Caterina Benincasa

da "Le Poetesse mistiche pazze per Dio" NemaPress edizioni

(nella foto l'attrice Mara Gualandris)
 
Io, Caterina Benincasa, sono stata la ventiquattresima e penultima figlia di Jacopo Benincasa, tintore di pelli, e di mamma Lapa. La mia famiglia era numerosissima e modesta, ma non povera. Nell’anno della mia nascita, nel 1347, ci furono in Europa i primi orrendi segni della peste che farà più di venti milioni di vittime. Anche Siena, la mia città, fu contagiata dai viaggiatori provenienti da Venezia dove attraccavano le navi partite dai porti dell’Asia. Lapa, mia madre, dette alla luce due gemelle, me e Giovanna, ma Giovanna morì quasi subito e io sopravvissi alla morte di mia sorella. Due anni dopo nacque un’altra bambina che chiamarono Giovanna, ma la triste sorte si ripetette così prematuramente anche per lei. Ebbi l’impressione di vivere la vita al posto di qualcun altro e di questo mi rattristai fortemente, accettando così tutte le punizioni, anche fisiche fino ad attribuirmi la responsabilità di ogni pur piccolo errore che trasformai in castigo.
 
Scoprii il valore del silenzio e incominciai a ridurre progressivamente l’alimentazione. Mi flagellavo, dormivo pochissimo, il mio letto era un’asse di legno. Incominciai a mangiare solo pane, acqua e vegetali crudi dall’età di sedici anni. Mia madre ha cercato in tutti i modi di alleviare ogni mio tentativo di autopunizione. Mi impose di dormire con lei in un letto comodo ma io nascosi un pezzo di legno nel letto per potermi pungolare mentre lei dormiva (….) Nel 1363, all’età di quindici anni mi unii al gruppo delle Mantellate, chiamate così per il loro lungo mantello nero che copriva l’abito bianco. Erano donne laiche e benestanti che sotto la guida dei domenicani, pur continuando a vivere in famiglia, praticavano un regime di vita religiosa e povera e prestavano quotidiana assistenza agli indigenti della città. Poco prima di entrare fra le Mantellate, le Domenicane dell’Ordine della Penitenza, fui oggetto di molte insistenze da parte di mia madre Lapa perché voleva che mi decidessi per il matrimonio. Ricordo di aver meditato a lungo su cosa fare. Pensai di imitare Eufrosinala che, fuggendo, si finse maschio e visse murata in un cenobio di religiosi. Pur di entrare nell’ordine dei Predicatori per potermi dedicare alle anime morenti, pensai anche di seguire l’esempio di Eufrosinala (….)
 

Vivevo una duplice vita: nel chiuso delle mura domestiche gioivo delle visioni divine talvolta violente e sempre inebrianti per la presenza vivida del Cristo; fuori, nelle strade della mia città, curavo instancabilmente i derelitti e i malati, con l’amore «uno e medesimo». Non restai chiusa nel chiostro, ma sentii la necessità di muovermi per mostrare la mia abnegazione a Cristo. Le mie giornate erano divise fra la chiesa di san Domenico, la mia casa, l’ospedale della Scala e il lebbrosario di S. Lazzaro, dove mi prodigavo a curare gli infermi anche più ripugnanti (…) Correva l’anno 1374 quando la peste infuriò anche in Siena.  Al mio ritorno da Firenze, mi dedicai completamente alla cura di coloro che erano stati colpiti dalla peste. Gregorio XI era intento a promuovere la crociata verso i Turchi alleatisi coi Tartari. In obbedienza al pontefice e ai suoi superiori, cercai di esercitare la mia influenza per spingere i cristiani al santo passaggio. Firenze intanto si era messa a capo di tutti i nemici della Santa Sede, aveva formato una lega alla quale aveva aderito un numero sempre maggiore di città. Gregorio XI decise quindi di lanciare contro la città e i suoi alleati la scomunica e l’interdetto (….) La grandezza di un principe si deve basare sempre sull’umiltà, solo così si possono fare grandi opere. Una volta che l’uomo é formato al bene e alla giustizia non potrà che compiere azioni giuste e virtuose e questo vale anche per il governante. Ogni problema sociale e politico è un problema morale. Ho dedicato tutta la mia vita all’amore per Cristo, ho cercato di diffondere la sua parola, fino alla mia morte che arriva all’età di trentatré anni, la domenica del 29 aprile del 1380, circondata dall’amore e dalla dedizione dei miei tanti discepoli…..Mi spensi nella mia casa di via del Papa, oggi Via S. Chiara, a Siena (….)
 
 

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