ROSA GENONI


Una figura complessa quella di Rosa Angela Caterina Genoni. Donna audace, capace e decisa a non sottostare a un destino di povertà. Primogenita di diciotto tra fratelli e sorelle. Nasce il 16 giugno 1867 a Tirano, in provincia di Sondrio, da Luigi che fa il calzolaio e da Margherita Pini. A dieci anni viene mandata a lavorare a Milano come piscinina, apprendista tuttofare dei laboratori di sartoria. Diventò maestra e dirigente della sezione di sartoria. Scrittrice e attivista socialista, si impegnò per l’emancipazione femminile e in difesa dei valori della pace, partecipando ai più importanti Congressi dell’epoca che riguardavamo soprattutto la questione femminile e tutti gli aspetti legati ad una politica di neutralità e non belligeranza. Con l’entrata in guerra dell’Italia, inviare “pane per i prigionieri Italiani” diventò per la Genoni una vera e propria missione: raccolse donazioni e fondi, stampò migliaia di cartoline, cercò madrine per i soldati rinchiusi nei campi di prigionia. Il ritorno al passato costituiva per lei il presupposto per la costruzione di un’identità nazionale che l’unificazione politica non era riuscita del tutto a formare negli italiani. Il suo impegno sociale si consolidò in attività filantropiche, come ad esempio l’istituzione di un laboratorio di sartoria nelle carceri San Vittore, un nido per i bimbi delle carcerate e un ambulatorio ginecologico. Notevole fu il suo interesse per gli insegnamenti di Rudolf Steiner e per l’Agricoltura Biodinamica.
 
Si occupò, fin da giovanissima di politica, frequentando i primi circoli socialisti. Si batté per la formazione di un’associazione di lavoratrici nel campo della moda e a favore della produzione di abbigliamento su scala industriale che considerava uno strumento di democratizzazione della società. Nel 1895 iniziò la collaborazione con la prestigiosa Ditta H. Haardt e Figli. Nominata première sarà, in seguito, a capo di 200 dipendenti. Alle clienti propose i suoi “modelli speciali” e non solo copie degli stereotipati modelli parigini. Nel 1905 le viene affidato il corso di sartoria e modisteria alle scuole professionali femminili della Società Umanitaria di Milano, che durerà fino al 1933 quando si dimetterà per essere in netto contrasto con la presidenza fascista.  All’apice del successo, mentre la celebre attrice Lyda Borelli indossa i suoi modelli e anche la stampa internazionale parla di lei, grazie al suo impegno, nasce in Lombardia il primo Comitato Promotore per una Moda di Pura Arte Italiana.
 
Rosa non smetterà di farsi portavoce di una moda che possa essere anche forma di comunicazione capace di veicolare valori artistici e morali. Una moda che possa essere bellezza, eticità, ricerca, identità e sentimento. Due, fra i suoi abiti più belli, entrambi creati nel 1906, furono quello da sera, in raso color avorio, ricamo in argento e oro filati, sete policrome, ciniglia, cannucce, paillettes e perle, ispirato alla Primavera del Botticelli; l’altro, da corte, con il mantello in velluto di seta verde, inserti in raso giallo e merletto ricamato, con ricamo in filati metallici d’oro e d’argento, cannucce e conterie in vetro, ispirato al noto disegno di Pisanello. Per queste sue creazioni la Genoni scelse, come fonte di ispirazione, il Rinascimento, periodo in cui la moda italiana si diffuse per la prima volta in tutte le più importanti corti europee.

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