Guido Oldani e la teoria del Realismo Terminale
Solo
la poesia riesce a trovare ancora la verità nella dura realtà di oggi.
Il mondo soffre di bulimia e si nutre
sempre più di oggetti. Fare
il poeta è molto difficile, è più difficile che fare l’imprenditore. Tanti
anni fa mi sono ritrovato a scegliere da che parte stare. Ho scelto di fare il
poeta, di stare dalla parte della poesia. Sapevo che sarei andato incontro ad
una vita non facile ma di certo avventurosa e affascinante. La mia vita di
poeta non la cambierei mai con quella di nessuno. Io diffido di tutti quelli
che non hanno mai scritto una poesia. Viviamo purtroppo, in un mondo complesso, pieno di mascalzoni dove la maggior parte delle persone vive senza dignità.
Viviamo accanto a tanti caproni. Paolo Villaggio aveva capito tutto. Aveva
capito cos’è l’animo umano, con le sue contraddizioni, con la sua
vigliaccheria. Il Nobel per la letteratura sarebbe stato più giusto darlo a lui
e non a Dario Fo. Rincorrete i vostri sogni anche a costo di pagare sulla
vostra pelle pur di conquistarlo.
Oldani ricorda un episodio accaduto a Bologna, dopo una conferenza tenuta presso l’università. Stava mangiando insieme ad un amico in una di quelle trattorie che predilige, di quelle con le tovaglie a quadrotti rosse e bianche. Una ragazza lo riconosce e gli si avvicina. Gli chiede se nel mondo della poesia ci fosse posto per lei. E’ un po’ come se io venissi in Confindustria e chiedessi un posto di lavoro- sottolinea con forza il poeta- Le ho chiesto che posto occupasse la poesia nella graduatoria dei suoi valori. Mi ha risposto che al primo posto c’erano gli studi, al secondo il fidanzato, al terzo la poesia. Le ho detto con tono sgarbato di non farmi perdere tempo e sono andato a sedermi davanti al mio piatto di pastasciutta che, nel frattempo, si era raffreddato. Il mio amico, un po’ sbigottito, mi fa notare che non mi aveva mai visto così scortese con qualcuno. Gli ho risposto che quella ragazza avrebbe fatto perdere tempo a me ma soprattutto avrebbe perso del tempo lei. Oggi mi accorgo di vivere una nuova fioritura dell’anima. Più incontro persone e più penso che il mondo sia meraviglioso se affrontiamo cose vere con verità di pensiero. L’introduzione della dott.ssa Laura Cesana su Talete mi ha dato l’incipit su alcune riflessioni. Talete ci ha messo la faccia, ha creduto nel suo progetto. Talete non faceva il mugnaio di professione eppure aveva capito benissimo come investire in un’idea che gli avrebbe fruttato danaro e successo. Aveva avuto fiuto, aveva rischiato.
Il messaggio del poeta è forte, di grande impatto sugli studenti. Oldani non è convinto che basti soltanto essere intelligente per affrontare al meglio il proprio futuro. Secondo il poeta è necessario avere fiuto per capire qual è la propria strada da intraprendere. Afferma di essere stato sempre dalla parte dei perdenti perché i grandi perdenti perdono ma non sono perduti e si augura di poter essere sempre un perdente ma mai un perduto. Quando si è vincenti è meglio preoccuparsi e chiedersi in cosa si è sbagliato -continua - Abbiamo bisogno di solitudine. Io vivo senza televisione per scelta, ho deciso di vivere alimentandomi della mia solitudine che mi fa pensare e riflettere. Dovete sapere che nella prima parte della vita impariamo quello che non sappiamo, nella seconda parte insegniamo quello che non sappiamo.
Oldani ricorda un episodio accaduto a Bologna, dopo una conferenza tenuta presso l’università. Stava mangiando insieme ad un amico in una di quelle trattorie che predilige, di quelle con le tovaglie a quadrotti rosse e bianche. Una ragazza lo riconosce e gli si avvicina. Gli chiede se nel mondo della poesia ci fosse posto per lei. E’ un po’ come se io venissi in Confindustria e chiedessi un posto di lavoro- sottolinea con forza il poeta- Le ho chiesto che posto occupasse la poesia nella graduatoria dei suoi valori. Mi ha risposto che al primo posto c’erano gli studi, al secondo il fidanzato, al terzo la poesia. Le ho detto con tono sgarbato di non farmi perdere tempo e sono andato a sedermi davanti al mio piatto di pastasciutta che, nel frattempo, si era raffreddato. Il mio amico, un po’ sbigottito, mi fa notare che non mi aveva mai visto così scortese con qualcuno. Gli ho risposto che quella ragazza avrebbe fatto perdere tempo a me ma soprattutto avrebbe perso del tempo lei. Oggi mi accorgo di vivere una nuova fioritura dell’anima. Più incontro persone e più penso che il mondo sia meraviglioso se affrontiamo cose vere con verità di pensiero. L’introduzione della dott.ssa Laura Cesana su Talete mi ha dato l’incipit su alcune riflessioni. Talete ci ha messo la faccia, ha creduto nel suo progetto. Talete non faceva il mugnaio di professione eppure aveva capito benissimo come investire in un’idea che gli avrebbe fruttato danaro e successo. Aveva avuto fiuto, aveva rischiato.
Il messaggio del poeta è forte, di grande impatto sugli studenti. Oldani non è convinto che basti soltanto essere intelligente per affrontare al meglio il proprio futuro. Secondo il poeta è necessario avere fiuto per capire qual è la propria strada da intraprendere. Afferma di essere stato sempre dalla parte dei perdenti perché i grandi perdenti perdono ma non sono perduti e si augura di poter essere sempre un perdente ma mai un perduto. Quando si è vincenti è meglio preoccuparsi e chiedersi in cosa si è sbagliato -continua - Abbiamo bisogno di solitudine. Io vivo senza televisione per scelta, ho deciso di vivere alimentandomi della mia solitudine che mi fa pensare e riflettere. Dovete sapere che nella prima parte della vita impariamo quello che non sappiamo, nella seconda parte insegniamo quello che non sappiamo.
Poi
ricorda le persone che ha incontrato, dal presidente di Confindustria Squinzi,
uomo semplice, con una testa di prim’ordine. Lo stimo molto. I poeti sanno tutto, le
persone importanti si raccontano ai poeti. Ricorda Federico Giancarlo Buzzi
che vive grazie al reddito che gli ha procurato Adriano Olivetti, l’economista
Federico Caffè che insegnava alla
Sapienza. Oldani racconta che un giorno disse ai suoi studenti che dei
finanzieri conoscevano nomi cognomi e soprannomi. Federico Caffè qualche tempo
dopo è sparito, non si sa che fina abbia fatto. Il tono cambia, sopraggiunge la
preoccupazione per i tanti personaggi
che vede infiltrarsi nelle varie fondazioni. Sono persone che organizzano
mostre internazionali, concerti; vengono da ambienti molto strani, non si
capisce chi siano in realtà. Ricorda
il generale dei carabinieri Gregorio Paissan che, durante un viaggio in
macchina, gli chiese di raccontargli la sua visione del mondo. Le persone sono
curiose di conoscere il pensiero di un poeta anche perché i poeti hanno la
licenza di uccidere. Ho rischiato tante
volte querele o denunce per aver detto la verità del mio pensiero- sottolinea
Oldani -Fino a questo momento non mi
hanno ancora arrestato. Io continuerò comunque ad essere libero di pensiero di
parola.
Dichiara
di non amare i magistrati con le loro assurde toghe nere , di aver fondato il tribunale della poesia, di
desiderare una giustizia italiana che possa funzionare come ai tempi di
Pericle. Se si vuole incastrare qualcuno,
oggi, è molto facile: basta dire che seduco i gatti del mio vicino di casa –continua- E’ bello il mio mestiere. E’ bello poter
affermare le proprie idee, il proprio pensiero, ma se mi dovesse succedere
qualcosa venite a portarmi le arance.
Per
alcuni mesi, dal 1 gennaio fino a fine marzo, il poeta ha tenuto su Avvenire
una piccola rubrica che si chiamava La
botola del cielo. Il
mio linguaggio è greve- racconta- altrimenti divento un pasticciere. A volte ho l’impressione di vivere
in una fogna. Per poter guardarci dentro bisogna alzare una botola. Se
solleviamo invece una botola all’incontrario arriva di sicuro un raggio di
sole.
Così
nasce il titolo della mia rubrica. All’inizio avevo proposto all’editore Le scarpe del papa. Il titolo mi era
venuto in mente guardando le scarpacce di papa Bergoglio, che io amo molto. Il
direttore dell’avvenire Marco Tarquinio è un uomo di coraggio, lo ringrazio
molto per non avermi mai censurato. Per mia scelta, è stata letta, qualche
giorno fa, all’Abbazia d Chiaravalle la mia Via Crucis e non a Sant’Ambrogio a
Milano. Penso che nella periferia il mondo dia ancora il meglio di sé. Ed è
proprio in quei luoghi dove ci sono sciagure, dove vivono i senza tetto e i
poveri che penso sia ancora custodito una parte di mondo non ancora alterata.
Per questo motivo ho scelto di vivere a Melegnano e non a Milano. Anche
stamani, l’idea di essere a Monza e non nel centro di Milano mi rende felice.
La provincia è il nostro substrato, l’incontro con voi è molto importante.
Giancarlo Maria
Bregantini, vescovo di Locri, ha scritto
quest’anno la Via Crucis per il Vaticano. Bregantini è un uomo che ha subito
minacce molto gravi ma non si è mai piegato alla ndrangheta. I malavitosi gli
hanno tagliato tutti gli ulivi.
Ricordate che è molto più facile fare carriera per sé che cambiare una
pagina del mondo. Senza cultura non esiste nessuna civiltà,
nemmeno quella industriale.
Questo
nostro tempo sottolinea il poeta, è quello del Realismo terminale, del mescolamento dei nostri corpi con gli
oggetti. I popoli si accavallano nelle
città perché sono piene di oggetti . 4 miliardi di persone su 7 si accavalcano
nelle città ogni anno. L’oggetto è diventato il padrone e il soggetto e noi
siamo diventati il complemento oggetto.
Tutto questo ha portato un mutamento antropologico fondamentale. Poi
si sofferma sulla similitudine rovesciata.
Le similitudine hanno sempre avuto
come termine di paragone la natura: sei
bella come il sole, sei vellutata come una pesca. Oggi è sempre meno la
natura il riferimento, ma è sempre più l’oggetto. Sei calda come un piumone; questo
amore è una camera a gas, è un palazzo che brucia in città (G.Nannini); sei come la mia moto (Jovanotti). L’amico
Beruschi gli dà di gomito al passaggio di una bella ragazza: guarda che carrozzeria; Matteo Renzi, il
Presidente del Consiglio, non rottama un albero, un tacchino, ma un politico che
paragona ad un’automobile; il nostro
cuore è come un mercatino (papa Francesco).
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