Mario Calabresi: abbiamo bisogno di sognare
Stavamo meglio quando stavamo peggio?
Affrontando le sfide del mondo si può scoprire che la passione e la volontà possono condurre alla libertà. Il coraggio può diventare luce capace di rischiarare, a volte, anche i più fragili momenti di buio. E’ importante recuperare il senso delle cose che abbiamo e imparare che ognuno di noi deve fare la propria parte.
Secondo
Mario Calabresi il nichilismo, la
sfiducia, il fatalismo sono gli umori e i sentimenti più diffusi nel nostro
Paese: gli anziani hanno nostalgia del passato, i giovani si rassegnano alla
mancanza di prospettive ed è comune la convinzione di essere capitati a vivere
nella stagione peggiore della nostra storia. Il suo
viaggio alla ricerca della verità parte dalla raccolta delle testimonianze
arrivate al giornale dai suoi lettori, dai loro racconti sulla vita del nostro
Paese negli anni 70/ 80; anni del terrorismo in cui morirono, per omicidio
politico, più di 400 persone, anni colorati del rosso delle stragi, anni in cui
si moriva anche per la sola colpa di aver preso un treno sbagliato; anni in cui
si è patita la fame; anni in cui la disoccupazione e l’inflazione avevano messo
in ginocchio il Paese. Da questa raccolta di testimonianze nasce una bellissima pubblicazione edita da Mondadori: -Cosa tiene accese le stelle -che vede anche un capitolo dedicato al mio progetto poetico realizzato, nel 2009, con i bambini del Reparto di Ematologia Pediatrica dell'ospedale San Gerardo di Monza e fortemente voluto dal professore Giuseppe Masera, direttore della clinica pediatrica.
“ Sono andato a guardare le
statistiche di quel periodo- racconta Calabresi- per capire meglio come
vivevano gli italiani. Nel 1961 i 2/3 degli italiani non potevano permettersi
di mangiare la carne, naturalmente non perché fossero vegetariani; nel 1965
quattro famiglie su dieci a Milano non avevano il bagno; gli ospedali versavano
in condizioni di disagio per mancanza di strutture adeguate…Ma allora è proprio
vero che stavamo meglio quando stavamo peggio?.. Perchè oggi facciamo fatica a
riconoscere che ci sono stati cambiamenti? Perchè oggi siamo più pessimisti?
Perché negli anni 70,80 il contadino del Sud che abbandonava le proprie terre
per un umile posto di lavoro al Nord, o l’alluvionato del Polesine che aveva
perso tutto, erano più ottimisti di noi che viviamo di certo in un’era
migliore, ricca di privilegi? La risposta l’ho trovata a Detroit -continua
Calabresi- in un giorno in cui la temperatura era decisamente gelida. Ricordo
di aver preso un taxi scassato. Mi venne incontro il tassista con un sorriso
imbarazzante a causa dei pochi denti e un paio di ciabatte con le dita dei
piedi violacee, ibernate dal freddo intenso di quella mattina.
Mi chiesi subito
quale motivo avesse quel tassista senza denti per essere così felice in una
giornata grigia. Continuai a farmi la stessa domanda mentre lo osservavo nello
specchietto retrovisore.
-Di dove è? Mi chiede il tassista. Gli risposi distrattamente: sono
italiano.-Italiano- pachistano mi disse sorridendo. Dalla nostra fugace discussione venni a sapere che quel giorno avevano preso sua figlia all’Università. E così, quel giorno a Detroit, riuscii a dare una risposta ai miei tanti interrogativi, riuscii a capire che solo l’dea di un futuro migliore può cancellare la fatica del presente. Il tassista senza denti di Detroit mi aveva condotto involontariamente alla verità."
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