Recensione del libro SPADE di Giovanni Gastel Junior
Abbiamo incontrato Giovanni Gastel Junior, l’autore di “Spade”. Cresciuto in una famiglia
dell’alta borghesia milanese, lo scrittore racconta in rassegna, tramite una
vivisezione, i momenti salienti della vita del protagonista, le sue trasgressioni a base di
droga e alcool. La prima comunità ancora diciassettenne dopo aver fatto
l’equilibrista tra la vita e la morte per i collassi causatigli dalle sostanze
stupefacenti, fino alla comunità canadese e il lungo peregrinaggio verso la
disintossicazione. Toccante la parte finale del libro dove viene descritto il
suo distacco con una lettera di addio alla droga. La malinconia e la
depressione, l’adrenalina porta il protagonista in una continua dimensione di
solitudine estrema. Solo all’estero matura la passione per la lettura con i
libri inviatigli dalla madre. Un continuo bisogno di annichilirsi per poi
ripartire e risorgere, ogni volta, come una fenice. Interessante il confronto
tra le comunità italiane e quelle canadesi, tra la disciplina ferrea e il
bisogno di regole quasi militari. Credo che il miglior elogio che si possa fare
a questa pubblicazione consista nel messaggio di speranza che l’autore manda a
tutti i giovani per fare in modo che evitino percorsi così dolorosi e, nel
tentativo di convincerli, oggi si sta impegnando personalmente ad incontrarli
nelle scuole. Ascoltare la sua storia mi ha fatto rivivere situazioni trascorse
con ragazzi e ragazze che purtroppo non ce l’hanno fatta ad uscire da questo
vortice della tossicodipendenza. Oggi l’autore è sposato e, nonostante le sue
drammatiche vicissitudini, ce l’ha fatta. Ci ha trasmesso la sua umanità e la
fiducia recuperata in se stesso. I detenuti si sono sentiti trattati come essere
umani e hanno fatto tutto il possibile per mettere a proprio agio lo scrittore
che è apparso perfettamente a proprio agio.
Lettera
alla droga di Giovanni Gastel Iunior da Spade
Droga, ometto il “cara” perché non lo meriti- ti voglio lasciare
e, in un senso, è come se l’avessi già fatto. Ma credo sia essenziale, o
quantomeno importante, metterlo in luce, evidenziare questa nostra separazione,
dare un inizio alla fine. Si, ti ho amato e scelto molto tempo fa, ma da allora
sono cambiato, così come sono cambiate le mie priorità e alcune dinamiche della
mia vita. In tuo nome e sotto la tua volontà e dominio opprimenti ho conosciuto
gli abissi insondabili della paura e della mortificazione. Sotto la tua ala falsamente
protettiva, mi sono inconsolabilmente disperato. Io vi lascio, mademoiselle
Coca e signora Roba, e anche voi, signori Hashish e Alcol, vecchi compagni di
un’adolescenza tormentata di bisbocce senza gloria. Io vi saluto, camerati di
un’epoca che non fu felice, rafforzato, nonostante tutto, dalle esperienze
estreme che ho vissuto. Non con nostalgia mi separo da voi, ma con la rabbia di
chi ha perso mesi e anni a inseguire chimere sempre più lontane. Si, ora scelgo
le difficoltà delle relazioni personali, gli ostacoli dell’affetto, le
responsabilità e i rischi dell’amore, le sfumature, i limiti dell’immaginazione
e dell’esistenza stessa. Scelgo l’amicizia dei pari, il rispetto e l’onore
della famiglia, l’esempio dei grandi, la giustizia del Bene e le regole del
Male; scelgo la vita. E considero ancora possibile e non evitabile la
meraviglia del mondo, l’imprevedibilità delle combinazioni e la scelta
consapevole del destino, sempre arricchito dall’inatteso. Ora che non ho più 19
anni io, Johnny Boy, ti lascio, dannatissima puttana, pronta a chiedere e a
guastare mille e ancora mille vite fragili, turpe corruttrice degli animi e
compagna stretta della morte. Addio, signori della distruzione, diavoli
illusori e incantatori, dannati esattori di prezzi mai adeguati alla speranza
vana di chi sa e conosce l’attrazione e il fascino perverso della perdizione;
di quella strada senza segnali, buia e pericolosa che conduce a un letto senza
riposo, a un destino solitario che non voglio scegliere più. Che Dio e il mondo
e gli uomini tutti abbiano pietà di me.
Dalla redazione OLTRE I CONFINI del carcere SANQUIRICO di MONZA.
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