Claudio Magris e il vivere intenso della sua scrittura



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Claudio Magris, scrittore e germanista, uno dei più autorevoli saggisti contemporanei; geniale studioso di letteratura mitteleuropea, erede della grande tradizione culturale triestina. Una delle lettere più belle che ho ricevuto da questa grande, immensa persona è datata 5 luglio 2011. 
 
Trieste, 5 luglio 2011
Cara Antonetta Carrabs grazie! E non solo per quello che mi dice, così generosamente e con tanta affettuosa vicinanza, di ciò che tento di scrivere, ma soprattutto per quei libri. Quei sogni come conchiglie sono uno di quei libri che non solo toccano di più il cuore, ma che corrispondono più al mio modo di sentire. Fin dalla mia adolescenza cercavo la poesia come espressione delle voci del mondo, cercavo di leggere le antologie che contenessero le poesie delle persone più famose e più oscure, i paesi più lontani ed ignoti, delle epoche più remote, giunte fino a noi. E questa antologia-questa Sua antologia, perché l’autore di un’antologia è chi dà forma, unità, totalità organica alle pareti che la compongono.- è una delle espressioni più grandi di questo senso della varietà e insieme unità del mondo. Qui appaiono nella forma più struggente, toccante e talora insostenibile, quella dell’infanzia esposta al dolore. In questo senso, quelle poesie dei bambini non hanno nulla da invidiare a  quelle di autori noti che le accompagnano. E non è un caso che sia stata Lei a creare questo volume, perché quelle Sue poesie, quel Suo Boncio, quel Suo vagare per i giardini delle Esperidi  e quel Suo maneggiare, non ci sarebbe quella ricchezza umana che si riversa- credo per una Sua interiore e assoluta necessità -nell’altro.
Grazie e un caro saluto. Buon tutto.
Claudio Magris

Leggere autori come Magris è anche amare la nostra letteratura e il nostro Paese, è sentire il valore irrinunciabile di una tradizione. Apprezzo la sua forza etica, l’amore per la verità, la singolare bellezza delle sue opere intrise di idealismo e di umanità. La storia letteraria di un popolo è la rappresentazione della vita spirituale dei suoi uomini che, attraverso la letteratura, riflettono le vicende della civiltà del proprio Paese e delle opere dei suoi uomini. La scrittura è il vivere intenso come viaggio continuo, come quello intrapreso nell’Ulisse di James Joyce. Un viaggio alla ricerca di se stessi per poi fare ritorno a casa, ma anche viaggio come fuga: l’essere qualcosa e poi diventarne un’altra. Un continuo viaggio fuori dalla vita vera, un viaggio in esilio  tra due verità: quella della fuga e quella della battaglia  in cui la verità, secondo lo scrittore, è l’esilio; dove l’individuo è una pluralità centrifuga, un arcipelago sparpagliato” e si muove nella realtà come Don Chisciotte nella Manica. Uno scrittore finisce sempre per svelarsi attraverso i suoi libri quando riflette e racconta le proprie letture di una vita, quelle che lo hanno aperto al mondo, cresciuto e formato.
La letteratura diventa per Magris un continuo viaggio fra scrittura diurna e notturna, in cui egli si batte per i propri valori e i propri dei, e quella notturna, una discesa agli Inferi- anche a quello che Flaubert chiamava la latrina del cuore dove ascolta e ripete ciò che dicono i suoi demoni, i sosia che abitano nel fondo del suo cuore, anche quando dicono cose che smentiscono i suoi valori.
Qual è la dimora di questo grande scrittore?  Quale la sua odissea letteraria?
Nella letteratura ci sono molte dimore, talvolta mi chiedo da che parte sto, se la mia storia è quella raccontata da Guerra e Pace oppure dalla Metamorfosi di Kafka o dall'Auto da fé di Canetti. Forse la mia odissea letteraria è quella che racconta il viaggio al nulla e il ritorno; forse per questo gli scrittori che mi hanno insegnato di più sono quelli che danno voce imparziale alle corde più diverse e alle passioni più antitetiche, alla fede e al niente -- come Singer, senza il quale non sarei quel che sono".
 
 
L’humus vitale in cui è cresciuto e fortemente radicato è Trieste. Una città in cui tutto è presente, tutto coesiste ed è contiguo: l’impero asburgico, il fascismo e il nazionalismo, la sapienza della mitteleuropea ebraica e l’intelligenza slovena e quella tranquilla del Friuli. Una città di frontiera intessuta di frontiere, così come la descrive lo scrittore nel suo discorso tenuto a Oviedo nell’ottobre del 2004, in occasione del prestigioso premio << Principe de Asturias >> a lui conferito: “.. sono nato e vissuto in una città di frontiera che, specie in certi anni, era essa stessa una frontiera, anzi era costituita e intessuta di frontiere che la tagliavano spiritualmente separandola da se stessa, la attraversavano come cicatrici sul corpo di un individuo…L’amore per l’Europa non presuppone alcuna miope superbia eurocentrica: il centro del mondo oggi è ovunque e non tollera alcuna iniqua dominanza di una sola parte del mondo…Europa non significa livellamento delle differenze, bensì un coro armonioso, in cui Oviedo non sarà meno spagnola né meno asturiana. Trieste meno triestina o italiana. L’unità non esiste senza diversità e viceversa. Dante diceva di aver imparato ad amare Firenze a furia di bere l’acqua dell’Arno, ma aggiungeva che la nostra patria è il mondo, come per i pesci il mare…”

                                                                                                          

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