Lo splendore del giorno
Due occhi curiosi dal taglio apparentemente orientale, il
naso irregolare ma ben delineato sul viso, carnagione chiara e capelli lunghi,
tirati sempre indietro a coda di cavallo. Quando penso a me da bambina, mi
rivedo esattamente così. L’immagine che si ripete è sempre la stessa, anche
adesso con i miei cinquant'anni.
Avevo appena tredici anni quando,
per sbaglio, mi capitò fra le mani Il Cantico dei Cantici. Dico per sbaglio
perché la scelta fu assolutamente casuale. Attingevo spesso alla libreria dei
miei vicini, che traboccava di grandi tomi, libri vecchi e nuovi, fra i più
disparati. Ricordo che mi lasciavo guidare nella scelta dal colore o dalla
rilegatura della copertina. Sempre per caso, mi imbattei nella lettura di
grandi nomi, da Alexander Dumas a Monpassant, Pavese, Cassola, Silone e
Moravia, quest’ultimo il mio preferito. Di lui, in seguito, lessi tutto quello
che trovai nella biblioteca delle Magistrali. In quegli anni, il Preside aveva
negato agli studenti del primo e secondo anno tutte le opere di Moravia. La
motivazione? Non fu mai esplicitata. Più leggevo e più mi appassionavo, al
punto che, quando di sera mi veniva spenta la luce per l’ora tarda, io continuavo la mia lettura
sotto le coperte, con una pila. Intorno ai quattordici anni mi
innamorai. Quel sentimento nuovo, simile a un sogno, fu il mio primo e grande
amore giovanile:”.. l’amor che muove il sole e l’altre stelle..”( Dante).
Un’alchimia di luce e calore irradiata da quell’unicità di sguardi che diede
inizio al mio mondo lirico, alla mia nuova forma di essere e di sentire. “
riappaiono i fiori sulla terra,/ è giunto il tempo della canzone,/ e la voce
della tortora/ si ode sulla nostra terra./ Il fico emette le sue prime gemme,/
e le viti in fiore esalano il profumo ( dal Cantico dei Cantici).
Se il limpido velo della poesia
ci accompagna lungo i sentieri della vita, nulla può mancarci o ferirci.
Possediamo tutta la luce di cui, sulla terra, abbiamo bisogno; viviamo in una
penombra che ci protegge: scorgiamo l’eterno, mentre l’animo gioca con le
apparenze e le illusioni terrestri. Quando il caldo afoso del mezzogiorno ci
prostra, agitiamo il velo dell’aria e subito i venti freschi della sera, il
profumo dei fiori e delle radici avvolgono la nostra esistenza. Se la notte ci
atterrisce, la poesia la renderà luminosa. Se le onde della vita e le passioni
ci torturano, tutto, a quel tocco, diverrà calmo e soave e persino la tomba ci
sembrerà un letto di nubi….così Goethe va incontro al nuovo
giorno, allo splendore del giorno. Così io vado incontro alla mia vita.
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