Ribellioni
E' in uscita il mio libro dal titolo RIBELLIONI, edito da Nemapress - Collana teatro. Due pièce teatrali che raccontano la storia di Artemisia Lomi Gentileschi e di Aurelia Josz.
Un'anteprima per i miei lettori: alcuni brani tratti dalla storia di Artemisia.
ARTEMISIA LOMI GENTILESCHI
E’
una puttana, esattamente come sua madre. <<
Tanti uomini andavano per chiavarla,
perché una volta mentre ch’io passavo di lì alzano gli occhi alla finestra
viddi che Artimitia haveva un braccio su la spalla a quel vestito di longo, (un
uomo con l’abito talare), e quando mi
viddero si retirorno, e lei mi chiamò poi la sera, che passavo di lì alla
finestra e mi disse che di gratia non dicessi niente di questo a suo padre.
Dunque, come potevo unirmi ad una donna simile?>>...... Una
puttanella, come tutte. Scalpellino, l’apprendista di Orazio, se l’era fatta.
Tutta la bottega se l’era fatta. Anche Pasquino, il capitano del porto di
Ripetta. Dalla morte di sua moglie Prudenzia, pace all’anima sua, si dice in
giro che il Gentileschi la spoglia per dipingerla. La rappresenta nuda, come
Susanna, come Maria Maddalena, la Maddalena prima della conversione. Questa
donna non dice la verità. Nella bottega di Antinoro, il mercante di colori,
quando ci riuniamo la sera, si chiacchiera e, come sempre a Roma, si parla di
crimini, di donne, di sangue e di fottere. E tutti gli artisti che hanno avuto
modo di incontrarla nella bottega di Orazio, sostengono che non era vergine,
che era una donna disonorata......
Un'anteprima per i miei lettori: alcuni brani tratti dalla storia di Artemisia.
ARTEMISIA LOMI GENTILESCHI
Nella
Roma della Controriforma nacque «L' unica donna in Italia che abbia mai
saputo che cosa sia pittura e colore, e impasto, e simili essenzialità...»,
scrisse di lei il poeta Roberto Longhi. Artemisia nacque un 8 di luglio,
trent’anni dopo suo padre Orazio, che la chiamò con un nome poco comune dovuto
alla sua madrina Artemisia Capizucchi, gran dama dell’aristocrazia romana. Donna
di talento ma soprattutto donna ribelle e di coraggio, Artemisia Gentileschi si
aprì ad una pittura della passione,
anticonformista per l’influsso stilistico rivoluzionario di Caravaggio e per
l’originalità e l’inquietudine che caratterizzano le sue eroine, ritratte
sempre in posizione dominante. Con la sua professione, da sempre preclusa alle
donne, Artemisia ritraeva donne che si distinguevano per la loro imponenza
fisica e il loro spessore morale. Nelle sue opere era il corpo a parlare,
diventando il fulcro della narrazione. Fu
contesa, come scrisse lei stessa, da «tutti li maggiori Potentati d' Europa»,
dai granduchi di Toscana, dal viceré di Napoli, a Carlo I d' Inghilterra.
Godette dell’attenzione di intellettuali e raffinati committenti: Michelangelo
il Giovane, Cassiano del Pozzo, Galileo Galilei. Fu considerata alla pari dei
più affermati pittori del tempo.......
Fu una pittora che sapeva dipingere come un
uomo. Allieva del padre da cui apprende il disegno anatomico e l'uso del
colore. Non ancora ventenne viene accolta alla corte di Cosimo II e della
moglie Maria Maddalena d' Austria, a Firenze, in una delle sue più splendide
stagioni. Apprezzata da Cristofano Allori che ne sostenne l'ingresso (unica
donna) all' Accademia del Disegno di Firenze. Di lei, nel corso dei secoli, si
ricorda soprattutto lo stupro che fu costretta a subire, all’età di diciotto
anni, da un collega di suo padre, poi processato......
Stavo dipingendo Tuzia, la nostra
fantesca e suo figlio. Erano modelli per un dipinto di una Madonna col bambino.
Il quadro stava venendo bene. E’ stata Tuzia, l’ha fatto entrare lei. Tuzia lo
conosceva. Agostino era un amico di mio padre. Era stato ingaggiato da mio
padre perché potesse insegnarmi la prospettiva. Ricordo che fuori la pioggia
batteva rabbiosa sulla strada e sulle case, cancellando la luce di quel
pomeriggio di maggio. I miei fratelli erano fuori, Orazio, mio padre, era
impegnato sul Monte Cavallo. In una parte lontana della casa lavoravano i
muratori. Avevano dimenticato aperto l’ingresso. Improvvisamente nella stanza
entra Tuzia con Agostino, amico e compagno di lavoro di mio padre a Monte
Cavallo. Agostino caccia via Tuzia, e mi spinge in camera da letto. Non sono
riuscita subito a capire quello che stava accadendo.......
Le mie mani tremano e insanguinano
la gonna. Agostino mi rivolge uno sguardo torvo, le guardie lo afferrano e lo
portano via. Attendo che la folla sciami ma una guardia mi spinge fuori con
tutti gli altri e devo camminare tra frizzi e insulti, con le mani sanguinanti.
Una volta in strada qualcuno mi getta contro la schiena qualcosa, non so cosa.
Non mi sono girata. Una volta arrivata a casa mi sono gettata sul letto e ho
pianto. Ho provato rabbia contro mio padre Orazio Gentileschi. Come ha potuto
lasciare che accadesse tutto questo? E
così il ricordo va alla mamma, alle lunghe scampagnate mentre lei ascoltava le
colombe, a mio padre che avvolgeva i miei piedi di strofinacci imbevuti di
salvia, alle sue canzoni d’amore che cantava agitando le braccia; ai racconti
sui grandi dipinti, lui seduto sul letto e io accoccolata tra le sue braccia,
mentre mi allunga qualche buccia di arancia candita. Mi raccontava di Rebecca
alla fonte di Nahor, di quanto fosse bianca la sua pelle: quando sollevava il
mento per bere si poteva vedere l’acqua che le scorreva in gola. Mi raccontava
di Cleopatra che navigava sul Nilo su un’imbarcazione ricolma di frutti e
fiori; di Danae e della sua pioggia d’oro, di Betsabea, di Giuditta, delle sibille,
delle muse, dei santi. Mi aveva fatto desiderare di diventare una pittoressa,
mi aveva insegnato come tenere in mano un pennello a cinque anni, come pestare
i pigmenti e mescolare i colori quando ne avevo dieci. Mi aveva dato un mio
pestello personale e una mia lastra di marmo. Mi aveva dato la vita. -.......
Il
sole di Napoli abbacina fra il calore afoso delle vie e l’umidità dei cortili.
Cattedrali, grandi residenze in costruzione, monasteri. La nobiltà spagnola e
l’aristocrazia napoletana rivaleggiavano e si misurano con la borghesia mercantile.
Il porto commercia con la Spagna ma anche con l’Oriente, con l’Inghilterra e
con le Fiandre. La città ha un numero impressionante di monaci, di sacerdoti,
di suore. Il clero, ansioso di mantenere i propri privilegi, non esita anche ad
insorgere contro la corte, il Palazzo Reale e gli Asburgo. Il popolo affluisce
in massa dalle campagne: una sola persona su tre ha un tetto a Napoli. La
plebaglia miserabile e sfaccendata vive nei recessi e nelle grotte e dorme in
fondo alle logge e sotto i portici. Artemisia
sceglie Napoli e non Londra. E’ sola, in quell’universo pieno di
contrasti, di violenze e di eccessi. Senza un marito, un padre, senza un
fratello, senza un uomo accanto. Vive l’amore con Maringhi in una sorta di
abbandono senza fine.......
Artemisia1 – il suo sguardo mi
sfiora le mani, mi accarezza il palmo, il polso. I suoi occhi si immergono a
lungo nei miei. Ogni contatto, ogni pur piccolo sguardo mi confonde, mi turba.
I baci sul collo, i sussurri, le labbra, la bocca contro il mio orecchio. Ogni
bacio è una promessa, ogni stretta sigilla un patto. Talvolta finiamo per
dimenticare il chiavistello alla porta. Ci abbandoniamo sul letto, nudi, fra le
lenzuola, ascoltando le raffiche di vento e le gocce di pioggia che
tamburellano come grandine contro le finestre. Sogno ad occhi aperti. Non c’è
niente che non ami più di quelle notti. Una sete inestinguibile che instilla il
filtro di Circe! Sento il desiderio di
lui passarmi sulla fronte, sugli occhi, sulle labbra. Non l’ho scelto per la
durata di una passione, ma per l’eternità. Le sue mani sul collo, sul seno. E
il desiderio sempre più crescente di serbare sulla mia bocca il calore del suo
sangue. Mio topazio di fuoco! Mia coppa d’oro! Mio veleno da bere fino alla
morte! Ho sete di te. Ti amo, ti voglio! ......
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