IL VIAGGIO DI JOELE per l’Italia
Nel carcere Sanquirico di Monza è nata la redazione del giornale OLTRE I CONFINI coordinata da Antonetta Carrabs. Il Cittadino di Monza ha deciso di pubblicare periodicamente un inserto di otto pagine con gli articoli scritti dai detenuti. Luigi, uno dei componenti della redazione, ha raccolto la storia di Zohayr, di Joele. E' una storia d'immigrazione che somiglia a tante altre storie di ragazzi che fuggono dall'Africa per venire in Occidente alla ricerca di un futuro migliore per se stessi e per la propria famiglia. Joele è attualmente detenuto a Monza.
IL VIAGGIO DI JOELE per l’Italia
IL VIAGGIO DI JOELE per l’Italia
La storia che
sto per raccontarvi, è stata vissuta dal protagonista come un'avventura, con
tutti i suoi contorni, rischio – paura – suspense, ma è anche piena di
tenerezza e amore, insomma c'è di tutto, come le sfumature dei colori. Questo è
il viaggio di Joele, ovvero di Zohayr. Una storia vera. Mentre lo
intervistavo, vedevo in lui quella voglia di aprirsi, di sfogarsi e
confrontarsi. Il suo solo desiderio era emergere da una vita piatta e senza
futuro. Come tutti i lunedì, mi ritrovo in biblioteca, nostra vera sede
logistica e fortezza da dove nascono tutti i nostri articoli che voi cari
lettori leggete, con Andrea, Paolo, Erminio e Antonetta, la nostra redattrice,
vero faro e guru di questo favoloso gruppo "oltre i confini". Abbiamo
avuto l’idea di raccogliere storie, farci raccontare, da ragazzi di diverse
etnie, le loro usanze, il loro mondo. Ho incontrato un ragazzo educato, senza
dubbio di origini maghrebine, che parlava un linguaggio in italiano corretto
con un marcato accento bresciano. Occhi vispi e attenti, insomma un ragazzo
sveglio. Incomincia timidamente a raccontarsi, per diventare poi un fiume in
piena, con momenti di commozione interrotta da attimi di tristezza e
sofferenza.
Joele è un
ragazzo del Marocco di 24 anni, originario di Beni Mellal, una cittadina
distante un centinaio di km da Casablanca, ai piedi della valle più alta del
Marocco. Un posto dove si coltiva la terra, si allevano e si commerciano
animali. Le case sono dipinte quasi
tutte di rosso, sullo stile caraibico, perchè il monte dell'Atlante, con le sue
ombre, suscita molte e potenti suggestioni con tanti colori. Sull'alto Atlante
c'è la vera curvatura spazio temporale e il colore diventa rosso come quello della roccia e delle cose. Joele abita in
campagna e la sua è una famiglia umile di contadini. Fin da bambino si alza al
mattino alle cinque insieme al padre per andare a lavorare in campagna. Una
vita casa e campagna, divertimenti pochi.
A11 anni gli capita di frequentare degli amici, tutti con il sogno di
scappare via da quella terra che tanto amavano, ma che li teneva prigionieri
insieme ai loro sogni. Ammiravano quelli che tornavano dall'Europa in visita ai
loro familiari e fantasticavano. Quei ragazzi avevano vestiti firmari, belle
macchine e soldi, tanti soldi in tasca. Iniziò
così a parlare in famiglia del suo sogno, ma ricevette come risposta solo
rimproveri. Incominciano gli screzi con
suo padre e aumentano le sue lunghe giornate di fatica e sudore nei campi. A 12
anni decide di scappare. La sua meta è l'Italia, dove pensa di poter contare
sui contatti e appoggi dei suoi compaesani. Joele si macchia di una vergogna
che ancora oggi lo ferisce. Per poter fuggire, ruba tutti i risparmi di
famiglia: 6.000 euro. Mette il cuore un pò in pace pensando che un giorno avrebbe
potuto restituirli. Con i soldi che avrebbe
guadagnato in Italia avrebbe potuto aiutare la sua famiglia e i suoi fratelli,
restituendo loro una vita più dignitosa.
Insieme ad
altri ragazzi, intraprende il lungo viaggio. Raggiungono a Casablanca la coppia
di coniugi marocchini con doppio passaporto belga. Erano trafficanti di merce
umana, gente senza scrupoli, veri mercenari! Parte di notte, in poullman,
nell'oscurità dei cieli del Marocco, per Tangeri dove rimarrà per 3 giorni
chiuso in un piccolo appartamento assieme ad altri ragazzi, nell’attesa che i
coniugi diabolici si procurassero i biglietti per farli traghettare. Al mattino
del quarto giorno Joele parte, insieme ad altri ragazzi, destinazione Spagna
porto di Valencia. Vengono accreditati come figli della coppia. A Valencia le
strade si dividono. Ogni ragazzo prende la sua strada: c’è chi si dirige in Francia,
chi in Belgio, chi in Germania. Il nostro Joele sceglie l'Italia. Tappa
d'arrivo aereoporto di Malpensa. Una volta sbarcato, va a Brescia dove poteva
contare sull‘appoggio dei suoi compaesani, come lui sperava. Affamato e senza
un euro in tasca, non trovando nessuno, si presenta davanti alla caserma della
Guardia di Finanza, punto di partenza per una comunità di casa famiglia. Rimane
in questa comunità per ben tre anni. Nel frattempo studia, impara a fare
l'elettricista, il cuoco e il fornaio. Un giorno aprirò bottega e lavorerò per
me stesso. Farò il panettiere e coronerò il mio sogno, pensava. A18 anni il
denaro che guadagnava gli bastava giusto per l'indispensabile. I ragazzi che
tornavano al suo paese ben vestiti e con tanti soldi in tasca erano gli stessi
che ogni tanto vedeva nelle piazze del centro di Brescia. Ci volle ben poco per
salire su quel treno. Il passo fu breve. E così anche Joele incominciò a girare
coi bei vestiti firmato e le tasche piene di soldi.
Inizia a mandare
soldi al paese: il padre compra un terreno, costruisce una casa. Diventa, per i
suoi, orgoglio. Dopo tanti anni ritorna a Beni Mellal. Quel giorno
all'aereoporto lo attendono il padre e il fratello e uno zio militare. Sia lui che
lo zio si sfiorano continuamente ma non si riconoscono. Joele in sei anni di
lontananza, era molto cambato. Lo riconoscono suo padre e suo fratello. La
commozione è tanta. Si abbracciano forte. L’incontro con la mamma è
travolgente. Joele ci dice che le mamme non hanno mai tempo per i futili
motivi, ma quando si tratta di stringere al cuore i propri figli tutto diventa
secondario. Fu festa nei giorni a venire. Una sera ebbe una lite accesa con suo
padre che aveva saputo della sua vita trasgressiva. Joele fa rirorno a Brescia
e per sei mesi non chiama più i suoi genitori.
Ricomincia a spacciare e divertirsi, ritagliandosi un posto ambizioso
nel giro della droga. Un giorno, disteso
sul letto, appagato e sfinito da una delle tante notti brave trascorse nei
locali, non riusce a prendere sonno per il rimorso e per le lacrime della
madre, per il volto triste di suo padre. Il rimorso gli prende lo stomaco. Conscio
delle pene e delle sofferenze che stava procurando loro con il suo silenzio, riconosce
la sua arroganza, frutto di quel mondo oscuro in cui viveva e lefona a casa. Viene a
sapere che suo padre stava male, era grave. Ritorna in Marocco. Un tumore lo
stava consumando a causa del fumo. Morì dopo poco tempo. << Da noi, in Marocco, quando muore
qualcuno, oltre a piangere il prorio caro, si festeggia con i parenti, come per
voi a Natale, e lo si fa per 3 giorni.
Gli invitati portano 1 kg di zucchero e si mangia il nostro tipico cous
cous. Tornai in Italia con più rabbia di prima per aver procurato dolore a mio
padre. Decisi che dovevo smettere di fare quella vita. Non era quella che
volevo. Avevo lasciato in Marocco mia madre con un fratello e una sorella disabile,
entrambi più piccoli di me. Avevo a causa dello spaccio tante di quelle
indagini aperte, pedinamenti che decisi di smettere. Purtroppo mi servivano un
bel po' di soldi per ritirarmi definitivamente e ritornare in Marocco e poter
accudire la mia famiglia. Ero abbastanza
adulto e i miei avevano bisogno di me.
Ero il capofamiglia, dopo la morte di
mio padre. Mi misi a trafficare iphone. Incominciare a girare con la mia
ragazza in macchina per non insospettire, ma ormai ero braccato per i vecchi
trascorsi. Arrivò l'arresto. Mi trovo in
carcere da mesi. Sono rimasto solo. Ho rotto i contatti con la mia ragazza, pur
amandola ancora. Non voglio fare più soffrire nessuno. Non ho fatto altro che
seminare dispiaceri e ferire le persone a me più care. Questo è il giusto
prezzo che io debba pagare per tutti gli errori commessi. Amo l'Italia e gli
italiani, nonostante sia musulmano non praticante. Ho imparato da voi i valori
esistenziali, il reciproco rispetto che va al di là delle culture e delle
opposte religioni. Ho trovato in questo Paese tanta solidarietà. Ho potuto
studiare, ho lavorato, ho pianto e gioito. Sono queste le cose più belle che
porterò sempre con me, dentro il mio cuore. Penso alla mia famiglia di
continuo. Cerco di farmi forza per affrontare e sconfiggere tutti gli errori e
i mali che mi affliggono. Sto pagando giustamente le conseguenze die mei
errori. Un giorno tornerò libero. Mi toglierò questo guscio ruvido e pesante
che mi sono trascinato fin qua. Tornerò ad essere quel che io sono veramente,
un ragazzo umile di campagna. >> Abbiamo voluto raccontarvi la storia di
Joele che è la storia di tanti ragazzi che emigrano con la speranza di un
futuro migliore. Quello che che noi tutti della redazione auguriamo a Joele è
tanta buona fortuna, che possa ricostruirsi quando sarà in libertà, una nuova
vita e riabbracciare il suo mondo. Tornare ad essere felice, come quando
si accarezza un fiore nel deserto.
Luigi
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