La bella incantatrice
Se qui c’è uno che sa le
lingue andate a chiamarlo
è arrivato il cantastorie
e ha molte cose da dire
Correte, correte, venite a me, questa
storia è un viaggio fantastico
Primo quadro
C’era
una volta una bella incantatrice, la donna più bella che si fosse mai vista.
Sapeva cantare, suonava il flauto e
conosceva il linguaggio dei fiori e il loro significato: il ciliegio era per la
felicità, il narciso per la gioia, il loto per la purezza e la verità. Le gemme
di melagrana portavano la fertilità, le olive l’onore e le pigne lunga vita e
ricchezza. Girava nel bosco alla ricerca delle foglie e delle radici di belladonna per rendere più brillanti i
suoi occhi. Ogni mattina, quando si alzava dal letto, la sua dama di compagnia
aveva l’ordine di dire: ecco che si
sveglia la donna più bella del mondo che apre gli occhi e guarda il regno della
sua bellezza. Tutti
i giorni, al sorgere del sole, si intrecciava i lunghi capelli d’oro e il
principe dei poeti la contemplava, da lontano, in adorazione. Affacciata
al balcone la bella incantatrice si
sporgeva dal davanzale su un cuscino di velluto rosso affinché il mondo intero
potesse ammirarne le sue grazie.
Secondo quadro
Portatele delle poesie - diceva il principe – portatele dei fiori o
imparate bene un madrigale. Ditele che il mio cuore è triste se non vede i
suoi occhi brillare. Ditele che i miei occhi offuscati dalla sua bellezza
vogliono pascolare alla sua vista. Ditele che ho scritto per lei lettere e
poesie d’amore e che ogni sera sarò sotto il suo balcone e le canterò lunghe serenate d’amore. E
così fece, il principe dei poeti. Per trecento notti rimase sotto il suo
balcone e le cantò i versi più belli che un innamorato abbia mai potuto
scrivere: intreccia il tuo nido negli
abissi dei miei occhi – cantava - o
esile corpo simile ad un alberello che cresce nel giardino del mio cuore! Alla sola vista di una goccia di sudore sul
tuo viso, io potrei morire
all’improvviso. Il principe dei poeti si
innamorò perdutamente della bella incantatrice di Monza. D’estate si
allontanava dalla Villa di delizia e si sdraiava nei boschi rapito dal ricordo
della sua immagine. Ascoltava il canto degli uccelli e si fermava a guardare
l’acqua del ruscello silvestre scorrere veloce sopra i ciottoli. E sognava. Sognava la bella incantatrice. L’adorazione per quella fanciulla dai capelli
d’oro era diventata un viaggio. Voglio il
suo cuore- ripeteva il principe al sole, alla luna e alle stelle.
Terzo quadro
A
mezzogiorno il bosco intorno alla Villa si colorava di un verde più intenso e
lasciava libera la mente alle favole e ai canti e a impossibili meraviglie. Nel borgo
vicino i polli, ancora vivi, battevano le ali con le zampe legate in attesa di
finire in pentola, i fagiani erano così grassi che si appollaiavano esausti sulle
cime degli alberi più alti e sulle rive del fiume sbocciavano d’incanto le rose
rosse e i tulipani. C’erano ruscelli dappertutto e buoni pascoli sui monti
vicini e piante di spirea dalla scorza rossa con cui si ricavavano frecce e manici
di frusta . In questo loco due begli occhi
legato m’hanno- andava cantando il principe dei poeti nel bosco ai
folletti, alle fate, agli gnomi e agli elfi accorsi per udire la sua voce. La
sera quando il mare era nero e il fuoco delle stelle apriva dei buchi nel
cielo, poteva trasformarsi in un leone,
un’aquila, un cane o una formica ma non riusciva, con le sue magie, a
conquistare il cuore della bella incantatrice. Così, ogni giorno che passava,
il principe diventava sempre più sconsolato.
Quarto quadro
Il
giullare di corte, vedendolo così triste, gli disse: - mio padrone, mio sovrano, se volete rubarle il cuore dovete mettere del
formaggio sul ponte e delle briciole di pane lungo la strada che porta al
fiume. I ratti elimineranno ogni ostacolo sulla vostra strada, finanche le
montagne, e le formiche eseguiranno tutti quei compiti che sono toppo delicati
per le mani dell’uomo fino a condurvi in cima alla montagna dove zampilla la
sorgente dell’amore. Una volta arrivato, dissetatevi e immergetevi nelle sue
acque pure e fresche. Il sole asciugherà le vostre vesti e vi donerà la sua
luce. Saranno i vostri raggi a scaldare il cuore della bella incantatrice di
Monza. Il
principe dei poeti si convinse e decise di seguire il consiglio del giullare di
corte. Mise del formaggio sul ponte del Lambro, delle briciole di pane nel
fiume, giù a valle, e seguì la strada lastricata di formiche. Una volta
arrivato in cima al monte, si dissetò e, stordito da così tanta pace, si
addormentò.
Quinto quadro
Nel
lungo dormiveglia, gli apparvero le
damigelle di corte: si muovevano descrivendo traiettorie che ricordavano il
moto delle stelle, le curve e i muletti dei corpi celesti che giravano intorno
al sole. Rapite dalla musica giravano, ondeggiavano e rimescolavano l’aria, trasformandola in una magica zuppa
insaporita di spezie. Il
cuore del principe riprese a battere, il sangue a scorrere e la lingua gli si gonfiò quando nella stanza vide una
candela accesa , nell’angolo nascosto, la donna più bella del mondo che gli servì
del vino in una caraffa di vetro dorato.
Sesto quadro
I
salotti avevano alti soffitti a cupola, affrescati con cherubini che volavano nel cielo blu e si affollano
intorno a materassi di nubi dove Ares e Afrodite facevano l’amore. Il principe
si sentiva come illuminato da un raggio di sole a mezzanotte. La donna più
bella del mondo era distesa sul letto, mangiava uva da una fruttiera. Era
vestita solo dei suoi capelli d’oro. La stanza era appena illuminata, una sola
candela diffondeva una luce fioca dal candeliere fissato al muro. Un fazzoletto
di seta, un medaglione con il ritratto di sua maestà, un libro esagonale e
rilegato in pelle.
Settimo quadro
Null’altro
vide. Intanto il sole saliva allo zenit, l’aria fremeva come un’antilope sulle
campanelle alle caviglie delle danzatrici. Le sete lucenti sventolavano come bandiere
dalle finestre del palazzo mentre i canti spezzavano i sigilli dell’universo e
facevano entrare la divinità del mondo.
Le poesie aprivano il cuore e la mente.
La corte si era affollata di forestieri esotici, di personaggi
impomatati, di mercanti segnati dal sole e dalla pioggia che indossavano
turbanti dorati. Il principe, con la coccarda e una giacca di broccato d’oro, portava
la polvere della terra conquistata agli dei che ballavano al suono dei flauti,
tanti, tanti, tanti flauti. Un’altra porta si aprì. Il principe entrò nella
stanza. Aveva atteso quel momento per trecento notti e trecento giorni. La
bella incantatrice di Monza era lì che lo aspettava illuminata da un raggio di
luna piena. Aveva lasciato cadere il
sottile velo di seta e liberò la sua bellezza. Il principe l’accarezzò per
tutta la lunga notte con gli oli profumati, alla luce della luna. Ma il sogno
era come una marea, cresceva e poi rifluiva e svaniva quando la grande ruota
aveva completato il giro.
Ottavo quadro
Così,
al suo risveglio, carico di luce e di sogni, il principe dei poeti ritornò
nella sua Villa di delizia, in attesa del giorno nuovo che arrivò quando il
fungo verde intorbidì l’acqua limpida del Lambro. Incominciarono così a corte i
preparativi per una grande festa alla quale avrebbero partecipato i nobili
delle Ville vicine e anche l’incantatrice dai capelli d’oro. Il principe con la
corona era in grande fermento. Entrò nelle stanze del re e lo informò del suo
segreto. Era una giornata ventosa e le tende finemente ricamate sbattevano come
vele trepidanti, agitando le ampie gonne delle cortigiane. Tutte le compagnie del vicinato vennero
a passarvi quella sera. La piccola orchestra era sulla loggia, nella grande
sala v’era il ballo. Nelle due stanze
libere a pianterreno le tavole de’ giuochi, nell’altra una cena campestre a cui
chiunque poteva partecipare, togliendo, senza formalità di sedere, da una mensa
ben fornita di deliziosi cibi freddi e di squisite bottiglie quanto
abbisognava. Il giorno finì a
mezzanotte con la bella incantatrice fra le braccia del principe dei poeti,
rapita dai raggi di sole che avevano riscaldato d’amore il suo giovane cuore.
Nono quadro
I
due innamorati si sposarono. In loro onore il popolo festeggiò per dieci giorni
e dieci notti. Per ringraziarli il re ordinò agli sposi di pesarsi dodici volte. Il loro peso in oro, seta, profumi, rame, ferro,
grano, sale e altri prodotti fu distribuito fra tutte le famiglie di Monza. Gli
allevatori di bestiame ricevettero tante pecore, capre, galline tanti quanti
erano gli anni compiuti dal principe. Un
grande numero di animali destinati al mattatoio furono messi in libertà così
avrebbero potuto giocarsi la loro possibilità di sopravvivenza. Il
principe era felice. Si sedette in cima al monte e ringraziò il sole. Ricordò
quando, durante il sonno, aveva sentito cantare la bella principessa che aveva
acceso il suo cuore. In quell’istante un fiore rosso di fuoco sbocciò sotto di
lui al bordo dell’acqua, in lontananza.
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