Donatella Bisutti, la poesia e il suo centro
Donatella Bisutti, milanese, narratrice, saggista. E’
giornalista professionista, ma è soprattutto una delle voci poetiche più significative
della letteratura italiana contemporanea. La sua poesia è fatta di silenzi che
diventano intensità dove la mente respira e incontra la bellezza come puro
esercizio di sopravvivenza, entrando nella vertigine del vero e dell’arte. Ho avuto modo di incontrarla più volte: è spiritosa, allegra, con un entusiasmo per la vita disarmante. E' una delle voci poetiche italiane contemporanee che sento addosso, dentro, sulla pelle.
In occasione della Giornata
Mondiale della Poesia, lo scorso anno, su invito della Casa della Poesia del Marocco, il poeta
ha scritto un messaggio diffuso nelle scuole, istituzioni e TV in tutto il
mondo arabo, secondo una tradizione annuale a cui in passato hanno già aderito
tra glia altri, i poeti Giuseppe Conte e Yves Bonnefoy.
La poesia può salvarci la vita? Questa domanda fa eco al titolo di un mio
libro fortunato, che si intitola appunto
La poesia salva la vita. Titolo che vuole
affermare una verità in cui io credo fermamente: e cioè il carattere
taumaturgico della poesia. A patto però di avere ben presente che la poesia, intesa in questo senso, non è qualcosa al di fuori di noi bensì
qualcosa che è dentro di noi, che fa già in certo modo parte di noi dall’inizio,
fin dalla nostra nascita, in quanto possibilità innata di un approccio
alla realtà profondamente diverso da quello che ci viene poi appreso nel corso
di una spesso fuorviante educazione ( da e-ducere latino, trarre fuori, e
quindi anche “fuori strada”). Perché la poesia ci mette davanti all’esistenza
di quel mistero di cui ha tanto scritto il filosofo rumeno Lucian Blaga. Ci
mette davanti al significato profondo della realtà, dando un senso al continuo
intrecciarsi incomprensibile della vita
e della morte. La poesia è la parte “magica”di noi, che dobbiamo scoprire, o
riscoprire. Con particolare urgenza oggi
, quando sembra per lo più giacere sepolta sotto cumuli di detriti. E così il
più delle volte non emana nemmeno un debolissimo raggio della sua luce e
noi le viviamo accanto del tutto
inconsapevoli. Il mondo sembra infatti aver
perso la sua chiave magica, scambiandola con una card che apre centri
commerciali, negozi di lusso, centri di fitness, realtà virtuali, su fino alle
stanze dei bottoni: la card del benessere, del lusso, del potere. Non
bisogna però pensare alla poesia con ad
una panacea per spiriti afflitti, o un tranquillante. E nemmeno con una droga. La poesia non è lì per
acquietarci, o per trasportarci in mondi virtuali. La poesia non è un’evasione,
un sogno. Se quello che vogliamo è
evadere, stordirci, possiamo trovare intorno a noi mille proposte diverse, ma tutte ingannevoli. La poesia invece ci
vuole consapevoli. Più consapevoli. E’ qualcosa che ci stimola, che ci dice che non dobbiamo fermarci alla
superficie delle cose, alle loro apparenze. Perché quello che veramente conta,
per l’essere umano, si trova al di là di esse. Quante persone oggi cercano vanamente surrogati di una felicità
irraggiungibile e per questo soccombono? Quanti
vivono in modo disarmonico, pericolosamente dissociati da quei ritmi
profondi ed eterni che dovrebbero scandire la vita dell’uomo? Quanti si fanno prendere dal panico perché la vita e il mondo sembrano essere
privi di centro, non avere un senso? I valori etici, e anche i valori sociali, umani, familiari sono sempre più sbiaditi. La poesia invece ci
riporta verso un centro, perché ci mette in contatto con la parte più profonda
di noi, ed è lì che possiamo trovare quel cordone ombelicale che unisce
l’uomo all’universo che lo circonda.
Solo scendendo a questa profondità possiamo scoprire e attivare tutte le nostre
potenzialità, che vanno ben al di là del nostro intelletto razionale e hanno
a che vedere con l’immaginazione e con
l’intuizione creatrice. L’esistenza di un centro interiore, in cui il
piccolissimo si può coniugare con l’immenso, è quella per cui Omero definiva
Eumeo “divino”, benché fosse solo un umile guardiano di porci. Quella in cui
anche noi possiamo ritrovarci “divini”. Ed è proprio di entrare in
contatto con questa nostra qualità “divina” che abbiamo soprattutto bisogno.
Non dobbiamo lasciarci allettare da un pensiero utilitaristico, teso all’unico
scopo di arrivare, attraverso la scienza e la tecnologia, a dominare il mondo.
A possedere dei beni. Il benessere materiale ha certo importanza, ma se
diventa l’unico scopo, o lo scopo predominante , rischia anche di proiettarci
nell’assurdo , nell’aridità spirituale, nell’aggressività e in definitiva nella
distruzione , in una dimensione, appunto, simile a quella fittizia ed esaltante
della droga. Il linguaggio della poesia non vuole catalogare, separare,
definire, e non procede per schemi e
contrapposizioni. Questo tipo di linguaggio produce fratture permanenti e insuperabili. Questo linguaggio,
legato alla materialità dell’Avere, rischia oggi di distruggere non solo noi stessi ma anche il nostro
pianeta. La poesia invece, attingendo alle qualità originarie e ancestrali di
un linguaggio fatto di parole che sono insieme significato ed emozione,
non separa, ma ricompone la nostra
totalità psichica, ci riconduce a una
unità, ricordandoci che l’uomo è una creatura insieme di gioia e di dolore, di
pensiero e di sentimento, di intelletto ma anche di cuore, e il cuore vive di misteriose corrispondenze. E ci insegna, queste
corrispondenze, a farle - a rifarle
nostre. Al posto della scienza, mette la Sapienza.
Questa è l’indicazione preziosa e insostituibile che il suo linguaggio
“magico”, a cui nessun altro assomiglia,
l’unico capace di coniugare la nostra mente raziocinante con il nostro
inconscio profondo, quello in cui la nostra anima si congiunge all’”anima del
mondo”, quella di cui parlava il
filosofo greco Platone e in tempi più vicini a noi il grande poeta irlandese
Yeats. In questo senso penso che la
poesia può aiutarci a salvare la nostra vita, arrestando il cieco e disperato
istinto di fuga che nasce in noi come frutto della separazione e
dell’estraniamento, del non saper accordare armonicamente le esigenze del
nostro corpo con quelle del nostro spirito. L’approccio alla realtà di cui la
poesia ci dà la chiave ci permette di riscoprire nell’uomo una dimensione di
grandezza, quella che ben conoscevano gli antichi, ma che troppo spesso e in
troppi luoghi del mondo la nostra contemporaneità minimizza e svilisce, con gli esiti
disastrosi che sono ogni giorno di più sotto i nostri occhi. (Donatella Bisutti)
La sua magnifica Lectio Magistralis tenuta a Monza, in Confindustria e promossa dalla Casa della Poesia di Monza, ha richiamato la presenza di oltre un centinaio di studenti dei licei monzesi.
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