Dall'officina alla pista da rally " Ecco come ho perso un amico" da Oltre i confini inserto del Cittadino di Monza



Gianni era un pilota automobilistico, prima di entrare in carcere.

Quando si parla di gare automobilistiche si pensa subito al mondo dorato dei piloti famosi e strapagati. L’automobilismo è fatto anche di piloti privati, come lo sono stato io, che condividono tutti i rischi dei loro colleghi famosi, pagando di tasca propria tutti i costi per poter partecipare alle competizioni su strada. I piloti privati, di norma, sono o benestanti e per questo possono permettersi macchine al top, oppure “fai da te” con la passione irrefrenabile per le corse e gareggiano con vetture “fatte in casa”. Proprio come è successo a me. Lavoravo come meccanico in un’officina specializzata nelle elaborazioni di auto da corsa. L’occasione mi si presenta quando un cliente decide di “appendere il suo casco al chiodo” e vendere la sua vettura con tutto il materiale: ricambi, gomme, etcc..Rimaneva soltanto il muletto, la vettura usata per le prove. Decido di comprarlo per costruire una vera auto da corsa e poter diventare un vero pilota. Era una Opel Ascona 400 gruppo 4. Un gran bel mezzo per incominciare.
Contatto subito Vittoriano, un amico di vecchia data, che aveva molta esperienza avendo fatto il copilota in diversi rally. Vittoriano era un uomo divertente che amava la musica, suonava la batteria. Aveva sempre preferito fare il copilota e non aveva interesse per la guida. “Io preferisco stare seduto a destra con il mio cronometro e le note. A guidare ci pensa il pilota” gli sentivo sempre ripetere questa frase a chi magari gli chiedeva spiegazioni. Costruire una vettura da corsa non era uno scherzo sia per il costo sia per l’impegno. Di giorno dovevo lavorare e tutto il tempo libero iniziai a dedicarlo alla nostra auto. Anche di notte, il sabato, la domenica e ogni festività, compreso il Natale. Mancava poco più di un mese alla prima gara della stagione. Era il rally della Val Varaita . La macchina era pronta. Bisognava fare la ricognizione e le prove pre gara. Il legame fra me e Vittoriano si fa sempre più stretto per tutte le ore insonni passate in officina. Era il mio navigatore. Nei rally i piloti devono fidarsi ciecamente dei loro navigatori e io mi fidavo di Vittoriano perché quando ti siedi sul sedile anatomico prima dell’inizio di una gara, allacci le cinture a quattro punte e indossi il casco, macchina pilota e navigatore diventano un’unica cosa.  Arriva il giorno della gara. Portiamo la macchina per le verifiche pre-gara. Era bellissima! Blu e gialla, i nostri colori preferiti. Aveva sei adesivi dei nostri sponsor. Dopo l’ok attacchiamo sulle portiere i numeri e attendiamo la partenza. Il casco e la cintura sono allacciati, l’interfono è acceso. Il rumore del motore e degli scarichi è forte. Mancano due minuti alla partenza. Vittoriano mi informa sulle prime due curve DxS e Sx5. La sua voce mi dà sicurezza. VERDE! Partenza! Vittoriano legge le note. Perfetta sintonia. A metà gara, per un problema al motore, dobbiamo ritirarci. Io ero abbastanza contrariato ma Vittoriano mi dice: “dai non prendertela, ci faremo la prossima volta. Andiamo a farci una birra.” Poi le gare si susseguiranno fra alti e bassi. Arriviamo a fine stagione collezionando qualche ritiro, ma anche qualche soddisfazione.
 
Prima dell’inizio della nuova stagione, mancavano alcuni mesi che ci avrebbero permesso di potenziare la macchina. Ancora notti e festivi trascorsi in officina con Vittoriano. Eravamo un’anima sola! Pronti per il primo rally Valli del Bormida. Vinciamo il raggruppamento e decimi assoluti con ottimi risultati. Arriviamo a metà stagione. Al rally della Lanterna, la gara valida per il campionato europeo, mancavano un paio di settimane. Ci contatta il responsabile della Ford France proponendoci di correre per loro con un’auto ufficiale. Era la nostra occasione. Mettiamo la “nostra bambina “a riposo sotto un telo, in officina, e incominciamo a provare. Avevamo finalmente anche noi un muletto e meccanici a disposizione. Le auto WRC sono potentissime, con circa 650 cavalli, e molto difficili da guidare. Dovevamo dimostrare alla scuderia di essere all’altezza della situazione, ma il compito era difficile. Vittoriano non perde il suo buon umore. Arriviamo a Genova il giorno prima della gara con un borsone contenente casco e tuta. -Strano, pensai. - Di solito eravamo abituati a spostarci con il furgone pieno di ricambi, di gomme, carrello e macchina. I meccanici ci fanno salire sulla macchina: è il nostro primo contatto con il mezzo. Bisogna regolare sedili, pedaliere, sterzo…secondo le nostre esigenze. Facciamo le verifiche e restiamo in attesa dell’indomani: giorno della partenza. Trascorremmo una notte insonne. La tensione era altissima. La partenza della gara era fissata alle ore 7,00. Noi eravamo, con i nostri meccanici, vigili, accanto alla macchina già dalle 5,30. Ci allineiamo per la partenza. Il semaforo è rosso. Dopo aver allacciato le cinture, i caschi, e collegato l’interfono, ci stringiamo la mano come facevamo sempre. E’ verde! Via. Accellero e chilometro, dopo chilometro, prendo sempre più confidenza con la vettura. Andiamo fortissimi. Vittoriano non sbaglia una nota. Nell’auto la temperatura è elevatissima. Dopo la quarta prova speciale siamo terzi assoluti. Non male, ma potevamo fare ancora meglio. Nella prova successiva il cambio di velocità ci crea dei problemi e ci costringe al ritiro. Vittoriano impreca, io sono scuro in volto. Non l’avevamo presa bene, ma Vittoriano ancora una volta non perde il suo buonumore: “corriamo con i migliori, Gianni. Ce la possiamo ancora fare a vincere il campionato.” Al parco assistenza i responsabili del team ci incoraggiano, confermandoci la loro fiducia. La gara successiva è il rally del Bormida. E’ la nostra preferita. Conosciamo le prove speciali a memoria. “ è la prova speciale dello Scravaion dove tu vai fortissimo- mi dice Vittoriano- possiamo vincere.” Arriva il giorno della gara. E’ sabato, sono le 7,00 circa. Siamo in posizione e pronti per la partenza. Il pubblico è con noi, con striscioni e scritte. Eravamo a casa. Tutto è perfetto. Tutto sembra andare per il meglio. Siamo secondi assoluti. Andiamo fortissimo. E’ quasi notte. I fari supplementari illuminano la strada. Stiamo arrivando in cima. E’ il tragitto che preferisco. Il tratto è quasi in piano con una sequenza di curve da fare in pieno per poi affrontare la discesa. Siamo all’ultimo tornante. Incomincio ad accellerare:2-3-4-5-6-7 dentro tutte le marce. Il display indica con il rosso la massima velocità: 230 km orari, circa. Le note scorrono veloci. Vittoriano mi incita: “vai, bravo, così” All’improvviso il dramma. La macchina scarta sulla destra. L’urto è violento. Poi il volo nella scarpata. La macchina rotola molte volte. Vedo le spie sul cruscotto e i display che girano. Poi si ferma. Il silenzio è totale. Riesco a sentire il rumore del vento del bosco. Chiamo il mio amico. “Stai bene?” - gli chiedo- Nessuna risposta. E’ buio, non riesco a vedere nulla. Ci sono dei rami dentro la vettura, c’è del fumo. Aziono l’interruttore per disattivare l’impianto elettrico. Quando sei bloccato in macchina la cosa più pericolosa è il fuoco. Sento le voci dei soccorritori che si avvicinano. Non riescono ad aprire la portiera, poi la forzano con una leva e mi fanno uscire. Sono frastornato. Vedo tanta gente intorno che, nel frattempo era accorsa. Risaliamo la scarpata con fatica. Chiedo con insistenza del mio copilota. Mi ripetono che sta salendo anche lui. Non sono affatto tranquillo. Mi dicono che è sull’altra ambulanza, c’è il medico con lui. Nel frattempo arriva un’automedica. Io sto abbastanza bene, a parte lo spavento, non ho nulla di rotto. Il portellone dell’ambulanza si apre. Il medico mi viene incontro e mi comunica che il mio amico non ce l’ha fatta. Sono disperato.
Continuo ad interrogarmi se quello che è successo sia stato causato da un mio errore, se si è rotto qualcosa nel motore, se ne valeva poi la pena rischiare la vita così. Ho trascorso da allora giorni e notti insonni. Avevo deciso di lasciare le corse. I responsabili del team, i meccanici mi ripetono che, per superare questo strazio devo andare avanti, devo risalire al più presto sulla macchina. Mi ripetono che l’incidente è avvenuto per la rottura di una sospensione posteriore, ma il senso di colpa rimane dentro. Avevo perso un amico. Correre con un altro copilota mi sembrava una mancanza di rispetto nei suoi confronti. Ma c’erano i contratti, gli sponsor. E così riprendo a correre con un altro copilota. Ci prepariamo per il rally delle Palme. Alla partenza della gara sento nell’interfono la sua voce. E’ fredda. Era la prima gara senza Vittoriano. Le prove speciali si susseguono. Andiamo molto bene con la classifica. Mi sto abituando al nuovo navigatore, ma la mia guida non è tranquilla. Mancano ancora alcune prove speciali. Non vedo l’ora che il rally finisca. E’ sera. Mancano pochi minuti alla partenza della prova speciale. Allaccio il casco e la cintura. Guardo distrattamente il commissario e vedo una luce fortissima. E’ Vittoriano. Ha la tuta e due grandi ali. Mi sorride. Mi fa segno di andare e mi batte le mani. Il semaforo è verde. Via! Non riesco a partire subito. Il copilota mi urla nell’interfono: “E’ verde, andiamo!” gli rispondo: “tranquillo, vedrai che rimontiamo. Vittoriano è con noi.” Da quel giorno ho ripreso a guidare con la forza di prima perché sapevo che il mio amico era con me. Sono certo che gareggerà felicemente fra le nuvole. Ogni tanto viene a salutarmi e fa il tifo per me. So che mi proteggerà sempre.

 

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