Wisława Szymborska "Ascolta come mi batte forte il tuo cuore"
Poteva accadere.
Doveva accadere.
È accaduto prima. Dopo.
Più vicino. Più lontano.
E’accaduto non a te.
Ti sei salvato perché eri il primo.
Ti sei salvato perché eri l’ultimo.
Perché da solo. Perché la gente.
Perché a sinistra. Perché a destra.
Perché la pioggia. Perché un’ombra.
Perché splendeva il sole.
Per fortuna là c’era un bosco.
Per fortuna non c’erano alberi.
Per fortuna una rotaia, un gancio, una trave, un freno,
un telaio, una curva, un millimetro, un secondo.
Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio.
In seguito a, poiché, eppure, malgrado.
Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba,
a un passo, a un pelo
da una coincidenza.
Dunque ci sei? Dritto dall’animo ancora socchiuso?
La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì?
Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo.
Ascolta come mi batte forte il tuo cuore.
Wisława Szymborska (Kórnik, 2 luglio 1923 – Cracovia, 1º febbraio 2012)
Doveva accadere.
È accaduto prima. Dopo.
Più vicino. Più lontano.
E’accaduto non a te.
Ti sei salvato perché eri il primo.
Ti sei salvato perché eri l’ultimo.
Perché da solo. Perché la gente.
Perché a sinistra. Perché a destra.
Perché la pioggia. Perché un’ombra.
Perché splendeva il sole.
Per fortuna là c’era un bosco.
Per fortuna non c’erano alberi.
Per fortuna una rotaia, un gancio, una trave, un freno,
un telaio, una curva, un millimetro, un secondo.
Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio.
In seguito a, poiché, eppure, malgrado.
Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba,
a un passo, a un pelo
da una coincidenza.
Dunque ci sei? Dritto dall’animo ancora socchiuso?
La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì?
Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo.
Ascolta come mi batte forte il tuo cuore.
Wisława Szymborska (Kórnik, 2 luglio 1923 – Cracovia, 1º febbraio 2012)
Siamo in
Polonia. Wislawa Szymborska cresce in una famiglia
con tradizioni patriottiche e insurrezionali, frequenta la scuola elementare
delle migliori famiglie di Cracovia. Intorno ai dieci anni comincia ad andare
al cinema e racconta la sua prima esperienza sentimentale in una poesia. E’
il 1931 Wislawa ha otto anni e si prepara a cambiare casa e città. Da Kornik si
trasferisce a Cracovia. Di lì a poco scoppia
la guerra e la Polonia diviene tragico terreno di antisemitismo e di olocausto.
Nel 1935 si iscrive al liceo delle Orsoline; cominciano i primi dubbi. «Per un periodo sono stata molto credente.
Adesso si sente dire che la perdita della fede ha aperto la strada al
comunismo. Nel mio caso le due cose non hanno avuto niente in comune. La mia
crisi religiosa non nasce dal sapere che il parroco va a letto con la perpetua.
I miei dubbi sono di natura razionale. Non sono assolutamente d’accordo con
l’opinione di Dostoevskij che se Dio non esistesse tutto sarebbe ammesso. E’ un
pensiero ripugnante. Esiste un’etica laica, che è nata attraverso lunghi secoli
e grandi sofferenze e che naturalmente deve molto al decalogo. La fede non
dovrebbe essere concepita in modo dogmatico. Nessuno può dirsi completamente
non credente».
Fu costretta a portare
avanti gli studi clandestinamente; il suo nome era nella lista di persone da
deportare in Germania per essere sbattute a marcire in un campo di lavoro. Le
cose per lei andarono diversamente: il posto di lavoro nelle ferrovie fu il suo
lasciapassare per la libertà. Superato lo stallo della guerra e lasciato alle
spalle il pericolo della deportazione, la poetessa incominciò a disegnare.
Illustrava libri e le storie tra le sue dita ci misero poco a tramutarsi da
immagini a parole. «Mi sono
resa conto di quanto la mia vita sia priva di elementi drammatici. Come se
avessi vissuto la vita di una farfalla, come se la vita mi avesse semplicemente
accarezzato la testa. Questo è il mio ritratto. Ma sono veramente io?
Effettivamente nella vita sono stata fortunata, anche se non sono mancati morti
e numerose disillusioni. Ma dei fatti personali non voglio parlare. Allo stesso
modo non amo che lo facciano altri. Dopo la mia morte sarà tutta un’altra
cosa».
«Ho
sempre guardato a tutta la sfera terrestre con la sensazione che ancora in
altre parti del mondo si svolgono fatti terribili. Ma dopo una crisi profonda
negli anni ’50 ho capito che la politica non è il mio elemento. Ho conosciuto
gente molto intelligente per la quale tutta la vita intellettuale consisteva
nel mediare su quello che aveva detto Gomulka ieri e oggi Gierek. Un’intera
vita chiusa in un orizzonte così terribilmente ristretto. Così mi sono sforzata
a scrivere versi che potessero superare questo orizzonte. Non mancano in essi le
esperienze polacche. Se ad esempio fossi una poetessa olandese, la maggior
parte dei miei versi non sarebbero stati scritti. Ma alcuni sarebbero stati
scritti ugualmente, indipendentemente dal
luogo dove sarei vissuta. Questa è una cosa importante secondo me». «Ho sempre amato tanto la prosa. Sembra
strano lo so, ma è così. Ho sempre letto più prosa e quando ho iniziato a voler
scrivere, quando pensavo che avrei scritto, all’età di dodici, tredici anni,
era per me inconcepibile la scrittura poetica. Dio ci scampi dalle poesie! –
dicevo, scriverò enormi romanzi, in più volumi, grassi, voluminosi, intere
biblioteche di romanzi!» E’ tradotta
e letta in decine di lingue nel mondo. Ha ricevuto importanti premi: il Goethe in Germania
(1991), il Premio Herder in Austria (1995) ed infine Premio Nobel (1996) per la
Letteratura. Non se l’aspettava nessuno. Pochi la conoscevano e la reputavano
così importante per il mondo letterario. Ma il premio è stata una sorpresa
soprattutto per lei. Durante la premiazione tenne un discorso mirabile per la
forma ed il contenuto. Sottile, delicato, conciso. Affrontò il tema del poeta e
del suo rapporto col mondo. Le motivazioni
degli accademici svedesi: «è autrice di
una poesia che, con una precisione ironica, permette al contesto storico e
biologico di manifestarsi in frammenti di verità umana. Si rivolge al lettore
combinando in modo sorprendente lo spirito, la ricchezza inventiva e l’empatia,
ciò che fa pensare talvolta al secolo dei Lumi, talvolta al Barocco»
….Il poeta odierno è
scettico e diffidente anche – e forse soprattutto - nei confronti di se stesso.
Malvolentieri dichiara in pubblico di essere poeta - quasi se ne vergognasse un
po'. Ma nella nostra epoca chiassosa è molto più facile ammettere i propri
difetti, se si presentano bene, e molto più difficile le proprie qualità,
perché sono più nascoste, e noi stessi non ne siamo convinti fino in fondo...
In questionari o in conversazioni occasionali, quando il poeta deve
necessariamente definire la propria occupazione, egli indica un genere
“letterato” o nomina l'altro lavoro da lui svolto…. La notizia di avere a
che fare con un poeta viene accolta dagli impiegati o dai passeggeri che sono
con lui sull'autobus con una leggera incredulità e inquietudine, Suppongo che
anche un filosofo susciti un eguale imbarazzo. Egli si trova tuttavia in una
situazione migliore, perché per lo più ha la possibilità di abbellire il
proprio mestiere con un qualche titolo scientifico, Professore di filosofia –
suona molto più serio. Ma non ci sono professori di poesia. Se così fosse,
vorrebbe dire che si tratta d'una occupazione che richiede studi specialistici,
esami sostenuti con regolarità, elaborati teorici arricchiti di bibliografia e
rimandi, e infine diplomi ricevuti con solennità. E questo a sua volta
significherebbe che per diventare poeta non bastano fogli di carta, sia pure
riempiti di versi più eccelsi – ma che è necessario, e in primo luogo, un
qualche certificato con un timbro. …Fino a non molto tempo fa, nei primi
decenni del nostro secolo, ai poeti piaceva stupire con un abbigliamento
bizzarro e un comportamento eccentrico. Si trattava però sempre di uno
spettacolo destinato al pubblico. Arrivava il momento in cui il poeta si
chiudeva la porta alle spalle, si liberava di tutti quei mantelli, orpelli e
altri accessori poetici, e rimaneva in silenzio, in attesa di se stesso,
davanti a un foglio di carta ancora non scritto. Perché, a dire il vero, solo
questo conta.…
…. apprezzo tanto due
piccole paroline: “non so”. Piccole, ma alate. Parole che estendono la nostra
vita in territori che si trovano in noi stessi e in territori in cui è sospesa
la nostra minuta Terra. Se Isaak Newton non si fosse detto “non so”, le mele
nel giardino sarebbero potute cadere davanti ai suoi occhi come grandine e lui,
nel migliore dei casi, si sarebbe chinato a raccoglierle, mangiandole con
gusto. Se la mia connazionale Maria Sklodowska Curie non si fosse detta “non
so” sarebbe sicuramente diventata insegnante di chimica per un convitto di
signorine di buona famiglia, e avrebbe trascorso la vita svolgendo questa
attività, peraltro onesta. Ma si ripeteva “non so” e proprio queste parole la
condussero, e per due volte, a Stoccolma, dove vengono insignite del premio
Nobel le persone di animo inquieto ed eternamente alla ricerca.
Anche il poeta, se è
vero poeta, deve ripetere di continuo a se stesso “non so”. Con ogni sua opera
cerca di dare una risposta, ma non appena ha finito di scrivere già lo invade
il dubbio e comincia a rendersi conto che si tratta d'una risposta provvisoria
e del tutto insufficiente. … nel linguaggio della poesia, in cui ogni parola ha
un peso, non c'è più nulla di ordinario e normale. Nessuna pietra e nessuna
nuvola su di essa. Nessun giorno e nessuna notte che lo segue.
E soprattutto nessuna esistenza di nessuno in questo mondo. A quanto pare i poeti avranno sempre molto da fare. - 7 dicembre 1996
E soprattutto nessuna esistenza di nessuno in questo mondo. A quanto pare i poeti avranno sempre molto da fare. - 7 dicembre 1996
La dittatura
socialista imponeva scelte precise ed ogni scrittore in Polonia dovette farci
presto i conti. La censura bollava come sovversive tutte le manifestazioni di
idee che sembrassero anche solo lontanamente non in linea con l’ideologia che
il governo tentava di instillare nel popolo. Trovare una mediazione divenne
questione di sopravvivenza artistica. Rinunciare a un pezzetto di libertà per
continuare liberamente a fare quello per cui si è nati. Un diritto trasformato in
privilegio. La libertà mutilata è sempre libertà? O, perso un pezzetto, è persa
del tutto?
La poesia Addio a una vista è stata scritta dalla
poetessa dopo la morte dell’uomo con il quale condivise ventitré anni della sua vita, lo
scrittore Kornel Filipowicz. Appartiene alla raccolta La fine e l’inizio del 1993. I
due si amarono moltissimo, non vivevano insieme per non darsi fastidio ma
spesso giocavano a Scarabeo, andavano a pesca, raccoglievano funghi, e la loro
storia potete trovarla in Cianfrusaglie del passato. La vita
Wisława Szymborska (Adelphi) insieme a tante, tantissime notizie
sulla poetessa, sul suo ambiente familiare, sulle letture e i giochi e le
paure dell’infanzia, sulla vita nel «kolchoz dei letterati» di Cracovia, la
giovanile adesione all’idea comunista e la rapida disillusione.Non ce l’ho con la primavera
perché è tornata.
Non la incolpo
perché adempie come ogni anno
ai suoi doveri.
Capisco
che la mia tristezza
non fermerà il verde.
Il filo d’erba, se oscilla,
è solo al vento.
non fermerà il verde.
Il filo d’erba, se oscilla,
è solo al vento.
Non mi fa
soffrire
che gli isolotti di ontani sulle acque
abbiano di nuovo con che stormire.
che gli isolotti di ontani sulle acque
abbiano di nuovo con che stormire.
Prendo
atto
che la riva di un certo lago
è rimasta – come se tu vivessi ancora –
bella come era.
che la riva di un certo lago
è rimasta – come se tu vivessi ancora –
bella come era.
Non ho rancore
contro la vista per la vista
sulla baia abbacinata dal sole.
contro la vista per la vista
sulla baia abbacinata dal sole.
Riesco
perfino ad immaginare
che degli altri, non noi
siedano in questo momento
su un tronco rovesciato di betulla.
che degli altri, non noi
siedano in questo momento
su un tronco rovesciato di betulla.
Rispetto
il loro diritto
a sussurrare, a ridere
e a tacere felici.
a sussurrare, a ridere
e a tacere felici.
Suppongo
perfino
che li unisca l’amore
e che lui la stringa
con il suo braccio vivo.
che li unisca l’amore
e che lui la stringa
con il suo braccio vivo.
Qualche
giovane ala
fruscia nei giuncheti.
Auguro loro sinceramente
di sentirla.
fruscia nei giuncheti.
Auguro loro sinceramente
di sentirla.
Non esigo
alcun cambiamento
dalle onde vicine alla riva,
ora leste, ora pigre
e non a me obbedienti.
dalle onde vicine alla riva,
ora leste, ora pigre
e non a me obbedienti.
Non
pretendo nulla
dalle acque fonde accanto al bosco,
ora color smeraldo,
ora color zaffiro,
ora nere.
dalle acque fonde accanto al bosco,
ora color smeraldo,
ora color zaffiro,
ora nere.
Una cosa
soltanto non accetto.
Il mio ritorno là.
Il privilegio della presenza –
ci rinuncio.
Il mio ritorno là.
Il privilegio della presenza –
ci rinuncio.
Ti sono sopravvissuta
solo
e soltanto quanto basta
per pensare da lontano
La sua prima poesia, Szukam słowa Cerco una parola fu pubblicata nel
marzo 1945 sul quotidiano «Dziennik Polski». e soltanto quanto basta
per pensare da lontano
Cerco la parola
Voglio con una parola
Descriverli -
Prendo le parole
quotidiane, dai dizionari le rubo
Misuro, peso e scruto
–
Nessuna
Corrisponde.Le più ardite – sanno di codardia,
le più sdegnose –
ancora sante.
Le più crudeli –
troppo compassionevoli,
Le più odiose – tropo
poco violente
Questa parola deve
essere come un vulcano,
che erutta, scorre, abbatte
come terribile ira di
Dio,
come odio bollente.
Voglio, che questa
unica parola,
sia impregnata di
sangue,
che come le mura tra
cui si uccideva
contenga in sé tutte
le fosse comuni.
Che descriva
precisamente e con chiarezza
chi erano loro –
tutto ciò che è successo.
Perché questo che
ascolto,
perché questo che si
scrive
è ancora tropo poco.
La nostra lingua è
impotente,
i suoi suoni
all’improvviso – poveri.
Cerco con lo sforzo
della mente
cerco questa
parola –
ma non riesco a
trovarla.
Non riesco.
La poetessa snocciola
storie come perle diverse di un’unica collana. Il suo stile poetico, sempre più
separato dalla politica, pungente a tratti e a tratti dolce, semplice, ma
preciso. Versi liberi che danno estrema fluidità e scorrevolezza al testo. Ogni
parola è importante, nessuna vale più delle altre. Amore, gatto, valigia, vita,
morte, cipolla, corpo. Chi dice che il primo amore è più importante del rancore
di un gatto che aspetta dinanzi alla porta il padrone che mai più farà ritorno?
La Szymborska canta la bellezza e il dolore dei sentimenti piccoli o di quelli
grandi che diventano uguali agli altri se riportati nello spazio minuscolo che
contiene un uomo qualunque, nella sua limitata essenza. Il poeta
è eletto dalla sorte, attraverso lo stupore, l’ispirazione e l’ironia,
trasforma il mondo ordinario in stupefacente.
La sua poesia è la naturalezza. Vedere l’infinito in una cucina. Vedere l’infinito in un corpo. L’unità di tutto il creato splende in silenzio sulla terra, fra le pietre, sulle rocce, sul melo, su di un insetto. La sua è la poesia “universale” nel senso più potente e comprensivo. Questo perché anche ciò che è umano ci rimane comunque sconosciuto: “Conosciamo noi stessi solo fin dove / siamo stati messi alla prova. / Ve lo dico / dal mio cuore sconosciuto” e ancora: “Solo ciò che è umano può essere davvero straniero. / Il resto è bosco misto, lavorio di talpa e vento”.
La sua poesia è la naturalezza. Vedere l’infinito in una cucina. Vedere l’infinito in un corpo. L’unità di tutto il creato splende in silenzio sulla terra, fra le pietre, sulle rocce, sul melo, su di un insetto. La sua è la poesia “universale” nel senso più potente e comprensivo. Questo perché anche ciò che è umano ci rimane comunque sconosciuto: “Conosciamo noi stessi solo fin dove / siamo stati messi alla prova. / Ve lo dico / dal mio cuore sconosciuto” e ancora: “Solo ciò che è umano può essere davvero straniero. / Il resto è bosco misto, lavorio di talpa e vento”.
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