"Il mio ricordo di Ayrton Senna" di Gianni, detenuto del carcere Sanquirico di Monza


Gianni è attualmente recluso nel carcere Sanquirico di Monza. Gianni fa parte della redazione OLTRE I CONFINI, nata in questi ultimi mesi nella casa circondariale.


Vivendo nel mondo delle corse automobilistiche, ho conosciuto tantissimi piloti, alcuni diventati poi campioni del mondo. Questo mi ha dato la possibilità di conoscerli molto a fondo. Vi racconterò di loro svelandovi aneddoti e curiosità della loro vita. Parto con Ayrton Senna. L’ho incontrato la prima volta durante il mondiale di Kart di Parma. Ho avuto immediatamente il sentore di quanto fosse antipatico e quanto fosse un pilota “scorretto”. I nostri incontri, in principio, sia in pista che fuori, non sono stati idilliaci. Poi, dopo un chiarimento fra di noi, tutto è cambiato e ne è nata se non una vera amicizia, di sicuro un’intesa durata nel tempo. Ayrton mi ha sempre ribadito che in gara, come in battaglia, non ci sono amici ma quello che più conta è vincere. – La paura non è incontrollabile- mi ripeteva spesso – ci vuole molta forza di volontà. Se un incidente grave o mortale ti coinvolge emotivamente, se a 300 Km orari pensi che una gomma possa scoppiare o che ci possano essere problemi ai freni nella tua prossima curva, vuol dire che non stai facendo correttamente il tuo lavoro. Ricordati che devi arrivare in gara con meno emozioni possibili. Io ho in testa un deviatore posizione gara. Penso soltanto alla competizione. Quando tutto è finito ritorno “in fase normale”, torno ad essere un umano come tutti. -
 
 
Abbiamo avuto modo di chiacchierare e confrontarci spesso. Ayrton era ritenuto antipatico per i suoi comportamenti in pista e per essere particolarmente sincero quando c’era da contestare la gestione della Formula1. Ayrton è arrivato in F1 giovanissimo, è normale che abbia commesso errori, ma ha avuto modo di dimostrare tutto il suo talento vincendo 3 campionati del mondo. Più diventava famoso e più acquisiva il coraggio per contestare il sistema. Era maturato in quelle torri dorate: le sue considerazioni erano rivoluzionarie per quell’ambiente. Ci siamo ritrovati spesso a parlare di volontariato. Ayrton mi ha confessato che, a differenza di molti ricchi che voltavano le spalle alla povertà, lui aveva sempre fatto beneficenza e in silenzio, senza sbandierarla ai quattro venti. Sapeva che facevo volontariato, guidavo allora l’ambulanza. Mi ripeteva sempre: - Gianni, se guidi come guidi in pista, poveri malati!-  Era nato in Brasile e conosceva molto bene le condizioni dei meninos de Rua e quanto fosse importante per loro il suo aiuto. Nel 1988, dopo il suo terribile incidente sul tracciato di Montecarlo, Ayrton si avvicina a Dio come mai aveva fatto prima. – Sono stato cattolico come tanti- mi diceva- poi qualcuno mi ha fatto capire alcune cose. Sai, leggo la Bibbia ed è lì che immancabilmente trovo le risposte ai miei tanti dubbi. Ti consiglio di farlo anche tu. – Fino a quel fatidico 1maggio del 1994, Ayrton mi aveva spesso raccontato di aver subito più volte minacce a causa della sua eccessiva onestà e trasparenza. – Ci sono stati momenti in cui alcune persone hanno cercato di distruggermi, ma non ci sono riusciti, anzi mi hanno rafforzato. E’ difficile cambiare il mondo ma sono convinto che ognuno di noi possa dare il suo contributo. Quello che faccio per la povertà non l’ho mai dichiarato. -  E per questo ho sempre rispettato questo suo desiderio di non rendere pubblica la sua grande generosità. Custodisco di lui segretamente tante cose.
 
 
Non so cosa sia passato nella testa di Ayrton quel 30 aprile del 1994, giorno in cui perse la vita Ronaldo Patremerser. Sono certo che il 1 maggio del 1994 Ayrton è entrato in macchina con il deviatore sulla gara, senza emozioni, come mi ripeteva sempre. Ricordo la frase che mi ha detto prima dell’incidente e che non dimenticherò mai: Sai Gianni, dall’alto Gesù mi aiuta e mi guida. In questo mondo molti valori sono compromessi. Noi tutti abbiamo il compito di difenderli. Lo ripeto spesso in modo che  coloro che hanno le orecchie aperte per ascoltare e comprendere possano capire.  Lo dico perché è un mio dovere di credente farlo. – Avrebbe potuto dare ancora molto Ayrton. Forse sarebbe stato l’unico in grado, per la sua sensibilità, di rendere la Formula1 meno arida. Ma questo non solo per la Formula1. Peccato che non ne abbia avuto il tempo

 

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