SAHRAWI: il popolo dimenticato nel deserto
Nell’ottobre del 1975 il Marocco
iniziò l’invasione del Sahara Occidentale e occupò gran parte dei centri
abitati: la capitale El Ayoun, Smara, città di tradizione religiose e
culturali, Dakhla e Boujdour, porti pescherecci e le installazioni di Bou Craa
per l’estrazione dei fosfati. Circa 200.000 persone scelsero l’esilio per
sfuggire alla repressione. Le migliaia di persone sahrawi rimaste vivono ancora
oggi sotto l’occupazione coloniale del Marocco. I centri abitati sono
sottoposti ad una stretta vigilanza per impedire fughe ed infiltrazioni della
guerriglia. A partire dal 1981, il Marocco ha innalzato una linea difensiva,
dotata di sistemi elettronici di sorveglianza e di campi minati lungo muri che
si snodano per 2500 km
dal sud del Marocco al confine atlantico della Mauritania. Il regime poliziesco
di intere guarnigioni militari che presiedono le città, ha come scopo
principale quello di impedire l’espressione dei sentimenti nazionalisti del
popolo sahrawi, fino a spezzarne la loro resistenza e cancellarne così la loro
identità. Ed è per questo che il Marocco è da anni nella lista nera dei diritti
umani violati.
A nessun sahrawi è concessa la
libertà di evidenziare la propria appartenenza nazionale poiché sospettato di
attività sovversiva e, come tale, imprigionato, quasi mai condannato, per
evitare processi pubblici che possano essere occasioni di solidarietà. Le
condizioni dei detenuti sono durissime, spesso in completo isolamento e con
l’uso di torture. Il mezzo più sbrigativo è quello di far scomparire le
persone. Secondo Amnesty International
si è contato quasi un migliaio di “desaparecidos” tra cui molti di loro con diritto
al voto. I sahrawi in esilio vivono ad una ventina di km a ovest di Tindouf, là
dove un tempo vi si rifugiarono per un pozzo e un serbatoio d’acqua che
alimentavano la città. In questa terra dura, inabitabile, i sharawi resistono
da quasi trent’anni in accampamenti. Vicino alle tende ogni famiglia ha
costruito piccoli ambienti in mattoni di argilla che fungono da cucina ed abitazione durante i mesi più freddi. La
loro sopravvivenza è assicurata dalla solidarietà internazionale e in primo
luogo dall’Algeria . I campi sono quasi esclusivamente abitati da donne, vecchi
e bambini.
La donna e il suo ruolo attivo e paritario
L’organizzazione civile della società sahrawi
poggia essenzialmente sulle donne che predispongono e dirigono tutte le
attività della vita quotidiana all’interno dei campi profughi. I motivi sono da
ricercare nel fatto che gli uomini, impegnati a condurre la guerra di
liberazione militare e diplomatica, sono stati e sono tuttora assenti. Tutto
questo ha quindi attribuito alla donna un ruolo attivo e paritario, i
maltrattamenti da parte degli uomini sono un fenomeno quasi assente, se
accadono viene dato loro il diritto al
divorzio immediato. La religione islamica permette di avere più mogli, ma nella
realtà, i sahrawi sono tendenzialmente monogami. Negli anni della guerra le
donne si sono fatte carico di una crescita demografica ma nel momento del
cessate il fuoco (1991) sono state loro stesse a ridurre il calo delle nascite.
Il ritorno degli uomini le ha esonerate dai lavori più duri e, per evitare
qualunque tipo di abuso che prende a prestito i precetti religiosi, le
responsabili dell’Union Nacional Mujeres
Sahrawi, Unione Nazionale delle donne sahrawi( UNMS) hanno previsto in ogni
daira dei corsi di informazione per
le donne sui contenuti e fondamenti dell’Islam, affinché possano impedire che
venga loro imposto una qualche sorta di repressione in nome dei principi
religiosi.
“ Un profondo rispetto circonda
gli anziani, uomini e donne, che tramandano oralmente la cultura : ieri la
storia del popolo, le sue leggende, le sue fiabe, la sua poesia, oggi anche le
gesta della lotta di liberazione, iniziata nel 1973 contro gli spagnoli e
proseguita poi dal 1975 contro il Marocco” ( Luciano Ardesi, presidente
nazionale ANSPS. La cultura sahrawi nasce quindi e si sviluppa nel deserto,
dove i periodi di pioggia e di semina segnano anche i momenti di pace,
splendore, creatività. E’ una cultura eterogenea come quella afro- araba che si
arricchisce anche degli elementi della cultura occidentale.
La poesia di tradizione orale
forse costituisce il valore di identità culturale più importante dei Sahrawi.
Poesia romantica, educativa, religiosa e soprattutto geografica, ma anche
patriottica. Le montagne della regione di Zemmur, le valli e le pianure intorno
al fiume Tiris, sono le maggiori fonti di ispirazione nella poesia sahrawi. Una
poesia dai sentimenti universali quali l’amore, la fedeltà e il desiderio
profondo di una vita meno dolorosa.
Alla donna Sahrawi
Alla donna Sahrawi
Donna
dai capelli neri
cascata universale di notte apparsa
con il tuo sorriso.
Creasti una vita di ansie e diritti
in un popolo
che ti venera.
le tue parole
consolazione del ferito e ricetta contro il dolore,
sguainano pugnali di rose
che fioriscono sulla patria.
E le tue mani mansuete
E le tue mani mansuete
per mordere il bordo
del pane e la vita sono ribelli,
quando impugni le armi
e difendi i tuoi figli.
Donna
fatta di sole, sabbia e ragione
il tuo dolore immenso è
il peso che ci opprime
e il tuo grido alle “jaimais”
dove il tuo sudore
è pane, case, scuole e ospedali
si erge schiaffeggiando
il tempo e già sei ascoltata.
Donna
nel tuo sguardo
c’è odio per l’invasore
ma cresce la speranza
e l’amore si scatena
come
cataclisma di passioni.
Donna tu sei il popolo, anche Tu sei
rivoluzione.
I racconti si trasmettono da uomo
a nipote. Uno dei momenti preferiti per raccontare le storie è la notte, quando
si aiutano i bambini ad addormentarsi. Oggi vengono utilizzati soprattutto
nella scuola materna, come metodo di apprendimento della lingua per i più
piccoli, ma le fiabe continuano ancora ad essere raccontate dai grandi della
famiglia all’interno delle tende. Le fiabe rappresentano l’elemento più
importante della letteratura sahrawi. Gli animali sono rappresentati con le
caratteristiche degli umani, i più importanti sono: il Ganfud (riccio), che è
il più furbo, la Lehbara (gallina
del deserto), un animale pacifico e mediatore nei conflitti, Edib(sciacallo)
ingannevole, ladro, astuto, Enerab ( lepre del deserto), debole e manipolata
dai più grandi, Edbaa( lupo) che appartiene alla banda che si schiera a favore
di Sbaa( leone), re dei piccoli e grandi animali. Il personaggio più conosciuto
nella narrativa orale sahrawi è Shertat, simile all’orso, maldestro e goloso.
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