La poesia è verità


Ama la verità a qualunque costo, compreso quello della vita. (Daniele Gorret)
Ho incontrato il poeta Daniele Gorret durante la Lectio Poe-Magistralis organizzata dalla Casa della Poesia di Monza.
 
Parlare di poesia è come parlare della mia vita. Ho sempre avuto un’attenzione verso la parola e il suono fin dall’infanzia soprattutto per ragioni linguistiche familiari. Vengo dalla Valle d’Aosta, con un cognome straniero. Non ho avuto una lingua materna, ma ben quattro lingue materne: la lingua valdostana di mia madre che parlava il piemontese, essendo nata vicino ad Ivrea; la lingua franco-provenzale di mio padre e il dialetto della Valle d’Aosta: una lingua incomprensibile per chi non la conosce, con dei suoni che non esistono né in italiano, né in francese. Sono nato in una regione italiana con una forte immigrazione interna, i miei compagni di scuola erano bergamaschi, calabresi, una tale torre di Babele che, per capirci, dovevamo fare appello alla lingua italiana nazionale;  il dialetto di mia nonna e per finire la lingua francese, non patriottica, la lingua del nemico che a scuola non potevamo usare. All’età di 8 anni decisi di inventare una mia lingua, la mia quinta lingua. Con l’utilizzo del dizionario italo-francese, sceglievo le parole e le traducevo nella mia lingua. Maturai nel tempo una vera ossessione per la lingua e per la parola. Viviamo oggi- continua Gorret- in un’epoca confusa, difficile. Siamo in un periodo buio, soprattutto per la poesia: mai nella storia del mondo la richiesta di poesia sia stata così bassa, come in quest’epoca che stiamo vivendo. Basta chiedere a una qualsiasi casa editrice il numero delle copie dei libri di poesia che vengono venduti oggi in Italia e si ha immediatamente la percezione di quanto disinteresse ci sia per la poesia. Si vendono  centinaia di milioni di copie di libri di narrativa, ma nessuna richiesta per i libri di poesia. Come mai?
 
 
Poeti come Luzi, Sanguineti, Zanzotto  se ne sono andati senza essere ascoltati dal popolo italiano. I poeti scrivono per il proprio popolo. Molti poeti della mia generazione stanno rischiando la stessa sorte, quella di non essere letti e ascoltati. La nostra epoca è quella che insegue il benessere materiale, fisico, psicologico, sessuale. Un ideale che accomuna tutti, dal novantenne al quindicenne. Tutto questo provoca tragedie in termini di disagio, di sofferenza tra docenti e discenti, tra genitori e figli. Sembra che il motto di oggi sia STARE BENE DURANTE LA VITA. E poi la politica,  la politica di oggi. Se gli italiani avessero una classe dirigente in grado prendersi l’onere e l’onore di guidare il nostro Paese, anche la poesia sarebbe inserita nelle loro agende, esattamente come per il pil. L’Italia di oggi, purtroppo, non ha classi dirigenti, ma classi di approfittatori. Nel mondo alto della politica di oggi, nella finanza alta, fra gli intellettuali alti si condivide solo un’idea. La poesia non produce PIL, non rende ricchi, non importa. Oggi c’è il disprezzo per tutto quello che non rende in termini di profitto. Io credo, invece, che sia questo il momento per fare poesia, proprio oggi che la poesia è snobbata dal potere, proprio oggi che è umiliata. Durante la campagna per le ultime elezioni presidenziali francesi un politico, invece di parlare di pil durante un comizio, recitò una poesia. Fu subito scandalo. Il giorno dopo la stampa francese l’attaccò: aveva soltanto la colpa di aver recitato dei versi di un grande poeta francese. Io penso che la poesia italiana di oggi abbia tutti i numeri per contare. Di solito quando si tocca il fondo si ha la forza di rimbalzo; durante una crisi, una volta toccato il fondo, si può rimbalzare. E allora tocca a noi, a tutti noi che amiamo la poesia fare in modo di coltivarla, di narrarla, perché mai come in questo periodo la poesia è libera. Oggi che al potere non interessa la poesia è totalmente libera e potente di fronte ai poteri economici e politici. La poesia è verità, la poesia racconta la verità al mondo. In un mondo in cui tutto è relativo, se non coltivi questa relatività sei un brontosauro. Il poeta, a differenza degli altri, non ha paura di essere fuori moda, di essere contro la moda del potere.

Non esiste, oggi, un linguaggio che abbia la forza della poesia: non ce l’ha il linguaggio politico falso, non ce l’ha il linguaggio della scienza, arrogante, non ce l’ha il linguaggio della finanza, ingannatore. La poesia invece ce l’ha perché non può sopportare l’ingiustizia del mondo. Il mondo è nelle nostre mani, ogni atto di ribellione è già poesia, un semplice NO è un verso di poesia. Io non ci sto che tutto il mondo sia solo risorsa, acqua, beni artistici. La poesia mi fa venire in mente una strana lingua- prosegue Gorret- che non è più prosa e non è ancora musica: in mezzo alla musica e alla prosa c’è una potenza terribile.  Il poeta sente la poesia ovunque nel mondo: nella filastrocca di un bambino c’è poesia, nell’urlo del condannato ingiustamente c’è poesia, nella bellezza della lingua morta come il latino c’è poesia, nella canzone popolare c’è poesia, anche in una canzonetta ci può essere poesia. Scrivete poesia, ma prima di scriverla fate un’operazione di declassage: togliete quella patina di sporco, di unto appiccicato alla parola e ridatele la pulizia, la trasparenza non inquinata dall’uso.  Studiate l’etimologia della parola e combattete il linguaggio fisso dei politici, dei giornalisti. Combattete il loro linguaggio stereotipato che non fa di loro degli uomini liberi. Fatela risorgere, dategli luce, andate verso le cose, lasciatevi ospitare dalle cose che il mondo di oggi rifiuta. Se lo farete, sarete dei rivoluzionari.

 

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