Maria Micozzi e l'incanto della sua arte
Maria
Micozzi è l’artista italiana per eccellenza in grado di comunicare, attraverso
il tratto e il colore della sua arte, la Bellezza e la pulsione della donna e della madre che conservano ancora,
oltre i secoli, tutta l’energia dell’incantamento.
Le sue opere narrano l’antico dialogo con la
vita celebrato lungo il filo invisibile che conduce la donna fino alla grande madre,
alla madre generatrice, alla vecchia fonte. Sulle tele la costante celebrazione
della vita che Maria Micozzi concepisce in ogni sua figura femminile,
portata alla luce in un processo di
amore attraverso il quale l’artista si perde nella narrazione, lungo la strada
che porta alla ricerca, alla scoperta della forza femminile e della sua potenza
in quanto madre. Secondo l’artista la
donna conserva dentro di sé la sua potenza primordiale e partecipa ad un
processo di collegamento tra la vita totale, nella sua metafisicità, oltre la
natura che vive con la sua metafora della complessità. La programmazione della
vita avviene attraverso la donna che ha pagato tutta la sua potenza. La donna è
piena di sole, di sangue; è strega, è la grande madre che si depotenzia e la
passa al grande padre. L’uomo, invece, ha
trattenuto tutta la sua potenza. La sua
erezione è molto angosciante. La cultura di oggi, basata sul verbo femmina come
attrazione, presto cambierà. L’arte
della Micozzi continua la sua narrazione, riuscendo così a svelare al mondo la
tragedia che ogni donna si porta addosso per i soprusi che è costretta a subire
da sempre, da secoli. Se solo ci fosse in ogni donna quella consapevolezza di
potenza! Quante donne non hanno mai abitato e indagato la propria maternità? La storia
ne è testimone: la donna non è stata educata
a comprendere che, per il miracolo della maternità che custodisce, è
portatrice di meraviglie, della capacità di celebrare la vita che ha
dentro di sé.
“Adesso che sono grande e madre – racconta
l’artista- temo soltanto gli anni per quell’incapacità
che può portarti nel perdere l’agilità del pensiero e del corpo. Ma conservo
ancora quella curiosità e volontà di costruire la mia identità. Sono un
moscerino della frutta che non si stanca mai di girare. E che non sarà mai in
grado di esplorare tutta la frutta; ci sarà sempre qualcosa che non sarà
riuscito a scoprire. Sto investendo tutta la mia vita per esplorarne il senso e
lo faccio attraverso un filo che mi lega a lei. Un filo di Arianna attraverso
il quale mi tendo costantemente per riuscire a percepirne l’embrione, il nucleo
fecondo, quella scintilla di amore per
la bellezza che il mondo preserva nelle cose più semplici, in ogni anelito di
natura. Ed è proprio l’amore che mi racconta il primo sentore, un processo che
passa attraverso il cuore. Esisto! Sono una
parte piccolissima di questo grande prodigio che è la vita. Sono dotata di
coscienza e della curiosità della mancanza. Sento di essere a contatto con
qualcosa di estremamente grande. Ed è lì che ritrovo il mio senso. In questo contesto enorme che mi dà la vita. Mi sento come un bambino
che, trovandosi in un enorme giardino, arde dal desiderio di conoscerne ogni
più piccola parte nascosta, ogni infinitesimale nascondiglio.. Mi innamoro di
continuo della vita, della mia appartenenza alla natura, all’inconscio. E’ un
po’ come se vivessi in un nucleo fantastico dal quale trarre nutrimento, è come
essere nel corpo di mia madre. E’ bello espletare la vita! Usare l’energia della natura per ritrovare
quel benessere qualitativo di cui la vita è intrisa. La vita! Un mistero che non conosceremo mai. Siamo
stati benedetti da una sensazione di infinita potenza e complessità.”
Secondo
l’artista la capacità di conoscere il concetto miracoloso della relazione, di
ritrovare il collegamento con l’affettività è basilare. Il mondo di oggi è
basato sul controllo. Se si esclude la diversità viene a mancare la relazione.
La nostra cultura ha privilegiato la vista creando paura nel mondo. “L’arte nasce da quello che ti capita
nella vita, nasce dal tuo bisogno. L’espressione si ciba di tutto, si nutre
delle discipline che sono aspetti della nostra diversità. Nel mondo tutto è
separato, il disordine è irrazionale perché non ha congruenza. Penso a Leopardi. Come poteva vivere
a Recanati?
Un luogo di regole dove i contadini erano costretti a misurare le
uova migliori infilandole in un anello delle tende. La grande femmina che l’ha
accolto è stata la natura, non una donna
fisica. Leopardi ha trovato l’accoglienza nell’infinito, sui prati, dove spingendosi al di là della siepe, ritrova la
sua sofferenza.”
La nostra è una
società patriarcale e piramidale, dove l’uomo interpreta e dà significato alla
vita usando la ragione. Per questo la cultura patriarcale ha evitato il diverso
che viene sottovalutato. Ci sono soggetti che
comandano: i padri. E oggetti che
ubbidiscono: i figli. Viviamo in una società verticistica in cui viene
continuamente a mancare l’entusiasmo della scoperta, il senso della scoperta.
Quelli che ancora manifestano entusiasmo sono i cosiddetti disadattati, coloro
che forse si lasciano ancora incantare dalla vita stessa. E’ bello conservare ancora lo stupore! Se la meraviglia conduce alla libertà, allora io sono ancora libera.
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