La morte di mio padre
La morte di mio padre
Lunedi 4 maggio 2009 ore 19,00 Fatebenefratelli
“Poiché non potevo fermarmi per la Morte lei gentilmente si fermò per me la carrozza non portava che noi due e l’immortalità procedemmo lentamente- non aveva fretta e io avevo messo via il mio lavoro e il mio tempo libero anche, per la sua cortesia.” (Emily Dickinson)
<< 15.4.1890 ore 4 ½. Muore mio padre.
U.S. Per chi non lo sapesse quelle due ultime lettere non significano United
States, ma ultima sigaretta. La morte di mio padre fu una vera e propria
catastrofe. Il paradiso non esisteva più …mi accorsi per la prima volta che la
parte più importante e decisiva della mia vita giaceva dentro di me, irrimediabilmente. Il mio dolore non era solo egoistico come potrebbe sembrare
da queste parole. Tutt’altro! Io piangevo lui e me, e me solo perché era morto
lui.>>(da La morte di mio padre
di Italo Svevo )
Mi piaceva di vederlo
felice nella sua illusione di essere tanto forte quando, invece, era
debolissimo. Ho cercato di mettere nelle mie mani tutta la dolcezza cha ha
invaso il mio cuore, ho cercato di toccare quel corpo con le mie parole che
egli non poteva sentire. Come avrei fatto a fargli sapere che l’amavo tanto? Là,
in quel corridoio che si strozzava sulla destra, oh, quante volte il mio
sguardo si è posato nella speranza di ascoltare il respiro di mio padre, al di
là del rumore degli zoccoli degli infermieri che si acceleravano e finivano in
una sosta! Nel mio cuore di quei
giorni i suoi occhi: ancora un po’ foschi, non ancora aperti alla luce. Il mio
silenzio! Il mio silenzio è l’ultimo ricordo di quella giornata. Poi sono
seguiti altri giorni in cui ogni ora somigliava all’altra. In quella stanza,
io, spettatore passivo e regolare nell’assaporare il mio dolore per mio padre e
per me. Nel tuo sonno non dimenticarmi. In queste notti di maggio, finchè il
mio cuore è ancora sul tuo ramo, le stelle mischiate alla pioggia fine mi
guarderanno coi tuoi occhi, nudi e fragili come gli occhi di un bimbo. Una
scala di note infinite, sfumature per chi ti ha conosciuto a fondo, da cui
traspare tutta l’intensità della tua vita, della semplicità dei tuoi gesti
semplici che custodivano l’essenza e il valore della quotidianità. Era la tua
essenza dell’esistenza, la tua poesia per la vita senza l’obbligatorietà di
doverne capire ogni emozione. Entro nei tuoi occhi come in un bosco pieno di
sole per dirti ciò che di più bello non ti ho ancora detto. Starei davanti a te
che mi guardi ancora coi tuoi frutti carichi di miele e farei echeggiare il
mondo del tuo amore. Saresti inaccessibile nel momento stesso in cui ti
afferro, ma dammi un po’ della tua infinità affinchè io possa piantarla con gli
ulivi, fra le montagne, verso la piana. Fa che la tua assenza non corra nelle
mie notti ma possa posarsi in una cesta colma di frutti illuminata da noi due.
Padre
nell’essere,
sei stato ramo luminoso da cui pende il frutto
nell’essere,
sei stato al pari del respiro degli alberi
di ogni
erba, di ogni
risorgiva fonte.
Prendo
tempo nel brulichio di questo tuo silenzio
che occupa
il sole, l’acqua, la
terra.
Un grumo di amaritudine
la trafittura che brucia e cuoce
e il crepuscolo di questo gorgo che si attarda.
Una porta bianca
dietro i vetri il tuo fiato nelle membra sgonfie
e poi il culmine raggiunto.
Si apre l’infinito spazio
ma quiete ci sarebbe stata?
Va, Padre
non turbinare in altra necessità
segui il movimento delle sfere
le crociere degli stormi
In alto
ancora un poco
per trasmissione del cuore
nel limbo del sole di maggio
Commenti
Posta un commento