Teresa Casati e Federico Confalonieri, carteggi d'amore
Teresa
Confalonieri nasce a Milano il 7
settembre 1787 dalla Contessa Maria Origoni e dal Conte Gaspare Casati.
Aveva un carattere mite, sensibile e impressionabile. A sei anni perse la madre
e si chiuse in un ostinato mutismo insormontabile sia per il padre sia per
l’amorevole matrigna, la Contessa Luigia Settala. Teresa fu affidata alle suore
del convento di S.Agostino, istituto preferito dall’alta aristocrazia milanese.
A quindici anni fu chiesta in sposa da un ufficiale francese, il duca Pasquier
che voleva allontanarla dai libri di letteratura e di storia, ma soprattutto
dalla tristezza del convento ma ella rifiutò. Conobbe Federico Confalonieri in una sera di
novembre del 1806 a Milano nel Reale Orfanotrofio Femminile,
durante una festa di beneficenza. Nella sala del teatrino le ragazze delle
migliori famiglie meneghine recitavano testimoniando la loro sensibilità per la
povera gente. Tra queste ragazze Teresa appariva timida e riservata; aveva i
capelli neri e ricciuti, gli occhi castani e il naso sottile. Fu notata dal
conte Federico Confalonieri che aveva attraversato anni di profonda
malinconia fino a sfiorare l’idea del suicidio. Amava
consolarsi con belle donne e affermava che non avrebbe mai preso moglie, perché
la sua anima apparteneva ad una donna di nome Italia; ma la sua idea cambiò dopo
aver conosciuto Teresa che sposò il 15
OTTOBRE 1807. Quella felicità molto accesa, dovuta anche dalla nascita di
un bambino, durò poco, perchè un gravissimo lutto dovuto da una grande
sbadatezza colpì la famiglia che perse il bambino solo dopo pochi mesi: accadde
un giorno mentre i coniugi giocavano a lanciarselo nel vuoto finché il bimbo
scivolò dalle mani di Teresa e morì. Più tardi a Teresa fu dato il titolo di
dama di corte, dove Eugenio Beauharnais coglieva l’occasione per corteggiarla,
tentando di baciarla invano e facendosi odiare maggiormente dal Confalonieri. Federico
riallaccia i rapporti con la Carboneria e la Massoneria Nordica, diventando
così un capo indiscusso seguito segretamente dalla moglie, sua seguace e
sostenitrice. Teresa entra nella loggia carbonara e il suo salotto diventa un ritrovo segreto. Il 21 DICEMBRE 1822 Federico Confalonieri finisce in carcere, L’Austria
lo accusò di lesa maestà. Il 7 GENNAIO
1823 dopo un anno che i coniugi non si vedevano Teresa invia al marito
una lettera disperata:
E’ un anno oggi che non mi è concesso
vederti! Non so spiegarti come abbia potuto sopportare una così lunga privazione!
L’attribuisco al non aver conosciuto in prevenienza la sua durata. E’ forza
conoscere in tutto la mano della Provvidenza che ci è altrettanto benefica
quanto più non siamo sventurati. Ora la lusinga di presto riabbracciarti mi dà
nuova vita: ed aspetto quel sospirato istante con impazienza che non saprei
descriverti.
Poco
dopo le autorità concessero ai coniugi di vedersi, la corrispondenza tra loro
si fece più fitta. Incominciarono così a mandarsi lettere d’amore intrise di
tanta tragedia e passione. Nel natale
del 1823 Teresa ottenne il permesso di poter parlare con l’imperatore
che le disse:
“Contessa, quanto io tenga della virtù di lei e dell’affetto che mostra per suo marito, ho voluto attestaglielo coll’annunziarle io di mia propria bocca che ho confermato la sentenza di sua morte, perché l’impero ha bisogno di esempi.”
“Contessa, quanto io tenga della virtù di lei e dell’affetto che mostra per suo marito, ho voluto attestaglielo coll’annunziarle io di mia propria bocca che ho confermato la sentenza di sua morte, perché l’impero ha bisogno di esempi.”
Ma
Teresa non si diede per vinta. Nella notte
del 29 dicembre raccolse trecento firme di personaggi famosi, tra cui
Manzoni, il vescovo Nava e l’arcivescovo Gaisruk, contro la sentenza; a Milano
si rischiava l’insurrezione. Il 6 GENNAIO 1824 il fratello di Teresa consegna la
petizione, ma l’imperatore aveva già commutato la condanna a morte in dura
carcerazione. Federico fu portato allo Spielberg dove scrisse alla moglie: “Così, all’età di trentanove anni, si chiude
per me la vivente scena del mondo.” Dopo sei anni, il 12 febbraio del 1830 Teresa,
sempre più all’estremo, scrisse una lettera commovente a Federico in cui gli dichiarava
tutto il suo amore. Dall’annesso attestato vedrà V.M. come io
sia colpita da una malattia sempre incurabile e sovente precipitosa. Non temo
di frammischiare all’impressione dei giocondi e fervidi voti che ispira la
ricorrenza del Suo giorno natalizio queste immagini di dolore. Ma alla
misericordia pura di V.M. io porgo una preghiera, che mi sia concesso di
terminare i miei giorni accanto a quello che la Provvidenza mi ha dato per
compagno. La morte mi sarà meno dolorosa quando, veggendo il mio sposo presso
il mio letto, potrò riguardare come compiuta la mia missione, che era
d’impetrarne da Dio e da V.M. la liberazione.” Ma l’imperatore come al solito fu
impassibile.
GIUGNO 1806
Carissima Sposa Ricevo in questo punto la carissima
vostra, e se credete d'avermi prevenuto nell'inviarmi vostri caratteri, vi
lusingate invano; in genere di premura, e d'affetto, sappiate che non mi
lascerò mai da voi né prevenire, né superare; il fatto ve n'avrà fatto fede,
mentre appena forse chiuso il foglio che m'inviate vi sarà sopraggiunto il mio.
Che nei momenti che non so che fare dia qualche pensiero a voi, amabile
Teresina, questa è una frase che m'offende. Amatemi, cara, ch'io v'amo con
tutto l'affetto che voi meritate, e di cui è il mio cuore capace. Sono di Voi carissima Sposa
Novembre 1806
Carissima Consorte adesso è già la mezzanotte, e sapendo che
domani vi è occasione, troppo mi è caro il scriverti per lasciarmi fuggire
l'opportunità Fammi piacere a portarmi quando vieni
fuori le satire d'Alfieri, le troverai in qualche tavolo della mia camera. Il
libro devi conoscerlo non è molto grande ed è coperto di carta rossa. Basta,
arrivederci mercoledì. T'abbraccio caramente, amami e credimi tutto tuo. Aff.mo marito Robecco
3 Novembre 1806. Federico.
Malmaison Giovedì 24 maggio 1810.
3 Novembre 1806. Federico.
Malmaison Giovedì 24 maggio 1810.
Carissimo Federico, dalla posta e che fossero andate smarrite
le tue lettere, ti assicuro che in tal caso non ho mai declamato tanto contro
il disordine delle poste quanto in questa occasione, defraudandomi del maggior
di tutti i piaceri, qual è quello di vedere che ti ricordi di me. Ricevo in
questo punto una lettera della Sirtori, nella quale mi dà parte essere il suo
ragazzino vicino a morte, e tutte le sue parole dipingono la desolazione, pensa
quanto questo mi affligga, poiché conoscendo
l'estrema sensibilità di Carolina temo che soffra anche lei nella salute;
ancora una ragione di più che mi fa riescire insopportabile la mia assenza, poiché
potrei trovandomi colà sollevarla qualche poco. Nessunissima nuova.
M.r Méjan pretende che l'Imperatore sarà a
Parigi prima del trenta del mese, ma non se ne sa niente di positivo, ti posso
dire niente di quel che si dica per Parigi poiché essendo qui non si parla con
anima di questo mondo, e non si sa nemmeno quando ci restituiremo a Parigi a
motivo che l'Imperatrice fa replicate istanze perchè si fermino qui.Ieri ho avuto il male di testa e febbre,
però feci la vita della comunità, e mi contentai di partire un pò prima degli
altri dal circolo ; oggi però sto meglio. Oggi ho ricevuto una lettera di tuo
fratello del quattordici per te, nella quale mi dice d'aver parlato
all'avvocato Majoni per i vostri affari,
che gli disse che entro la settimana sarebbero ultimati, ma che teme che sarà
piccolo il taglio che si farà, scrive parimenti che si è presentato un certo
signor Noli che fa gli affari di Frapolli per la possessione di Caravaggio persona
cautissima...
aff.ma Moglie
Monza, il 15 Settembre 1812 4 ore dopo mezzo giorno.
Carissimo Federico, Eccomi giunta da pochi momenti in questa
Real Villa ; la prima occupazione che prescelgo è quella di
scriverti, essendo questa sicuramente la più aggradevole per me. Annoni, mi
porta un biglietto dicendomi che era di premura; non ti so esprimere
l'atterrimento in cui fui, immaginandomi sicuramente una disgrazia, dall'altra
parte il non osare aprire un biglietto nel circolo, e osare nemmeno partire per
non dar nell'occhio, ti assicuro cha non aveva più una goccia
di sangue nelle vene. Annoni che si accorse del mio sommo turbamento mi propose
di leggere il biglietto. Ma oh quanto fui indennizzata delle mie angustie e
delle nere congetture che andavo facendo mentre Annoni leggeva il biglietto,
quando venne dicendomi che tu eri arrivato felicemente a Vienna venerdì sera
Nessuna nuova del Principe dal 23 Agosto in poi
Addio. aff.ma Moglie
Monza il 18 settembre 1812.
Carissimo Federico, 11 nostro caro Ciechino è da due giorni,
che cammina con maggior facilità, ha un bellissimo colorito e mi
accorgo ch'egli va mettendosi in carne. Dio volesse, che proseguisse il
miglioramento, e che potesse camminare solo, al tuo ritorno! ora egli vuole
camminare con una sol mano, ma in questa maniera non cammina così sicuro come
con due, egli non può fare ancora che dei piccoli tratti di strada. Stupisci!
Tutti i giorni sono andata alla Santa, vi sono andata a piedi e ritornata in
carrozza, per non far fare doppia strada ai cavalli. Ora sono chiamata per il
Déjeuné, non chiudo la lettera per vedere se ci son nuove, per scrivertele.
Addio mio caro credimi innalterabilmente tutta tua
aff.ma Moglie Teresa.
Monza il 30 Settembre 1812.
Carissimo Federico, Lode al Cielo, che finalmente hai ricevuto
le mie lettere; ti assicuro che ero inquieta, su questo punto, disperando
quasi, di potere fartene avere. Tu stai bene, e ti diverti, e la tua povera
Teresina è nella tristezza e in una solitudine perfetta; oggi partono assieme
per la campagna la Sirtori e la Durini, onde io non potrò andare nemmeno al
teatro la sera, non amando di trovarmi sola. Il mese e mezzo è portato ai due
mesi e più! chi sa che non prolunghi ancora la tua assenza, già adesso non
posso crederti più, e mi bisogna per credere,
come a S. Tomaso, vedere e toccare. Il nostro Ciechino continua a stare come
questi giorni passati, puoi esser sicuro sulla cura che ho di lui. In questi
giorni, attese le passeggiate della Principessa, non ho potuto andare alla
Santa, ed ho fatto venire qui invece il Ciechino alla mattina per medicarlo e
vederlo. Nessun dettaglio ancora della battaglia di Borodino. Nessuna nuova
della città giacché i miei corrispondenti hanno l'arte di scrivere molto, senza
dir niente.
Cicchino sta bene d'umore, mangia bene,
dorme a meraviglia e con una respirazione naturale, egli fa la lunghezza d'una
stanza senza appoggio, ma si vede però che non é sicuro
sulle gambe. I dottori Monteggia e Gianella^ trovano ch'egli ha guadagnato in
forze, e il primo assicura che la malattia alla spina é niente aumentata, ma
non ha però punto diminuito.
Addio vogliami bene aff.ma Moglie
Monza, il 31 luglio 1813
Carissimo Federico, Oh quanto ti ringrazio della sollecitudine
colla quale mi hai dato le tue nuove. Il principe e la Principessa mi trattano
con gentilezza, essi mi hanno detto ieri sera che, giacchè non avevo mio marito a Milano, mi poteva fermare
con loro ancora per alcuni giorni, anche non essendo di servizio, che non mi
dicevano questo per dibvincolarmi, ma che devo fare puramente quello che mi piace,
tu vedi che non mi potevo rifiutare a questo grazioso invito, altronde ho
niente che mi richiami a Milano, ed anzi in questo momento è per me il
soggiorno il più penoso. Non ci sei tu a renderlo aggradevole. Nuove non ve ne
sono a nostra notizia che quelle dei giornali, onde non occorre che te ne
parli.Abbiti cura, per carità, non te lo so
raccomandare abbastanza ; è un'aria pestifera quella nella quale ti trovi, è
quasi una cosa generale il riportarne una terzana qualora non si abbia
un'estrema cura. Ho sentito a parlare all’orecchio che il Principe parta al
principio dell’entrante settimana ma però non si vede e non si sa che si facciano preparativi, io poi non ti
saprei dir altro giacchè essendo qui non so nemmeno le notizie che corrono in
città. Altre nuove non ve ne sono a nostra cognizione ti assicuro che non si
parla mai di niente, ed avrei molta pena se ti dovessi dire di che cosa si
parla. La mia salute è discreta, la mia testa però si fa sentire tutte le volte
che cangia il tempo. Non ti parlerò del mio umore, ti puoi facilmente
immaginare come può essere : il sonno è bandito da me, bisogna che per poter
dormire qualche ora di seguito abbia la pazienza di coricarmi tardi, Gran
fatalità la mia, che non abbia nemmeno questo tempo per riposare la mia
immaginazione, la quale non vede, purtroppo, che delle cose assai tristi; non
starebbe che a te a rendermi felice, ne sai il mezzo, ma purtroppo credo che
non vuoi adottarlo. Addio, mio caro, ti abbraccio e credimi a
fronte di tutte le prove
aff.ma Moglie
T. C. C
Monza il 9 Agosto 1813 alla mattina.
Carissimo Federico, Non ho ulteriori nuove da darti, dopo
quelle che ti scrissi nella mia 5^ lettera, il Principe va a Udine; alcuni pretendono
che sia solamente una corsa per vedere le truppe e mettere il tutto in pronto
nel caso che si faccia nuovamente la guerra, la pluralità però crede che questa
guerra La povera Principessa è assai triste, e trovo ben naturale che lo deva
essere, non c'è nessuno meglio di me che la possa compatire; essa si trova
nuovamente incinta, ma ciò è un mistero, onde non ne parlare. Immaginati
l'allegria che deve regnare qui. lo finisco la mia dimora in questa Real Villa
il 22 corrente, spero che a quest'epoca sarà imminente il tuo ritorno, e Dio
volesse che fosse già seguito. Sono le undic'ore, bisogna adunque che mi porti
alla messa, non chiudo la lettera per vedere di rintracciare qualche nuova.
Addio, frattanto, ti abbraccio di vero cuore. Addio, ama una volta
esclusivamente quella che è sempre stata, e sarà eternamente tutta tua. Chi mai
oserà dirti, che non potrai trovare le dolcezze dell'amore che con lei? se la
vedessi, se il Cielo me la facessse owioscere, la scongiurerei di togliermi la
vita colle sue mani, lasciarmi l'uomo da cui questa dipende. L'infame è ben
mascherata ai miei occhi, la disprezzo più che il più vile verme della terra, e
perchè non si ecciteranno anche in te questi sentimenti ? nessuno meglio di te
può sapere quanto li meriti. Ma a che parlo, a qualfine! non ne parlerò più, no
non fo che esacerbare il mio dolore, e il sangue fa in me una rivoluzione,
tutte le volte che mi vengono questi pensieri, che non saprei rendere, e tu
sarai indiff^ffite a tutto questo!
Addio mio caro ricordati il più possibile
di una persona che non respira che per te, e che ti sarà
eternamente
aff.ma Moglie
T. C. C.
Milano il 13 Aprile 1814.
La nostra Principessa partorì felicemente:
questa nuova mi ha fatto gran piacere desiderando vivamente di vederla
sbarazzata in un momento tanto fatale per le puerpere. ' Eccoci una quarta
Principessa ; certo che avrei desiderato un Principe e perchè tale era il
desiderio della nostra amata Principessa e singolarmente poi conoscendo quale
sia maggiore l'imbarazzo ch'esse recano quando sono in età maritabile, ma in
queste cose ci vuol pazienza; così fossero questi i soli guai della vita,
ch'essa sarebbe molto più dolce e rincrescerebbe infinitamente più il doverla
lasciare. Ricevetti ieri la sua lettera dell' undici la quale mi ha fatto piacere,
dandomi essa le nuove della nostra Principessa, e di tutta l'Augusta Famiglia,
le quali bramerei avere il più frequente possibile, lei sa quanto
m'interessino. Quanto poi alle notizie politiche, caro Frangipane, non me ne
dia di quella specie, non già ch'esse non possino interessarmi sommamente se
vere, ma nel caso contrario esse non possono che rattristare maggiormente ;
faccia adunque una scelta di nuove, che possano essere credute e me le faccia
pervenire il più presto possibile ed avrò cosi due piaceri nel medesimo tempo,
quello di avere di lei nuove e quest'altro che sicuramente stuzzica la
curiosità anche nelle persone le meno ansiose di sapere ciò che succede a
questo mondo. M'ero proposta di non parlarle di quella famosa lettera del trenta, ma siccome le donne
hanno già la taccia di non sapere tacere ed altronde essendo persuasa che
ancorché io derogassi dalle altre non potrei togliere la taccia che ci è data,
voglio per conseguenza ancor io niente tacere. La sappia adunque, mio sig.
Conte, ch'io mandai molte volte alla Posta, e che questa famosa lettera che si vuol scritta il
trenta non arrivò qui che il dieci corrente ; mi dica lei ora dove e cosa posso
aver ragione di credere, e mi troverà docilissima purché la cosa non sia in
contrasto coi fatti. Per altro la sappia che la sola maniera di disarmarmi è il
darmi con frequenza e sincerità le nuove della nostra Principessa; granché che si
desidera senza che ci si accorci la vita desiderando che passino con velocità i
mesi; io vorrei già vedere fuori di puerperio la Principessa ed avere cosi una
maggior tranquillità sul suo conto. Mi accorgo di essere molto lunga, il Ciel
voglia che lei non ci soggiunga noiosa. Mi creda intanto con vera amicizia
Parigi lì 4 maggio 1814.
Carissima moglie
Ho ricevuto delle notizie da Milano, ma
non già delle tue. Milano è nell'inganno, egli è ben doloroso
il doverne sortire quando l'inganno è dolce. Noi siamo
venduti, sorte ben fatale per chi ha fatto scannare cento mila
vittime in sostegno di tutt'altra causa che la propria. Un mese
prima eravamo ancora in tempo per fare qualche passo alla
nostra politica esistenza ; ora non ci resta che ad implorarla Ci
verrà essa accordata? L'Austria è l'arbitra, la padrona assoluta
dei nostri destini. Stordita Nazione, ha bisogno di esser
condotta colla catena, e col flagello ! Ventiquattro anni
di disastri non l'hanno ancora resa alla ragione. Ma l'orgoglio,
ma la vanità francese è bassa. Il mio servitore ottiene più
colla sua barbara non in-tesa favella, che non s'otterrebbe con le
vie più energiche di persuasione. Si obbedisce tremando a chi
parla una lingua straniera; non sta questo avvantaggio per
1'Italiana; ahi che non è a lei serbato che l'obbedire e non
già il farsi obbedire! Di loro che non meriterò certo i loro rimproveri,
che o vivremo felici insieme, o piangeremo il nostro danno, ma non la nostra
colpa. Fa per mia parte tutto ciò che si deve alla famiglia, e credimi con
sentito e tenero amore
F. Gonfalonieri.
Milano il 21 luglio 1818.
Caro Federico, Ho ricevuto jeri l'altro la tua lettera
del 14, la mamma grande è stata assai contenta della tua lettera, e
ci rallegrammo scambievolmente nel sentire le tue buone nuove. Essa m'impose di
dirti mille cose, che sta benissimo, che parte il 27 per Carate, e che non ti
scrive perchè questo l'affatica di troppo. Ti accludo un bigliettino per il mio
calzolaio, nel quale gli ordino alcune paia di scarpe, che ti prego di portarmi
e di pagare. Luigino ha avuto due giorni di febbre, ora
sta bene. Brème parte domani per Balbianino ', ove conta passare due mesi. È
sortito un sermone sulla poesia di Giovanni Torti 2, diviso in quattro
capitoli, parla nel primo della poesia classica, nel secondo della romantica,
nel terzo della mimica, nel quarto dell'amore. I versi sono trovati bellissimi.
Questo nuovo componimento desta un'altra volta gli alterchi dei romantici e dei
classici. Avrai sentito dalla Bubna il ridicolissimo lieto fine che si è voluto
dare al ballo della Vestale l'ultima sera, veramente degno del teatro della
Stadera ; si era sparso che la poesia fosse di Monti; ma poi si è verificato
che non è sua, era troppo cattiva per poterla credere composta da lui. Tuo
padre, tua madre, i tuoi fratelli, Brème e tutti gli amici ti salutano. Addio,
mio caro Federico, credi alla sincerità dei miei sentimenti.
La tua aff.ma moglie.
Il 26 settembre del
1830 Teresa muore in Brianza a quarantatré
anni. Federico le aveva inviato un biglietto che arrivò a destinazione dopo
quattro mesi, dove scrisse:
“Ricordati, ricordati anima mia che la tua
conservazione è la mia vita. Pensa che tu hai dato tutta te stessa all’idolo
del tuo cuore, che ora la tua conservazione è tutto ciò che egli vuole.”
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