Nenne Sanguineti Poggi
Piedi leggeri graffiano la
sabbia
come zampe d’uccelli
mani leggere muovono un
saluto
fra sorrisi bianchissimi
che segnalano il viso.
A marzo
una coltre di alberi
azzurri
fiorisce l’altipiano
( Nenne
Sanguineti Poggi )
Non tutti la conoscono, non tutti hanno avuto la fortuna di incontrarla sulla propria strada. Vi assicuro che Nenne Sanguineti Pogginon passava inosservata. Era forte, austera, coraggiosa. Era una grande artista che ha lasciato nel mondo innumerevoli segni della sua arte.
Nasce a Savona nel 1909. Trascorre oltre trent’anni in Eritrea dove esegue per il governo etiopico e per privati ampie decorazioni murali per palazzi di rappresentanza, scuole, banche, hotels, cappelle pubbliche e private, chiese e abitazioni: in mosaico, ceramica, guazzo ed altorilievo in cemento. A lei fu dato l’incarico di raccontare sulle pareti del Tabot ( Santa Sanctorum) della chiesa di Santa Maria, in Axum, la città Santa. Tessera su tessera, uno per uno, realizzò l’incontro della Regina di Saba con il Re Salomone, poi col figlio di lei Menieleck quando le consegna in Axum l’Arca Santa.
A lei fu dato l’incarico per la decorazione di
Rientrata definitivamente in Italia, si stabilisce a Finale Ligure e continua a raccontare la sua Africa attraverso frammenti di antichi codici miniati etiopici: dove Oriente ed Occidente entrano a far parte dello stesso sogno, della stessa ricerca di un’unica sacralita. Pubblica nel 2006 Di che colore dipingersi? Una biografia intrisa di memorie, impressioni, esperienze di oltre novant’anni di vita. Muore a Finale Ligure nel pomeriggio della domenica delle Palme del 2012 ad un mese dal suo 103° compleanno. E' stata assolutamente indipendente fino alla fine.
Le mancava la sua Africa. Fino alla fine ha dipinto i colori di quella terra di sole. Li ha ricomposti su un tessuto geometrico, imprigionandoli affinché non le potessero più sfuggire. Le sue opere dalle grandi linee morbide in cui si intravedono gli angeli di Lalibela, i suoi angeli, sono gemme. Opere in cui si percepiscono le note di strumenti musicali primitivi, i canti
delle donne, il tonfo sordo, ritmato, continuo, ossessivo dei coboro che
punteggia la notte africana fino all’alba.
Nel maggio del 2008, per il suo novantanovesimo compleanno, le ho regalato dei versi.
Cerchio dopo cerchio
nelle iridi libere dell’estate che avanza
l’ora nuova intesse novantanove cieli di primavera
E’ appena sera
e l’acqua è più plumbea sulla terra di Finaleche brulica di vento vespertino
e avanza col suo canto
fra i sorsi d’ombra e lo scintillio dei suoi borghi.
La valle di ponente da quassù si getta in mare
con le sue
rivierasche
Tra gli ulivi e le erbe abbuiate che mormorano di grillil’aria ha l’odore del fiorire degli alberi.
E' un liquido bisbiglio.
Tutto si compie!
In questa natura inseminata
l’anima del
mondo risponde per tutto il lungo tratto
prosegue
poi avanza regolarmente nell’ordine universofin lungo il fianco scosceso del costone.
Occupo di nuovo l’aria
che mi spira in viso un’insistente ambrosia
e mi viene incontro il ricordo del cuore nel suo passato incancellabile
Lo intravedo appena dentro quei cieli d’Africa
che tendono verso di me le braccia.
Questi richiami tremiti dei rami
che ho dipinto tra estasi e
subbuglio
mi sradicano verso ogni punto di quella terra lontana e il calore della sua luce che arrossisce a sole alto
ad ogni alba nuova.
La luce! Non le è pari l’aria!
Di lei meglio di me direbbero loro i miei angeli.
E’ plenitudine
è l'universa fronda d’oro tra cielo e terra
nell’infinito spazio e la sua creazione.
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