La signora Luisa Fortini - tratta da Bombalooo
Sentivo
le acque del fiume digrignare i denti nel lasciarsi imbrigliare dalle pale del
vecchio mulino mentre io me ne stavo, con le braccia intrecciate, ad osservare
la corrente che si percuoteva giù a valle. Alle
mie spalle, sulla protuberanza della collina, si vedeva la vecchia casa del
nonno Parmenide con le pareti tutte di pietra e le finestre lucenti. Il silenzio dei
primi giorni lo avvertivo troppo rumoroso, soprattutto quando calava la sera e
i suoni della campagna si spegnevano lentamente come candele lasciate accese.
Se era una serata fortunata, andavo in cantina a prendere qualche pezzo di
legna per accendere il camino intanto che il nonno masticava con buona lena.
Seduto nella penombra della stanza, mi soffermavo a fissare la fiammella che si
inerpicava danzando fino a quando le scintille si facevano più rade. Il nonno mi teneva
sveglio raccontandomi vecchie storie che terminavano immancabilmente con la
solita frase:
-Adesso dammi la
mano Attilio perché sono vecchio e devo andare a dormire.
Lo guardavo mentre
saliva le scale e provavo la sensazione che, in un istante, il nonno Parmenide fosse
invecchiato di anni. Aveva i capelli più grigi, il volto coperto da una barba
cespugliosa, gli occhi deboli sotto le palpebre rosse, ancora sorridenti. Ricordo che il
mattino dopo era domenica e, come tutte le domeniche, ci aspettava un breve
tratto di strada per raggiungere il piccolo borgo di Gesualdo. Il cappello nero
del nonno stava ad indicare un avvenimento, qualcosa che infrangeva la
quotidianità delle sue giornate di contadino. Era solito indossarlo in alcune occasioni. La messa della domenica
era una di quelle. Ci incamminammo di
buon’ora lungo la strada che costeggiava il bosco. Tutt’intorno il profumo
dell’aria fresca del primo mattino, dei pini che s’innalzavano come
grattacieli, del grano maturo. Era un camminare
piacevole, facile, sul terreno soffice dei prati e della terra battuta. Come erano
brillanti i colori! Il sole li ravvivava di una luce più nuova. In lontananza si
udiva il suono cantilenante dei campanacci che pendevano al collo delle mucche
al pascolo.
Dopo
un breve tratto di strada, arrivammo alla fine di un sentiero che obliquava
sulla destra. Le campane della chiesa avevano da poco smesso di suonare quando ci
imbattemmo nella signora Luisa Fortini. Quel giorno la
signora Luisa Fortini era vestita di verde e portava a tracolla una borsa scura.
La riconobbi dai capelli gonfi, pochi e senza vita che le cadevano sulle
guance. Non avevo una
grande simpatia per la signora Luisa Fortini. Mi infastidiva la sua risata
nervosa su quella faccia spigolosa dove spuntavano due occhi microscopici. Si intravedevano sotto un paio di lenti
spesse come due cocci di bottiglia. La signora Luisa
Fortini aveva dei piccoli baffi neri agli angoli della bocca che le facevano da
paravento. Che ridere…! Il nonno Parmenide
mi aveva detto che capita quando si diventa vecchi.
Detto questo, mi
diede un pizzicotto sulla guancia sinistra procurandomi uno strano formicolio. Tacqui
e abbozzai un sorriso guardando fissamente, con gli occhi senza sguardo, negli
occhi della signora Luisa Fortini. Avrei preferito
correre via come una faina, lontano da quella figura che s’innalzava su di me
come una torre pendente. Incominciai allora
a strattonare il nonno per la giacca fino a quando fu costretto, con evidente
imbarazzo, ad interrompere la discussione liquidando la Signora Luisa Fortini
con un saluto di circostanza.
Feci un cenno di
saluto muovendo leggermente la testa mentre la guancia ancora mi doleva e trascinai il nonno verso la via
Roma, costringendolo ad un passo più spedito. Mi voltai lentamente,
senza che lei se ne accorgesse, per osservarla mentre sgusciava con fatica
dietro la gelateria del signor Umberto Pazienza. Aveva un’andatura
a tratti claudicante. Faceva ricadere alternativamente il busto ora su un
fianco, ora sull’altro. Si capiva che quelle orribili scarpe col tacco erano
quelle della domenica. Rallentai per guardare meglio e la vidi scomparire
intanto che alzava la spalla nel tentativo di sistemare il manico della borsa
che le era scivolato. Tirai un sospiro
di sollievo e mi venne spontaneo pensare che forse ero fortunato a vivere in
città, lontano dalla signora Luisa Fortini. Non so se il nonno lesse nei miei
pensieri. So soltanto che esclamò con uno strano sorriso:
-Attilio, certo
che stamani la signora Luisa Fortini aveva i baffi più lunghi del solito.
La sua voce,
vicinissima, all’inizio mi fece trasalire. Poi scoppiammo in una risata fragorosa,
tanto che subito pensai: è davvero buffo il mio nonno!
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