GIORGIO ARMANI, il genio dell'alta moda, il rivoluzionario.


 
«Ho sacrificato la mia vita per il lavoro, quando ero giovane e ancora oggi lo faccio. Spesso mi dico: perché mai io che sono nato a Piacenza dovrei finire nel jet set a Monte Carlo? A Piacenza ho lasciato i miei amici». Giorgio Armani è in tutto il mondo sinonimo di eleganza e di italianità, a capo di un vasto impero. Sarà anche per questo che gli inglesi lo chiamano King George. «Ho fiuto e mi impongo, a volte sono un duce. E’ vero, mi impongo troppo e spesso esagero, ma lo faccio perché in fondo non mi sento sicuro e non voglio darlo a vedere. Se sbaglio, pago io». Il suo impero nasce nel 1975 grazie all’amico e socio Sergio Galeotti dopo un’esperienza come vetrinista nel department store milanese La Rinascente e come stilista presso l’azienda Cerruti. Giorgio Armani è Milano e Milano è Giorgio Armani. Gli inizi non sono stati facili. «Sono stati anni di sacrifici e fatica. Non avevo più tempo per me. Spesso mi ritrovavo a piangere disperato alle 11 di sera, in fabbrica, dove ero rimasto solo tra migliaia di metri di stoffa. Andavo su e giù da Milano a Biella con la mia macchinetta di quinta mano nella nebbia e nella neve». Il suo percorso creativo include la sua anima rivoluzionaria.
Grazie alla sua creatività le donne in carriera, bisognose di praticità nell’eleganza, indossano le sue giacche modellate su quelle maschili; stessa rivoluzione di stile fu anche per gli abiti maschili che, dall’essere troppo rigidi, diventano più morbide anche nella scelta delle stoffe e dei colori, restituendo all’uomo un’immagine meno austera e non stravagante. A 41 anni fonda la sua maison. Dalla nascita dell’azienda ad oggi ha creato un vero e proprio impero grazie all’eccellenza e all’innovazione, priorità assoluta di ogni suo marchio. Il grande successo internazionale arrivò nel 1978 quando Diane Keaton ritirò l’Oscar per “Io e Annie” indossando una giacca Armani. E sarà Richard Gere in “American gigolò” ad indossare nel 1980 i suoi abiti. Nel 1982 si guadagnò la copertina del Time che lo celebrò scrivendo: “I vestiti sono la stoffa della storia e la texture del tempo. E questo tempo, proprio ora, appartiene a Giorgio Armani”. Ma quali sono i segreti del suo successo intramontabile? Di sicuro il suo talento creativo, la competenza imprenditoriale, l’impegno totale e continuo e un’organizzazione ferrea: «Il mio lavoro è tipo Ibm. Tutto programmato. Le aziende che lavorano per me hanno precise scadenze che io devo rispettare».
L’eleganza, la misura, il design pulito, i colori rilassanti e sofisticati sono elementi che definiscono lo stile del suo Brand, uno stile che sarà rivoluzione grazie anche alla sua passione per i materiali lussuosi e naturali. «Controcorrente, io scelsi la strada del togliere anziché aggiungere. In molti si ritengono autorizzati a mettermi in una scatola, a causa del mio stile preciso, e da lì a non farmi più uscire. Da questi sono ritenuto lo stilista della donna dei colori spenti e polverosi, ignorando quanto vario sia stato il mio operato e la diversità delle mie collezioni. C’è chi pensa che non ci sia spazio per un Armani scintillante, esotico, onirico, eccentrico. Invece quell’Armani esiste e ha un suo pubblico». I suoi grigi perlati, il rosso tibetano, il blu del mare evocano la sua amata Pantelleria e l'Oriente, le cui filosofie lo affascinano. Uno stile da sogno. Il 3 dicembre 2019 ha ricevuto da Julia Roberts e Cate Blanchett  a Londra, in occasione dei Fashion Awards 2019, l'Outstanding Achievement Award , il maggior riconoscimento alla creatività e alle capacità dell'imprenditore da parte del British Fashion Council (BFC), l'organizzazione che promuove la moda in Gran Bretagna. 
L'articolo che porta la mia firma è stato pubblicato sul numero di Lei Style di dicembre

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