso, ostile, crudele

si incontrano figure che vengono da Marte

e allora ti chiedi: perché?

 

Eri un’anima buona e delicata

hai saputo proteggerci dal tuo grande dolore

senza un solo lamento

come una leonessa pronta alla sua lunga traversata

 ma la vita per opera di chi è orfano di umanità

sa tessere ancora gravità per disposizioni e norme

e così anche l’estremo saluto nella grande Casa ti è stato negato

perché eri solo la vittima del mostro.

 

Chiediamo misericordia per loro.

 

Sai mamma, forse tu non sai

che la morte sprigiona la potenza dell’amore

e anche se noi figli adesso siamo senza più scudieri, né scorta

e strappati per sempre ai tuoi filamenti, non smetteremo mai di cercarti

 lo faremo in ogni alito di vento che spira sulle fertilità della terra

in quel suono

ci vocifererai le cose più belle

quelle che forse non ci avevi ancora detto

 noi ti scorgeremo sulle siepi, nel mattino della stanza

in ogni nostro cominciamento

nel futuro che si approssima al presente

Rientra al tuo nido, adesso

nel grembo nell’universo campo

nell’eternità della valle piena d’assenza degli uomini

perché il freddo per te non sia più freddo.

                                                                                                                 Monza, 10 dicembre 2021

Commenti

Post più popolari