ANTONIA POZZI - Oggi 3 dicembre 2019, 81 anni dalla sua morte.


Il 3 dicembre del 1938 muore a Milano Antonia Pozzi. Esattamente 81 anni fa. Nella mia ultima pubblicazione  "La rivoluzione delle Sibille - L’eredità espressiva ed esistenziale delle donne" edito da Nemapress e condiviso con Iride Enza Funari, Antonia fa parte delle 27 donne che abbiamo scelto di raccontare per ricordarne il loro valore.

Sono come un velo d’acqua
sospeso su di un masso in mezzo alla cascata,
che aspetta di precipitare ancora e ancora. (Antonia Pozzi)
Forse la vita è davvero quale la scopri nei giorni giovani: un soffio eterno che cerca di cielo in cielo chissà che altezza. Mi ritroverete in tutti i fossi che ho tanto amato e non piangete, perché ora io sono in pace. Se le mie parole potessero essere offerte a qualcuno questa pagina porterebbe il tuo nome. (Antonia Pozzi)

“Mi siedo accanto alla finestra. Tutto nella stanza è dorato: il ricco lampadario di cristallo, le cornici dei dipinti alle pareti, la sponda d’ottone del letto. Ma come sono meschini questi oggetti a confronto con ciò che vedo fuori. Ha iniziato a nevicare. È sorprendente la fragile bellezza dei fiocchi di neve, così delicati ma insieme capaci di dominare il paesaggio invernale. Così mi sento io, un fiocco danzante nella bufera, bellissimo nel suo volo, ma destinato a cadere a terra.” Perché e così: prima si sbaglia, ci si perde, ci si arrampica per astratte impalcature intellettuali, finché la vita un bel giorno comincia, coi suoi gesti leggeri e sapienti, a richiamarci a lei: è come aprire gli occhi ad un tratto e ritrovarsi su una striscia di prato al sole, vicino alle pietre e alle piante. Il senso della vita non è più sparso, nel cervello, nelle mani, negli occhi, ma è tutto raccolto nel centro del petto, come un enorme fiore o come una corazza: e il domani non è più che portare sempre più in avanti quel fiore, sereni, eretti, per una grande strada bianca. (………….)
 
La mattina del 2 dicembre 1938 Antonia va regolarmente all'Istituto Tecnico «Schiaparelli» di Milano dove insegnava. Verso le 11 accusa un malore e chiede di uscire prima della fine delle lezioni. Si dirige a Chiaravalle, nella periferia milanese. Si sdraia su un prato e ingoia una dose massiccia di barbiturici. Si lascerà morire in silenzio, offrendosi calma al gelo impietoso. Un suicidio annunciato: Io / sotto l’abete / in pace / come una cosa della terra, / come un ciuffo di eriche / arso dal gelo.
Lascerà tre messaggi: uno, brevissimo, per Vittorio Sereni, l’altro per Dino Formaggio e l’ultimo per i suoi genitori: «ciò che mi è mancato è stato un affetto fermo, costante, fedele, che diventasse lo scopo e riempisse tutta la mia vita. […] Fa parte di questa disperazione mortale anche la crudele oppressione che si esercita sulle nostre giovinezze sfiorite. […] Direte alla Nena che è stato un male improvviso, e che l’aspetto. Desidero di essere sepolta a Pasturo, sotto un masso della Grigna, fra cespi di rododendro. Mi ritroverete in tutti i fossi che ho tanto amato. E non piangete, perché ora io sono in pace. La vostra Antonia». La famiglia negherà la circostanza scandalosa del suicidio, attribuendo la morte a polmonite. Un interminabile corteo di persone e amici l’accompagneranno “all’altra riva, ai prati del sole” il 5 dicembre. I funerali saranno celebrati a Milano. Il giorno dopo Antonia ritorna nella sua Pasturo, il paese di montagna dove la famiglia possiede una casa. In quell’unico rifugio, Antonia trascorre lunghe nel suo studio che diventerà per lei un vero nascondiglio, lontana dall’ambiente borghese milanese. In quella stanza umile, povera, come avrebbe desiderato che fosse la sua vita, torna ad essere poeta e libera fra i suoi libri e le tante fotografie, pagine di poesia che celebrano la natura. In quelle montagne, nei fiumi, nella terra, nei fiori, nelle rocce, nelle strade Antonia cercava disperatamente un valore divino, quasi mistico. Alcune fotografie la ritraggono seduta su una roccia di montagna, all’ombra di pareti altissime con gli occhi di fanciulla che si spingono sulle lande lucidate dal vento alla ricerca della bellezza. L’accompagna un’intensa inquietudine in cui la sua intuizione poetica la porterà a descrivere quella realtà piccola e semplice che sfuggiva agli altri: la montagna, i fiori, la terra, le strade, le rocce, i volti della gente povera: rotte tra case affondano / le campane. / S’affacciano le donne / a tricolori abbracciate; /gridan coraggio / nel vento / i loro biondi capelli. In questo luogo d’intensità, reale e magico, Antonia si rifugia per leggere e scrivere tra boschi di aceri e abeti, tra sentieri che portano fin sulle cime più alte. Anche lei, come Emily Dickinson, potrebbe dire: “L’infinto ha la latitudine di casa”. La precocità espressiva e la profondità del suo pensiero sono affini a precedenti illustri, nella storia dei giovani cari agli dei, quella delle libere comete luminose alla Rimbaud. (……………..)
 

L’eterno!
L’eterno è in tutte le cose
il poeta vive innamorato del mondo nella premessa dell’amore per l’integrità.
Il silenzio!
Leggo un libro di Goethe, i suoi versi starebbero bene in cielo, al posto del sole
cammino sotto le stelle e mi inginocchio nell’armonia buia della notte
come un pellegrino con il cuore che batte all’unisono
vado incontro alla mia tempesta per cantare nel canto la mia inquietudine
mi protendo verso il passato e verso il futuro
e sento come mancanza tutto ciò che non è, e che non sarà mai.
Penso all’infinito e non desidero l’avvenire.
Nena, la nonna, è l’unica immagine che mi dà serenità l’unica
che può stare con me nel tempo di oggi e di domani.

Sempre.
L’inferno è la sofferenza di non poter più amare
nemmeno più il cielo mi vuole.
Quando vivi e hai coscienza del rifiuto delle cose
nell’aria è uno sconfinare illecito, è l’ombra sul muro.
Dostoevskiy mi richiama al valore delle relazioni fra gli uomini
alla fede, alla responsabilità che abbiamo tutti verso il mondo, all’amore.
 
La stanza di Banfi è piccola, mi affaccio alla finestra
vedo un piccolo cortile, in fondo un comignolo
le parole di Paci mi hanno ferita, il suo giudizio non me lo tolgo dall’anima
“Scrivi il meno possibile” - mi ha detto
 
Piero è stato buono mi ha consolato con i versi di Goethe
Remo dice che sono intelligente ma molto disordinata
gli ho risposto che del mio disordine materiale non me ne importa nulla
“Bisogna avere volontà, la volontà è come un muscolo, bisogna esercitarla” - mi dice.
 
Da quando ho conosciuto loro ho incominciato a vivere spiritualmente
mi hanno fatto molto bene. I miei studi non sono sufficienti a colmare il mio spirito
Antonello si è arreso davanti ai rifiuti di mio padre Roberto Pozzi.
Di questo io soffro. Lui non sa che la prima vittima sono proprio io, Antonia.
 
Antonello è umiliato e sembra inasprirsi con me
questa sofferenza è così alta perché arriva da lui che amo
decidiamo di rinunciare al nostro grande amore
ma ci siamo promessi che non smetteremo mai di amarci.
Ci ameremo nel silenzio della lontananza.
 
( A. Carrabs - inedito)

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