La leggenda della Madonna del Sasso
Il santuario della Madonna del Sasso sorge su uno sperone granitico sul lago d'Orta. Il complesso sacro è costituito dalla chiesa, dalla torre campanaria e dalla casa parrocchiale.
Qui in origine sorgeva una cappella dedicata alla Madonna Addolorata, risalente al XVI secolo. Al posto del Santuario
di Madonna del Sasso vi era in origine solamente una croce: questa fu
posta dopo la morte di una donna di Pella, nel XVI secolo. Una leggenda narra che un marito geloso, di ritorno da una guerra, sospettando di
essere stato tradito durante un violento
litigio spinse la moglie nel dirupo per ucciderla. Pentitosi,
tornò sui suoi passi e la trovò ancora viva, appesa ad un ramo. Le
tese la mano per salvarla ma lei non si fidò e
si lasciò cadere nel vuoto.
sulla sponda occidentale del Lago d’Orta si erge il Santuario della Madonna del Sasso
l’antica leggenda narra di Maria e di Aicardo e dell’antico feudo dell’episcopato di Novara
che cambiava sovente padrone nominale.
Fra i soldati nativi della Riviera
vi era un giovane valorosissimo di nome Aicardo
salito a grande celebrità per le sue prodezze
negli assedi alla rocca d’Arona, a Novara, a Pavia.
Aicardo tornato al suo lago dopo il servizio militare
si innamorò di Maria, la figlia della taverniera, la bellissima ragazza di Pella
e presto l’ebbe in sposa.
Il bravo giovane era oltre ogni dire felice.
Quando ripartiva da casa gli toccava lasciar la giovane sposa sola con la vecchia madre
ma quando si assentava per molti giorni
nascondeva la sposa e la vecchia madre
sullo scoglio sporgente della montagna del Sasso, proprio ove ora sorge il Santuario.
In tutta la Riviera la bellezza di Maria
in men che si dica diventò celebre
tanto ch’ella ebbe a essere il tema delle canzoni
che si cantavano la sera sulle allegre barche del lago.
Dopo qualche tempo si andò a mormore d’un soldato inglese di ventura
avanzo di qualche drappello sceso a combattere in Italia
che sovente compariva nei dintorni di Pella
e che si vedeva a guardare la bella Maria e a seguirla lungo la sponda del lago.
Il bel soldato divenuto grande amico di Aicardo
dopo che gli aveva salvato la vita sotto le mura di Pavia
un giorno si vide passeggiare con Aicardo sulla riva del lago
e discorrere delle nuove taglie che Anchise Visconti aveva imposto agli abitanti della Riviera.
Giunti sulla piazza di Pella Aicardo, di botto
si avvicinò ad un gruppo di persone
chiese se nessuno voleva seguirlo alla rocca d’Angera per un’ambasciata presso il Visconti
onde vedere di essere dispensati dal pagamento delle nuove taglie.
La domanda parve ardita
poiché tutti conoscevano il peso delle catene
e l’umido eterno dei sotterranei della rocca
ma alle insistenze di Aicardo due o tre fra i più coraggiosi accettarono di accompagnarlo.
L’inglese non credette di fare altrettanto
dicendo che la sua presenza avrebbe ostacolato l’ambasciata
poiché il nome della sua nazione era poco beneviso al duca
e meno ancora al governatore della rocca.
Il dì seguente Aicardo partì alla volta della rocca d’Angera accompagnato dai suoi compaesani
e non volle per quella volta che la sposa e la madre
si rifugiassero sulla montagna del Sasso
confidando nella sorveglianza promessa dall’inglese.
Anchise Visconti, governatore della rocca d’Angera
accolse con gentilezza gli ambasciatori
udì le loro rimostranze, lodando la bravura e l’intrepidezza degli abitanti della Riviera
e trovò anche giusto che non dovessero pagare le nuove taglie.
Ma quando l’udienza fu finita fece cenno ad un bravo
e nell’uscire Aicardo e i suoi compagni
si trovarono accerchiati da una ventina di sgherri
che li legarono e li rinchiusero in una sala ampia ed oscura.
I compagni di Aicardo, che si videro perduti
sfogarono contro di lui tutta la loro rabbia
addossandogli la responsabilità dell’avventura
e qualcuno osò anche fare cenno a sua moglie ed all’inglese.
Aicardo all’insulto ruggì una maledizione contro l’inglese
con uno sforzo supremo spezzò la corda che gli teneva legate le mani
staccò una delle scimitarre pendenti dalle pareti
e mentre stava per precipitarsi su colui che aveva ferito il suo cuore la porta della sala si aprì.
Si precipitò all’uscita e uccise gli sgherri sbalorditi dell’inaspettato assalto e fuggì.
Intanto Anchise Visconti edotto dell’insubordinazione dei rivieraschi,
subito spedì al lago d’Orta numerosa soldatesca
con l’ordine di saccheggiarne i paesi.
La sera stessa varie
bande arrivarono per diverse vie alla Riviera
una masnada si pose a saccheggiare Orta e un’altra l’Isola
mentre altri drappelli si riversarono sui paesi circonvicini.
Pella si vide piombar addosso una masnada di brutti ceffi
che saccheggiarono ed incendiarono le case
uccidendo quei pochi che cercavano difendersi
e violentando donne e fanciulle.
Quattro di quei bruti assalirono l’osteria di Aicardo
dopo aver malmenato la madre di Maria ruppero tutto quanto capitò loro per le mani
Maria rifugiata nella sua camera che dava sulla montagna
fu raggiunta colla furia d’un fulmine dai bruti che fracassarono il fragile uscio.
La povera fanciulla era sotto il letto più morta che viva
e nel mentre credeva d’essere salva perché alcuni erano già usciti
si sentì tirare per un lembo della veste.
«C’è una donna qua sotto» gridò un soldato.
Allora tutti le furono attorno, la tirarono per le gambe fuori del nascondiglio
e la spinsero ridendo sul letto.
In quel mentre l’inglese, armato di tutto punto,
piombò come una saetta nella camera e in tre colpi stese al suolo quei birbanti.
Il saccheggio finì e i soldati partirono per far buon bottino in altro luogo.
All’alba del giorno seguente Aicardo giunse trafelato all’osteria che trovò deserta
e chiese in giro di Maria. Gli fecero cenno alla montagna
ma qualcuno sogghignando gli disse di avere visto la sua sposa in braccio all’ inglese.
e s’arrampicò sulla montagna del Sasso
fino al nascondiglio che aveva cercato per Maria
nei tempi procellosi.
Giunse presto alla casupola e trovò Maria sola, stesa sopra un po’ di paglia.
Non le parlò, le rivolse solo uno sguardo fiero.
«Mio Dio che viso! Aicardo! Aicardo!» gridò Maria
«Alzati e seguimi» le disse accigliato il guerriero.
Maria si lasciò trascinare pel braccio dal soldato
che la condusse fin sulla estrema punta dello scoglio
così stretto che a mala pena poteva starci una persona
ma altissimo che domina la Riviera e scendeva a precipizio fin quasi nel sottostante lago.
«Avanzati» disse Aicardo spingendola verso il lembo «ed in ginocchio».
Maria si abbassò e s’aggrappò alla nuda roccia
toccò l’estrema punta e chiuse gli occhi per le vertigini che l’abisso produceva.
«Raccomanda la tua anima a Dio» le urlò Aicardo
Maria si volse trasognata e al colmo dello spavento
«ma questo è un delitto, io non ho commesso alcun male.
Aicardo, Aicardo, io sono innocente!» singhiozzò la povera donna.
Ma Aicardo tacque. Si asciugò in fretta una lagrima, indi le diede un urto e fuggì.
Maria precipitò col capo all’ingiù nel vuoto della rupe.
In quello stesso momento l’inglese entrava nella casupola
e vedendola vuota, si precipitava fuori. Ma eccogli Aicardo dinanzi!
Alla vista del suo traditore Aicardo gli si avventò contro
e prima che questi avesse potuto profferir parola
lo ferì con un lungo pugnale.
L’inglese cadde.
Aicardo allora, contento della vendetta prese a ritornare in paese
ma non aveva fatto che poca strada
quando si abbatté nella madre di Maria
che insieme ad altri paesani si dirigeva al Sasso.
Vedendolo tutto scarmigliato e macchiato di sangue
compresero che qualcosa di grave era successo
ma non ebbero nemmeno tempo di muovergli domanda
ch’egli già raccontava l’accaduto.
«Ah! miserabile, tu hai commesso due delitti - gridò piangendo la madre di Maria -
l’inglese ha salvato Maria dalle mani dei saccheggiatori
l’ha poi condotta al rifugio ed è tornato in paese per aiutar me».
«Maledizione!» ruggì Aicardo e corse verso il precipizio.
La leggenda dice che Maria nel cadere
si era aggrappata ad una debole pianticella che usciva dalla roccia
ma quando vide la testa di Aicardo sporgere dalla punta del precipizio
fu tale il suo spavento che abbandonò il ramo e precipitò nell’abisso.
La triste fine della bella Maria fu compianta in tutta la regione.
In principio sul luogo fatale si piantò una croce indi poco discosto
si innalzò una piccola chiesa che, ampliata a poco a poco,
divenne l’attuale grande santuario.
(Antonetta Carrabs, inedito)
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